Finalmente
liberi!
di
Antonello De Pierro
Era
ora! La legge che pone fine all’obbligatorietà del servizio
di leva è finalmente una realtà. Termina così la
girandola di amarezze e delusioni che la stragrande maggioranza dei nostri
giovani, chiamati ad assolvere gli obblighi di leva, è stata da
sempre costretta ad incassare, perdendone abbondantemente il conto. Il
festival dell’ingiustizia, delle assegnazioni e dei trasferimenti
incredibili, decisi al tavolo delle raccomandazioni e dei clientelismi,
senza nessuna logica o pudore di sorta: soldati spediti da Palermo a Udine,
braccia “rapite” dallo Stato a famiglie bisognose, e rampolli
privilegiati, parcheggiati nell’ufficio dietro casa. Il Rubicone
della vergogna, attraversato sfacciatamente dai burattinai degli uffici
di leva e delle caserme, muovendo inesorabilmente i fili del destino di
ragazzi impotenti, spesso sacrificati sull’altare di frustrazioni
personali dei superiori, finalmente sta per prosciugarsi. La “pacchia”
dei graduati, abilissimi nel sottomettere giovani inermi, facendosi scudo
con le opinabilissime leggi militari, che schiacciano, marciandoci sopra
con i cingoli, la loro dignità, inizia a intravedere il tramonto.
Chi pulirà le caserme, i “cessi” putridi e puzzolenti,
le stanze e gli uffici degli ufficiali e dei “marescialloni”
spocchiosi? Chi spazzerà i cortili per ore, spettacolo preferito
dalle pupille dei graduati, attenti affinché venisse raccolta anche
la “cicca” più minuscola (ottimo esercizio per chi
avesse voluto impiegarsi come operatore ecologico al termine del servizio
di leva, ma perfettamente inutile per la formazione di un soldato)?Chi
impartirà lezioni gratuite di latino, greco, matematica o fisica
ai figli “somari” di colonnelli e generali, quando il ragazzo
laureato preferirà affrettassi a trovare qualche spiraglio nel
muro di gomma del mondo del lavoro, piuttosto che seppellire un anno della
sua vita nello squallido grigiore di una caserma? Particolarmente difficile
appare in questi giorni penetrare quel guscio di riservatezza, che protegge
come un’armatura l’universo militare dal mondo dei civili.
Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha dribblato con sorprendente
abilità la richiesta di un’intervista da parte del nostro
giornale. Ma noi, che non amiamo assolutamente mettere il morso alla nostra
inarrestabile voglia di verità, non possiamo sorvolare su gravi
episodi legati alla moritura “naja”, nutrendoci al banco della
nostra esperienza diretta, dove troviamo ricordi che ancora passeggiano
vivi nella nostra memoria. Come possiamo non toglierci il sassolino dalla
scarpa, foderandoci gli occhi con il prosciutto, di fronte alla verità
che preme per scivolare tra le righe di un foglio provvisorio di giornale?
Per ognuno un film lungo un anno e con all’incirca lo stesso copione,
fatto di angherie, soprusi, arbitrarie privazioni della libertà
personale. Un anno trascorso vivendo di nulla ai margini del nulla, con
la rassegnazione pronta a spegnere immediatamente qualsivoglia ruggito
di vitalità. Finalmente si volta pagina. Agli occhi di chi scrive
la memoria mette a fuoco fotogrammi spaventosi. Ragazzi avviluppati dalla
spirale del sistema militare, privati della volontà, della dignità
stessa di esseri umani, ridotte a puro sussurro. Costretti a subire turpiloqui
e ingiurie a più non posso, senza la possibilità di reagire;
a mangiare con le mani e ad elemosinare un bicchiere d’acqua nella
desolazione dell’Ospedale Militare di Firenze; a dormire con cinque
coperte e cinque maglioni in gelide camerate senza riscaldamento (naturalmente
nelle camere confortevoli degli ufficiali il caldo era insopportabile);
a subire incredibili atti di “nonnismo”, a fare flessioni
sulle braccia, portando il naso a due dita da una nauseante quantità
di “merda”, troneggiante in bella mostra sul biancore di una
“turca”. E molto altro congelato nei file mnemonici degli
sventurati protagonisti. Spesso qualcuno più debole non ha retto
e ha deciso di chiudere i conti con la vita prima del congedo. Con sorprendente
rapidità, sugli scandali sanguinolenti, è sceso sempre puntualmente
il velo del silenzio e dell’omertà.
Tutto ciò sarà presto finito. Finalmente!
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