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Grande
progetto architettonico per un nuovo centro residenziale sulla Nomentana |
Case
intelligenti in città intelligenti |
Sette
architetti di fama mondiale e dieci giovani europei per la progettazione
di una serie di edifici e un parco per la qualità della vita |
Nel nuovo “Rione Rinascimento” che sorgerà sulla
Nomentana tra il quartiere Talenti e Casal dei Pazzi, Paolo Portoghesi
presenta le 'Case intelligenti in città intelligenti”: un
moderno quartiere residenziale di oltre 80 ettari (quasi la metà
a verde pubblico) che sarà interamente concepito per la qualità
della vita: gli edifici saranno progettati da sette architetti di statura
mondiale e da dieci giovani da tutta Europa.
“La
nostra città è oggi istupidita dalla crescita abnorme del
contemporaneo e la si deve riequilibrare restituendole quello smalto che
ha perso negli anni difficili dell’architettura ed è proprio
in questo settore che Roma deve diventare intelligente”. Così
il professor Paolo Portoghesi, storico e docente di progettazione architettonica
alla Facoltà “Valle Giulia” de “La Sapienza”,
ha presentato il progetto per un nuovo centro residenziale che sorgerà
nella periferia nord di Roma, tra il quartiere Talenti e Casal dei Pazzi,
sulla Nomentana, una delle periferie romane più dense di abitanti.
Le nuove tecnologie destinate alle abitazioni troveranno le migliori applicazioni
nel nuovo quartiere che si chiamerà “Rione Rinascimento;
sarà completato in cinque anni, tutto mirato sulla qualità
della vita. Nelle future ‘case intelligenti’ del nuovo complesso
(470 mila i metri cubi che saranno ostruiti e che potranno ospitare sino
a 2.500 famiglie), vetri atermici, cablaggi integrati per la gestione
ottimale dei riscaldamenti, dell’illuminazione, la diffusione ragionata
per ogni stanza di programmi tv, audio e ovviamente internet “Il
futuro è già cominciato, la tecnologia avanza a passi da
gigante e, anche nel progettare e costruire bisogna prevederne, e in un
certo senso anticiparne il processo di cambiamento” ha aggiunto
il coordinatore del convegno, il prof. Mario Docci direttore del Dipartimento
di Rappresentazione della I^ Facoltà di Architettura ‘Ludovico
Quaroni’ de ‘La Sapienza’. Al dibattito hanno partecipato
architetti, urbanisti e sociologi che hanno analizzato la difficile situazione
della vita nelle città di oggi e della necessaria e inevitabile
trasformazione nel segno dell’evoluzione delle tecnologie.
Al professor Paolo Portoghesi è stato affidato il compito di curare
la concreta realizzazione architettonica del complesso edilizio e dell’area
a verde. L’idea del nuovo insediamento è del Gruppo Mezzaroma
Case che, come ha sottolineato Barbara Mezzaroma dello staff esecutivo
“nel nuovo Rione il costruire sarà impegno di alta architettura
e di qualità di vita, nelle case e nel rispetto e la cura del verde,
mantenendo al contempo un rapporto ideale con il centro storico e la città
antica”.
Per
l’avvio della complessa operazione progettuale e culturale, sono
stati coinvolti sette architettti di fama internazionale che, come ha
spiegato il professor Docci, costituiscono una varia e qualificata rappresentanza
delle nuove tendenze sviluppatesi a cavallo del nuovo millennio. Vi saranno
lo spagnolo Ricardo Bofill, uno dei maggiori interpreti di un classicismo
moderno ispirato ai grandi temi dell’architettura romana; il ticinese
Mario Botta che opera in una sorta di scultura dello spazio nutrita da
elementi della memoria classica; l’americano Michael Graves che
del classicismo esplora l’ordine compositivo; il viennese Hans Hollein
che fa della memoria e della citazione un uso creativo e unisce Vienna
a Roma in ideale continuità; il giapponese Arata Isozaki, un cultore
dl Borromini e del Rinascimento che a Tsukuba, nella sua ‘Città
della Scienza’, ha riprodotto la pavimentazione michelangiolesca
di piazza del Campidoglio; l’ungherese Imre Macovecz uno dei grandi
‘architetti visionari’ che ha saputo attingere dalla memoria
collettiva con inquietudine moderna e che interverrà con il legno
lamellare all’interno del parco e, infine, il greco Demetri Porphyrios,
londinese da anni, che con freschezza innovativa ha rivisitato l’eredità
classica nell’affascinante Civic Pavillion di New York.
Perché
il progetto potesse essere proiettato verso il futuro, è stato
anche indispensabile il coinvolgimento dei giovani. A questo fine, con
il patrocino di Comune, Provincia e Regione, è stato indetto un
concorso internazionale riservato agli under quaranta: sui 2500 iscritti,
400 sono stati i partecipanti e, per individuare un gruppo di opere da
tradurre in progetti definitivi, 150 sono stati quelli esposti, dieci
dei quali i vincitori ex aequo.
“Se un domani avremo una Roma migliore - ha aggiunto Portoghesi
- lo dovremo a tante nuove generazioni di professionisti che costruiranno
case speciali nella visione e qualità di una città moderna
a cui dobbiamo dare il fascino di quella antica. Per tutto il suo passato,
infatti, da sempre Roma è al centro del mondo dell’architettura:
oggi esiste un turismo qualificato e specialistico e questo nuovo quartiere
diverrà un’ulteriore meta per i turisti che, dopo la Roma
del passato, ne vedranno anche una parte moderna, ricca di un paesaggio
sapientemente coniugato con un grande parco che conserverà i connotati
caratteristici della campagna romana classica”.
