Uno
“tsunami” di vaste proporzioni che forse si
poteva arginare |
Maremoto
epocale flagella l’Asia |
Decine di migliaia le vittime, milioni gli sfollati e
i senzatetto. Elevato il rischio di epidemie
|
di Ambra Mazzia
Sono
le 7.59 ora locale (l’1.59 in Italia) quando nell’Oceano
Indiano si scatena la potenza distruttrice del più violento
terremoto registrato dal 1964. Una scossa tellurica di magnitudo
9 sulla scala Richter, “una potenza simile a quella che
potrebbe essere generata da un milione di bombe atomiche”,
sottolinea il dr. Boschi, uno dei massimi sismologi italiani.
L’epicentro, a largo dell’isola di Sumatra ed a 10
km di profondità nell’oceano, ha fatto sì
che da una sovrapposizione di placche terrestri prendesse forma
l’ormai noto fenomeno degli tsunami, gigantesche onde anomale
in grado di devastare km e km di superficie, trascinando con sé
tutto ciò che incontrano sul loro cammino. Onde alte quanto
tre piani di un comune edificio, che si abbattono alla velocità
di centinaia e centinaia di km/h sulle coste e non lasciano alcuno
scampo.
Sei i paesi colpiti: India, Sri Lanka, Indonesia,
Thailandia, Malaysia, Maldive. Toccati in maniera minore Kenia,
Birmania e Somalia.
Distrutti negozi, ristoranti, alberghi, porti, bungalow. Macchine
ed altri mezzi di trasporto sono stati travolti e distrutti nel
corso del terribile impatto, andando peraltro a colpire numerosi
passanti.
Oltre 100.000 le vittime, migliaia i dispersi, milioni gli sfollati.
Numeri, purtroppo, destinati ad aumentare.
Sommerse intere isole, celebrate anche in memorabili capolavori
cinematografici (indimenticabile l’isola Koh Phi Phi di
“The beach”). Scomparsi veri e propri paradisi terrestri.
Paradisi ora diventati inferno.
Molte le testimonianze di turisti ed autoctoni:“C'erano
delle persone in acqua, stavano nuotando con la maschera e sono
state sbattute sulla riva e quelli che erano sdraiati al sole
sono stati trascinati in mare'', racconta Simon Clark, dall'isola
di Ngai. E ancora:''C'erano bambini a giocare sulla spiaggia,
sono scomparsi inghiottiti dalle onde'', dice Sounder Rajan, da
Madras, in India.
La disperazione cela ora i volti dei superstiti, testimoni della
morte dei propri cari nel vano tentativo di salvarli ed ora impegnati
nella ricerca di amici e parenti in ospedali affollati.
Vittime dell’impatto devastante soprattutto i turisti impegnati
in immersioni ed i pescatori, abituati a salpare presto in mare
sin dalle prime ore della mattina. Per loro nessuna possibilità
di salvezza, sono stati letteralmente inghiottiti dalle onde.
Stessa sorte è toccata ai numerosi bambini che giocavano
in spiaggia:pochi istanti e sono scomparsi in mare. Ora i loro
corpi giacciono ammassati in fosse comuni.
Un’immensa povertà, oltre che un’infinita
disperazione, va così ad aggravare le già estremamente
precarie condizioni di vita di questa gente.
In seguito al disastro è immediatamente scattata la solidarietà
internazionale ed il mondo intero si è mobilitato per portare
aiuti ed assistenza alle popolazioni colpite. La Croce Rossa ha
già stanziato 850.000 €, la Commissione Europea 6,5
mln di dollari. Immediato l’intervento dell’Unità
di Crisi della Farnesina, che ha predisposto il rientro delle
migliaia di italiani in villeggiatura ed organizzato ponti aerei
per la loro salvaguardia. Fortunatamente però possiamo
tirare un sospiro di sollievo dopo tante ore di attesa: i connazionali
rimasti vittime della catastrofe sono un numero davvero esiguo
se confrontato con cifre ben più grandi e tristemente note.
Lo stesso Pontefice ha lanciato un appello nel corso della preghiera
dell’Angelus “affinché la comunità internazionale
si adoperi per portare sollievo alle popolazioni interessate”.
A rendere particolarmente urgente l’intervento da parte
delle potenze mondiali è ora soprattutto l’elevato
rischio di epidemie, per combattere le quali si è già
iniziato a bruciare i cadaveri restituiti dalle onde. Ciò
sembra, però, non essere sufficiente, visto che gran parte
delle malattie maggiormente diffuse nei paesi sottosviluppati
derivano proprio dalla mancanza di igiene ed acqua potabile, nonché
dalle inefficacia delle strutture sanitarie presenti.
Eventi come questo dovrebbero,quindi, farci riflettere
su almeno due questioni. Innanzitutto mai come ora sarebbe più
appropriato definire leopardianamente matrigna, e non madre, la
natura…ma noi in prima persona la stiamo rispettando?O forse
la sua potenza si sta ritorcendo contro chi non si cura affatto
di essa? In secondo luogo dovremmo riflettere sulla nostra ipocrisia
nei confronti di questi popoli, trattati come puri numeri ed esseri
umani di serie b, ma poi considerati amichevoli abitanti di paesi
che ci affrettiamo a visitare e sfruttare nei nostri momenti di
relax. “Un sistema di allerta sugli tsunami come quelli
attivi nel Pacifico avrebbe potuto salvare la vita a gran parte
delle migliaia di persone morte per le ondate che sono seguite
al terremoto in Asia”. Questo è il parere di un esperto
dello Us Geological Survey, il servizio di monitoraggio sismografico
degli Stati Uniti. Nessuno dei paesi colpiti, tra cui India, Thailandia,
Indonesia e Sri Lanka, aveva un sistema di allerta capace di mettere
in guardia la popolazione sul pericolo in arrivo, ha detto Waverly
Person, del Centro Nazionale Informazioni sui Terremoti dello
Usgs.
Come sempre l’urgenza più grande resta una più
equa distribuzione di risorse e benessere.