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a cura di Andrea Nemiz
Immagini del quotidiano, fotografia, arte, architettura

Grande progetto architettonico per un nuovo centro residenziale sulla Nomentana
Case intelligenti in città intelligenti
Sette architetti di fama mondiale e dieci giovani europei per la progettazione di una serie di edifici e un parco per la qualità della vita

Nel nuovo “Rione Rinascimento” che sorgerà sulla Nomentana tra il quartiere Talenti e Casal dei Pazzi, Paolo Portoghesi presenta le 'Case intelligenti in città intelligenti”: un moderno quartiere residenziale di oltre 80 ettari (quasi la metà a verde pubblico) che sarà interamente concepito per la qualità della vita: gli edifici saranno progettati da sette architetti di statura mondiale e da dieci giovani da tutta Europa.

“La nostra città è oggi istupidita dalla crescita abnorme del contemporaneo e la si deve riequilibrare restituendole quello smalto che ha perso negli anni difficili dell’architettura ed è proprio in questo settore che Roma deve diventare intelligente”. Così il professor Paolo Portoghesi, storico e docente di progettazione architettonica alla Facoltà “Valle Giulia” de “La Sapienza”, ha presentato il progetto per un nuovo centro residenziale che sorgerà nella periferia nord di Roma, tra il quartiere Talenti e Casal dei Pazzi, sulla Nomentana, una delle periferie romane più dense di abitanti. Le nuove tecnologie destinate alle abitazioni troveranno le migliori applicazioni nel nuovo quartiere che si chiamerà “Rione Rinascimento; sarà completato in cinque anni, tutto mirato sulla qualità della vita. Nelle future ‘case intelligenti’ del nuovo complesso (470 mila i metri cubi che saranno ostruiti e che potranno ospitare sino a 2.500 famiglie), vetri atermici, cablaggi integrati per la gestione ottimale dei riscaldamenti, dell’illuminazione, la diffusione ragionata per ogni stanza di programmi tv, audio e ovviamente internet “Il futuro è già cominciato, la tecnologia avanza a passi da gigante e, anche nel progettare e costruire bisogna prevederne, e in un certo senso anticiparne il processo di cambiamento” ha aggiunto il coordinatore del convegno, il prof. Mario Docci direttore del Dipartimento di Rappresentazione della I^ Facoltà di Architettura ‘Ludovico Quaroni’ de ‘La Sapienza’. Al dibattito hanno partecipato architetti, urbanisti e sociologi che hanno analizzato la difficile situazione della vita nelle città di oggi e della necessaria e inevitabile trasformazione nel segno dell’evoluzione delle tecnologie.
Al professor Paolo Portoghesi è stato affidato il compito di curare la concreta realizzazione architettonica del complesso edilizio e dell’area a verde. L’idea del nuovo insediamento è del Gruppo Mezzaroma Case che, come ha sottolineato Barbara Mezzaroma dello staff esecutivo “nel nuovo Rione il costruire sarà impegno di alta architettura e di qualità di vita, nelle case e nel rispetto e la cura del verde, mantenendo al contempo un rapporto ideale con il centro storico e la città antica”.
Per l’avvio della complessa operazione progettuale e culturale, sono stati coinvolti sette architettti di fama internazionale che, come ha spiegato il professor Docci, costituiscono una varia e qualificata rappresentanza delle nuove tendenze sviluppatesi a cavallo del nuovo millennio. Vi saranno lo spagnolo Ricardo Bofill, uno dei maggiori interpreti di un classicismo moderno ispirato ai grandi temi dell’architettura romana; il ticinese Mario Botta che opera in una sorta di scultura dello spazio nutrita da elementi della memoria classica; l’americano Michael Graves che del classicismo esplora l’ordine compositivo; il viennese Hans Hollein che fa della memoria e della citazione un uso creativo e unisce Vienna a Roma in ideale continuità; il giapponese Arata Isozaki, un cultore dl Borromini e del Rinascimento che a Tsukuba, nella sua ‘Città della Scienza’, ha riprodotto la pavimentazione michelangiolesca di piazza del Campidoglio; l’ungherese Imre Macovecz uno dei grandi ‘architetti visionari’ che ha saputo attingere dalla memoria collettiva con inquietudine moderna e che interverrà con il legno lamellare all’interno del parco e, infine, il greco Demetri Porphyrios, londinese da anni, che con freschezza innovativa ha rivisitato l’eredità classica nell’affascinante Civic Pavillion di New York.