Al dibattito ha partecipato anche il Preside della 1^ Facolta di Architettura
‘Ludovico Quaroni’ de ‘La Sapienza’, Salvatore
Dierna: “Nel mondo che è entrato nel terzo millennio, due
sono i fattori epocali che caratterizzano anche in architettura il problema
dello sviluppo economico produttivo e sociale – ha detto Dierna
- da una parte c’è il problema ambientale , costruire cioè
con tecniche ecosostenibili appropriate all’ambiente e mirate a
minimizzare l’uso delle risorse pur nella massima efficienza per
infrastrutture ed edifici; dall’altra c’è la necessità
di introdurre nelle costruzioni quelle innovazioni tecnologiche (peraltro
già avviate in prodotti più evoluti (quali l’automobile
che gode oggi di un insieme di sistemi mirati al comfort) che soddisfino
anche sotto questo aspetto l’organizzazione delle città.
E’ necessario pertanto coniugare questi due fattori in maniera coerente:
adattare cioè la tecnologia alle esigenze di sosostenibilità
ambientale in ragione della qualità di vita dell’uomo e del
suo habitat (che è per definizione artificiale) in coerenza con
il rispetto delle diverse qualità ambientali che caratterizzano
il pianeta. Nel nostro paese siamo ancora in un certo ritardo rispetto
alle sperimentazioni e alle applicazioni che da tempo esistono nei paesi
avanzati, fra i quali noi stessi ci vogliamo inserire. Esiste poi una
contraddizione tra le enunciazioni di principio e un po’ ideologiche
che si fanno con ostentazione, e la pratica effettiva nella realtà
. Oggi ci si pone il problema di essere comunque in un contesto internazionale,
a livello delle innovazioni teconologiche, nel contesto di un un processo
globalizzante. Nello stesso tempo, però, c’è il problema
di rispettare le specificità ambientali e culturali dell’abitare,
favorendo inoltre la partecipazione degli utennti che chiedono adeguamento
e miglioramento delle condizioni di vita, sia a livello di città
che di edifici. Il trasferimentro acritico delle soluzioni è però
impossibile se non si dispone di campi di sperimentazione e, in questo
caso, proprio le imprese hanno una funzione determinante. Se queste ultime
non consentono anche a noi – e già oggi siamo in grave ritardo
– di sperimentare nel contesto specifico queste nuove condizioni
dell’organizzazione dell’abitare, sarà difficile trasferire
le soluzioni sperimentate in altri paesi, spesso nate in contesti sociali,
ecogici e ambientali ben diversi”.
In
un contributo al dibattito dall’Ordine degli architetti di Roma
e Provincia, il Presidente Amedeo Schiattarella ha sottolineato quanto
“questo felice incontro tra commitenza , università e grandi
professionisti dia il segno del cambiamento della città che sta
oggi diventando interessante per l’architettura a Roma, perché
vi si respira ormai un clima diverso e si comincia a parlare di qualità:
i nuovi progetti quali l’Auditorium di Renzo Piano, il Centro di
Arte Contemporanea di Zaha Hadid o la sistemazione dell’Ara Pacis
di Richard Meier ne sono un simbolo.
Al dibattito ha partecipato anche il sociologo Domenico
De Masi Preside della Facoltà di Sociologia dell'Università
La Sapienza che, ponendo annotazioni sui concetti della qualità
della vita, ha sottolineato quanto casa e città siano il mezzo
nel quale realizzare i propri sogni. “Per raggiungere la felicità
– ha detto il professore – occorre combattere la noia, la
stupidità, la fatica, il dolore e, per godere appieno di una casa
intelligente in una città intelligente, si debbono innanzitutto
sfatare i miti quali potrebbero essere la pace delle campagne o dei piccoli
paesi. Questi sono ormai territori di vita propri solo dei giovani che
hanno grandi possibilità di movimento. Oggi è aumentata
la fascia di età nelle persone fra i 60 e gli 80 anni e la longevità
pone sempre più problemi alla città. I novantenni di oggi
equivalgono ai sessantenni del ‘900. Gli anziani hanno assoluto
bisogno della città e dei suoi servizi organizzati. La città
va quindi amata da tutti, non fuggita, e soprttutto organizzatab perché,
anche i giovani, dovranno un giorno fare i conti con essa”.
“Per
raggiungere questi obiettivi occorre misurarsi con il progresso tecnologico,
quello organizzativo e quello dei mezzi di comunicazione di massa, ha
aggiunto De Masi. Il tempo del lavoro si è accorciato e la città
si deve attrezzare per il tempo libero. Un esempio? Il traffico automobilistico
che è maggiore nei fine setimana che nei giorni feriali. Tempo
libero vuole intelligenza e cultura e le nuove tecnologie fanno si che
le città di pietra siano diventate arcaiche mentre quelle virtuali
ne sono la realtà : le nuove città sono costituite dai provider.
Nei valori positivi in una città intelligente c’è
innanzitutto l’esercizio della soggettività come, ad esempio,
saper programmare personalmente e con facilità condizionamento,
il riscaldamento e l’illuminazione nelle proprie case, il lavoro
virtuale, il telelavoro o anche il tempo libero, che è un vero
lusso. Il lusso non è la ricchezza, ma è ‘ciò
che è raro’: raro è il silenzio, raro il tempo e la
sua gestione - un lusso assoluto - rara anche la scelta della convivialità
giusta e non obbligata; per questi obiettivi – ha concluso –
occorre organizzarsi proprio con quelle tecnologie che oggi sembra ci
stiano travolgendo”.
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