Il
caso di Romina Tejerina divide il paese neolatino |
Argentina:
madre per forza diventa omicida |
In
una nazione da Terzo Mondo, erroneamente considerata civile,
dove l’aborto è illegale, una ragazza uccide
il frutto di una violenza carnale. Ergastolo per lei, libertà
per il suo violentatore. La vergogna di un Governo complice
e maschilista |
di Marika Campeti
Argentina.
Dal 2002 l’Argentina è divisa in due da un caso di
omicidio tra i più delicati della storia del paese. Una
ragazza costretta alla maternità da una violenza carnale
uccide la bambina appena partorita nel bagno di casa. Omicida
o vittima della società? Il caso di Romina Tejerina sconvolge
le coscienze argentine, chi si schiera dalla parte della difesa,
per la maggior parte donne, organizza manifestazioni per la sua
liberazione, gridando al governo che la donna argentina è
schiava della società, che negando il diritto all’aborto
nega alla donna la libertà di essere tale, e di scegliere
se essere madre.
L’incubo per questa ragazza diciannovenne inizia il 1 agosto
del 2002. Pocho Vargas un uomo di 38 anni, vicino di casa di Romina,
aggredisce la ragazza costringendola a salire sulla sua auto.
Qui la costringe ad un rapporto sessuale forzato, atroce e doloroso
per la ragazza che dichiarerà poi essere stata deturpata
della sua verginità. Dopo lo stupro Pocho Vargas si dà
alla fuga.
Ana M. Fernandez del Centro Attenzione alle Vittime delle Aggressioni
Sessuali di Madrid, spiega che quando una donna viene assalita,
il fattore sorpresa ha un effetto paralizzante che impedisce alla
maggior parte delle donne di reagire. Colta di all’improvviso,
per di più non da uno sconosciuto ma da un suo vicino di
casa, la ragazza è costretta a ciò che di peggio
può accadere ad una donna, essere privata della propria
dignità, della propria intimità, essere violate
nel centro della vita e della femminilità.
Nessuna violenza può essere peggiore di quella che una
donna subisce sul proprio corpo e sulla propria psiche, una violenza
che passati i segni fisici rimane cicatrizzata nell’anima,
e non va mai più via.
Ma l’orrore e la vergogna dello stupro non sono finite per
Romina. Dopo poco scopre di essere incinta. Romina non vuole tenere
il bambino che cresce dentro di sé. Le ricorderebbe sempre
la violenza subita, il volto del suo carnefice, la sua innocenza
ancora di bambina strappata per sempre, e nessun istinto materno
potrebbe mai cancellare quel terrore. Ma per legge, non può
abortire. L’aborto è vietato, è la legge di
un governo che fa finta di niente, preferendo far morire le donne
che abortiscono con metodi primitivi e barbari piuttosto che rendere
legale una operazione in un ospedale che ne salverebbe molte.
L’importante per questo governo è chiudere gli occhi
e ignorare ciò che succede. La ragazza cerca di abortire
illegalmente in tutti i modi senza riuscirci, ma così facendo
anticipa il giorno del parto. La bambina nascerà infatti
settimina, nel bagno di casa della madre ed avrà breve
vita, perché la madre appena l’avrà data alla
luce, la ucciderà.
Uccidere una creatura al suo primo respiro di vita è una
cosa atroce, ma è stata davvero solo la madre ad ucciderla?
Romina viene accusata e processata per omicidio. Invano denuncia
la violenza subita perché proprio i vari tentativi di aborto
sono la sua condanna. Infatti per la corte il periodo della violenza
non coincide con il periodo di concepimento della bambina, questo
perché la bambina è nata due mesi prima, ma ciò
basta alla corte per mettere a tacere l’accusa di stupro,
che come molte altre in Argentina viene accantonata e ignorata.
L’accusa spinge sul fatto che la ragazza ha più volte
tentato l’aborto e quindi era già decisa ed intenzionata
ad uccidere la bambina, mentre la difesa tenta per la non punibilità
della ragazza, e di portare l’accusa non sull’omicidio,
ma sull’intenzione all’aborto, illegale in Argentina
, ma scontabile con una pena sicuramente minore di quella per
accusa di omicidio. Il 10 luglio 2003 si organizza una conferenza
a cui partecipa un notevole gruppo di persone che sostengono Romina,
lo scopo di questa conferenza è eleggere come esempio questo
caso per migliorare la condizione di molte altre ragazze che dopo
Romina potrebbero essere vittime di violenza e costrette a gesti
folli e contro natura. Si chiede la libertà per questa
ragazza vittima della società che ignora i diritti delle
donne. Ma Romina non viene liberata. Deve pagare la sua colpa
ma non le viene concessa nemmeno la possibilità di riscattarsi
della violenza subita. Infatti, nel novembre 2003 Pocho Vargas
non è più indagato per mancanza di prove certe.
La difesa aveva richiesto una nuova autopsia della bambina per
accertare l’età del feto. L’autopsia avrebbe
determinato il tempo di gestazione mediante lo studio del sistema
nervoso centrale. Ma la richiesta è respinta, ignorata,
negata. Per il giudice esiste solo questo: non coincidono i periodi
del concepimento e della violenza, e quindi non c’è
stato nessuno stupro. Prima del processo finale Romina è
sottoposta ad un esame mentale obbligatorio per accertare che
l’imputata sia in grado di sopportare l’atto processuale.
Il risultato mostra grande cinismo nell’attribuire a Romina
la piena coscienza nel momento dell’omicidio. Il 17 agosto
2004 migliaia di persone, per la maggior parte donne provenienti
da ogni parte del paese hanno manifestato a Rosario per il diritto
della donna all’aborto e per chiedere la libertà
di Romina. Il 4 febbraio 2004 la condanna definitiva per Romina
è emessa dal giudice Juàrez. Romina è condannata
a pena perpetua per l’omicidio di sua figlia nelle sue piene
capacità di intendere e di volere.
E’ vero che l’omicidio c’è stato, una
bambina è stata privata della libertà di vivere,
di vivere in una società dove non sarebbe stata mai ascoltata,
e dove sarebbe stata ignorata, ma comunque di vivere. Romina non
è innocente, ma non è neanche colpevole. La sua
mano è stata guidata dalla disperazione, dalla vergogna,
dalla paura di ricordare per sempre la violenza. Se si fosse data
la possibilità alla ragazza di poter abortire, non sarebbe
successo tutto questo. L’aborto è una scelta individuale,
tante donne sono contrarie, per ragioni di fede, o umane, ma proprio
perché soggettiva, la scelta deve essere libera. E se è
vero che una madre che uccide una figlia deve essere condannata,
perché un uomo che spegne l’anima di una donna, con
uno stupro, e la costringe a questo gesto efferato non deve essere
condannato? Perché in così tante parti del mondo
la donna è sempre la sola colpevole?