Addio
al "cantattore" scomodo che non piaceva ai politici
La
storia avvincente del "Signor G"
Gaber: la memoria critica dei difetti italici
di
Giuseppe Campodonico
In
punta di piedi, così come aveva vissuto gli ultimi anni della
sua vita Giorgio Gaber ci ha salutati. Il mondo artistico già
lo piange e tributa omaggi come quando un altro grande suo contemporaneo
Lucio Battisti ci lasciò prematuramente per lo stesso male
più di quattro anni fa.
Giorgio Gaber, al secolo Giorgio Gaberscick, era nato a Milano nel
1939. Verso la fine degli anni 50 si cominciò a far notare
insieme all'amico Enzo Jannacci (che tale resterà fino ai
giorni nostri); nello stesso tempo entra a far parte del team di
Celentano; per lui comporrà "Ciao ti dirò".
Negli anni 60 dopo aver partecipato a numerose trasmissioni televisive
e dopo aver portato al successo numerosi brani come Non arrossire,
Com’è bella la città, La ballata dei Cerutti,
Il Riccardo, Allora dai, Porta romana, Genevieve e molte altre
ancora, canzoni ancora oggi facenti parte della tradizione e della
storia della musica leggera italiana.
Verso la fine degli anni 60 l’esilio volontario dalla TV che
pure tanto gli aveva dato; da lì l’inizio di una nuova
carriera, quella teatrale con la creazione del “Signor G”
. Per due decenni lo si può vedere soltanto in teatro. I
suoi monologhi sono brillanti intramezzati da canzoni molto spesso
ironiche e allo stesso tempo provocatorie; Si può è
forse la canzone che oggi si ricorda di più. In tutti gli
anni Giorgio Gaber ha messo il dito sui mille difetti del nostro
Paese, esprimendo principalmente attraverso il suo personaggio teatrale
più famoso, i dubbi, le perplessità e le passioni
della sua generazione.
Nel 2001 dopo oltre vent’anni di successo discografico pubblica
La mia generazione ha perso che entra subìto al
terzo posto, torna in TV durante lo Show “125 milioni di caz…te”
condotto dall’amico Adriano Celentano ed esegue due canzoni
del suo CD.
Rientra in sala di registrazione e incide Io non mi sento italiano
che uscirà il 24 gennaio prossimo. Uno strano destino ha
voluto che la sua morte fosse il miglior veicolo pubblicitario per
il suo lavoro. Per uno che ha vissuto sempre un po’ appartato
e che per farsi conoscere ha sempre puntato sulle sue qualità
forse non è il massimo.
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