Perché il progetto potesse essere proiettato verso il futuro, è stato anche indispensabile il coinvolgimento dei giovani. A questo fine, con il patrocino di Comune, Provincia e Regione, è stato indetto un concorso internazionale riservato agli under quaranta: sui 2500 iscritti, 400 sono stati i partecipanti e, per individuare un gruppo di opere da tradurre in progetti definitivi, 150 sono stati quelli esposti, dieci dei quali i vincitori ex aequo.
“Se un domani avremo una Roma migliore - ha aggiunto Portoghesi - lo dovremo a tante nuove generazioni di professionisti che costruiranno case speciali nella visione e qualità di una città moderna a cui dobbiamo dare il fascino di quella antica. Per tutto il suo passato, infatti, da sempre Roma è al centro del mondo dell’architettura: oggi esiste un turismo qualificato e specialistico e questo nuovo quartiere diverrà un’ulteriore meta per i turisti che, dopo la Roma del passato, ne vedranno anche una parte moderna, ricca di un paesaggio sapientemente coniugato con un grande parco che conserverà i connotati caratteristici della campagna romana classica”.
Al dibattito ha partecipato anche il Preside della 1^ Facolta di Architettura ‘Ludovico Quaroni’ de ‘La Sapienza’, Salvatore Dierna: “Nel mondo che è entrato nel terzo millennio, due sono i fattori epocali che caratterizzano anche in architettura il problema dello sviluppo economico produttivo e sociale – ha detto Dierna - da una parte c’è il problema ambientale , costruire cioè con tecniche ecosostenibili appropriate all’ambiente e mirate a minimizzare l’uso delle risorse pur nella massima efficienza per infrastrutture ed edifici; dall’altra c’è la necessità di introdurre nelle costruzioni quelle innovazioni tecnologiche (peraltro già avviate in prodotti più evoluti (quali l’automobile che gode oggi di un insieme di sistemi mirati al comfort) che soddisfino anche sotto questo aspetto l’organizzazione delle città. E’ necessario pertanto coniugare questi due fattori in maniera coerente: adattare cioè la tecnologia alle esigenze di sosostenibilità ambientale in ragione della qualità di vita dell’uomo e del suo habitat (che è per definizione artificiale) in coerenza con il rispetto delle diverse qualità ambientali che caratterizzano il pianeta. Nel nostro paese siamo ancora in un certo ritardo rispetto alle sperimentazioni e alle applicazioni che da tempo esistono nei paesi avanzati, fra i quali noi stessi ci vogliamo inserire. Esiste poi una contraddizione tra le enunciazioni di principio e un po’ ideologiche che si fanno con ostentazione, e la pratica effettiva nella realtà . Oggi ci si pone il problema di essere comunque in un contesto internazionale, a livello delle innovazioni teconologiche, nel contesto di un un processo globalizzante. Nello stesso tempo, però, c’è il problema di rispettare le specificità ambientali e culturali dell’abitare, favorendo inoltre la partecipazione degli utennti che chiedono adeguamento e miglioramento delle condizioni di vita, sia a livello di città che di edifici. Il trasferimentro acritico delle soluzioni è però impossibile se non si dispone di campi di sperimentazione e, in questo caso, proprio le imprese hanno una funzione determinante. Se queste ultime non consentono anche a noi – e già oggi siamo in grave ritardo – di sperimentare nel contesto specifico queste nuove condizioni dell’organizzazione dell’abitare, sarà difficile trasferire le soluzioni sperimentate in altri paesi, spesso nate in contesti sociali, ecogici e ambientali ben diversi”.
In un contributo al dibattito dall’Ordine degli architetti di Roma e Provincia, il Presidente Amedeo Schiattarella ha sottolineato quanto “questo felice incontro tra commitenza , università e grandi professionisti dia il segno del cambiamento della città che sta oggi diventando interessante per l’architettura a Roma, perché vi si respira ormai un clima diverso e si comincia a parlare di qualità: i nuovi progetti quali l’Auditorium di Renzo Piano, il Centro di Arte Contemporanea di Zaha Hadid o la sistemazione dell’Ara Pacis di Richard Meier ne sono un simbolo.

Al dibattito ha partecipato anche il sociologo Domenico De Masi Preside della Facoltà di Sociologia dell'Università La Sapienza che, ponendo annotazioni sui concetti della qualità della vita, ha sottolineato quanto casa e città siano il mezzo nel quale realizzare i propri sogni. “Per raggiungere la felicità – ha detto il professore – occorre combattere la noia, la stupidità, la fatica, il dolore e, per godere appieno di una casa intelligente in una città intelligente, si debbono innanzitutto sfatare i miti quali potrebbero essere la pace delle campagne o dei piccoli paesi. Questi sono ormai territori di vita propri solo dei giovani che hanno grandi possibilità di movimento. Oggi è aumentata la fascia di età nelle persone fra i 60 e gli 80 anni e la longevità pone sempre più problemi alla città. I novantenni di oggi equivalgono ai sessantenni del ‘900. Gli anziani hanno assoluto bisogno della città e dei suoi servizi organizzati. La città va quindi amata da tutti, non fuggita, e soprttutto organizzatab perché, anche i giovani, dovranno un giorno fare i conti con essa”.
“Per raggiungere questi obiettivi occorre misurarsi con il progresso tecnologico, quello organizzativo e quello dei mezzi di comunicazione di massa, ha aggiunto De Masi. Il tempo del lavoro si è accorciato e la città si deve attrezzare per il tempo libero. Un esempio? Il traffico automobilistico che è maggiore nei fine setimana che nei giorni feriali. Tempo libero vuole intelligenza e cultura e le nuove tecnologie fanno si che le città di pietra siano diventate arcaiche mentre quelle virtuali ne sono la realtà : le nuove città sono costituite dai provider. Nei valori positivi in una città intelligente c’è innanzitutto l’esercizio della soggettività come, ad esempio, saper programmare personalmente e con facilità condizionamento, il riscaldamento e l’illuminazione nelle proprie case, il lavoro virtuale, il telelavoro o anche il tempo libero, che è un vero lusso. Il lusso non è la ricchezza, ma è ‘ciò che è raro’: raro è il silenzio, raro il tempo e la sua gestione - un lusso assoluto - rara anche la scelta della convivialità giusta e non obbligata; per questi obiettivi – ha concluso – occorre organizzarsi proprio con quelle tecnologie che oggi sembra ci stiano travolgendo”.


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