Tanti i politici,
anche di destra, e gli artisti. La Rai, tv di Stato di regime,
piegata al ricatto padano, si defila dall'obbligo d'informazione
democratica |
In
tre milioni a Roma per protestare contro la guerra |
Dalla piazza
viene la richiesta di soluzioni concrete, l'alternativa ad
un conflitto armato ipocrita |
di Patrizia
Notarnicola
Roma.
Viola, indaco, azzurro, verde, giallo, arancio, rosso.
Sono i colori della bandiera della pace che sabato 15 febbraio
in oltre seicento città del mondo è stata il simbolo
delle manifestazioni di protesta contro la guerra a Saddam Hussein.
Soprattutto sono i colori della più imponente tra queste,
quella a cui hanno dato vita a Roma i circa tre milioni di partecipanti
che da Porta San Paolo a San Giovanni hanno sfilato in corteo
gridando il loro “no senza se e senza ma” all’intervento
in Iraq. Una posizione che naturalmente non ha il significato
di appoggiare il dittatore iracheno (come provocatoriamente e
faziosamente qualcuno ha affermato) ma quello della ricerca di
soluzioni diverse per annientare il pericolo rappresentato dal
terrorismo internazionale. Lo dimostrano alcuni degli slogan della
manifestazione: “Fermare Saddam ma non con le bombe”
o “La pace per noi non è un’utopia, Bush, Saddam,
andatevene via”.
Con le loro bandiere arcobaleno giovani e meno giovani, gruppi
e singoli, sono venuti da tutta Italia, da Milano a Campobasso,
da Perugia a Taranto, con i loro canti e la loro contagiosa allegria,
per opporsi al teorema della guerra preventiva che potrebbe creare
un pericoloso precedente.Per la prima volta era in piazza anche
Amnesty International che, essendo un’organizzazione apolitica
che difende i diritti umani, per evitare strumentalizzazioni ha
sempre evitato di prendere posizioni istituzionali contro le decisioni
dei governi. In questo caso il rischio rappresentato dalla prova
di forza degli Stati Uniti è invece quello della strumentalizzazione
di questi diritti che Bush usa come paravento per nascondere ben
altre intenzioni. E’ per questo che lo striscione dei rappresentanti
della sezione italiana di Amnesty, in testa il presidente Marco
Bertotto, recitava “Non in nome dei diritti umani”:
i primi ad essere uccisi sarebbero i civili, la vera vittima il
popolo iracheno che già subisce la dittatura. A manifestare
c’erano anche Emergency , alcuni rappresentanti italiani
dell’associazione “Vittime dell’11 settembre”,
Lega Ambiente, il movimento omosessuale del circolo Mario Mieli.
Persino i ciclisti hanno partecipato al grido “vogliamo
un mondo con più pedali e meno benzina”. Erano rappresentate
tutte le scuole della capitale. E poi c’erano il sindaco
di Roma, Walter Veltroni, e i presidenti dei municipi romani che,
ignorando le polemiche innescate da Berlusconi e i suoi, con tanto
di delibera e approvazioni della giunta hanno fatto issare su
balconi, finestre e pennoni dei palazzi istituzionali, a cominciare
dal Campidoglio, altrettante bandiere della pace.
Accanto
a Veltroni anche i primi cittadini di altre città, tra
cui il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici e quello di Torino,
Sergio Chiamparino. C’erano poi Bertinotti, Diliberto, Marco
Rizzo. Non mancavano i capi dei Ds, Piero Fassino e Massimo D’Alema,
isolati però dalla folla che ha fischiato passando sotto
la sede del partito. Ovazioni invece sono state riservate a Rosi
Bindi, Cofferati e Scalfaro. Ma hanno aderito anche alcuni esponenti
della destra, come il consigliere Mario Cochi di An.
Tra la folla anche cantanti, attori, registi: Franca Rame, accompagnata
dal direttore di Micromega Paolo Flores D’Arcais; Moretti
che, ha portato con sé il figlio di sette anni; Roberto
Benigni dietro lo striscione contro la guerra “Senza se
e senza ma”; Margherita Buy, che nascosta dietro un paio
di occhialini scuri, tentava di passare inosservata. E ancora
Gigi Proietti e Gianni Minà, Claudia Koll e Lella Costa,
Citto Maselli, Ettore Scola e Tullio Solenghi, Teresa de Sio e
Fabio Volo.
La grande assente è stata la RAI. Quelli che invece c’erano
sono stati portatori di un forte messaggio, in barba alle accuse
di chi li ha tacciati di inconcludenza, di sostenere una pace
da Mulino Bianco, al di fuori della realtà, come se fosse
possibile ottenerla con un semplice schioccare delle dita. Si
chiedevano: davvero non si sono altre soluzioni contro le armi
irachene? Quanto pesano nelle decisioni di una guerra il giro
d’affari attorno al petrolio e la volontà di controllare
a tutti i costi la situazione internazionale nel bene e nel male?
“So che ci sono poche probabilità che questa manifestazione
sia servita a cambiare le cose ma che almeno chi detiene il potere
sappia che milioni di persone la pensano diversamente... Qualcosa
dovrà pure contare questo?” dice Angela Di Brizio,
programmatrice di 30 anni.Le fa eco Fabrizio Ferlino, 31 anni,
infermiere: “No alla guerra, si alla pace. E’ un messaggio
che spero di mandare alle generazioni future, in particolare alla
mia nipotina Giulia, nata appena venti giorni fa”.
Foto Tiziano
Marcoccia
|