LA PELLE DELLE IMMAGINI
Larte
del nudo, il Nudo nellarte: è questo il tema del saggio
"La pelle delle immagini", scritto a due mani da Federico
Ferrari e Jean-luc Nancy ed edito dalla Bollati Boringhieri. 26 immagini
tra dipinti e fotografie, arbitrariamente selezionati dagli autori,
tracciano un percorso intimo ed intimista della concezione del nudo
nellarte occidentale. Lo studio mostra unattenzione privilegiata
allaspetto artistico della Nudità, ma nello stesso tempo
non può prescindere da unanalisi sociale della stessa.
Larte è specchio ma è, a volte, espressioni di aspirazione
e quindi, in molti casi, anticipatrice delle tendenze future. Quello
di cui si parla nel volume non è il Nudo universalmente inteso,
ma il Nudo secondo gli autori, in una visione critica assolutamente
soggettiva. Daltronde di fronte allopera darte, è
il gusto del singolo a dettare le regole.
Se in altre culture, il nudo ha una valenza sacra o erotica, in occidente
il corpo si espone per se stesso, disgiunto da finalità di conoscenza
e di piacere. Indefinibile, è frutto di appagamento per i sensi,
come un piacere prettamente estetico. Per questo la nudità preferita
è quella femminile. Armonia di forme e curve che si inseguono
è certo questo il segreto della donna ma anche
fragilità e candore di sguardi spesso nascosti, per pudore sincero
o forse per incoscienza. Più spesso per malizia. La nudità
non guarda dritta in volto perché vuole essere guardata. Non
presta attenzione al fuori da sé perché è
concentrata su se stessa. La pelle che si mostra è veste dellanima
ma è soprattutto carne. È simbolo ma ancor di più
è messaggio e rivelazione. Per questo il primo capitolo del volume
è dedicato al nudo acefalo. Perché nel nudo il viso non
conta, come non conta la specificità dellindividuo, ma
solo la sua carne. A Zeus non importa dellespressione di Europa
o di Leda, che quindi nelle pitture sono spesso voltate. Il dio vuole
la loro mortalità, e la vuole con un desiderio selvatico e brutale
che non si cura dellanima che può schiacciare. Il nudo
maschile è violento, impacciato, sbagliato. Non rappresentabile.
Lo si femminilizza, nascondendo spesso il membro tra le
cosce in pose del tutto innaturali e vergognose. Oppure lo si espone
riducendolo, cercando di confondere le apparenze, dimenticando i suoi
possibili turgori. Perfino Annibale Carracci ne "Il ciclope Polifemo"
pur mostrando un membro eretto nel desiderio e nello slancio passionale,
lo ridicolizza trasformandolo in un occhio che guarda lo spettatore
quello che manca al viso del ciclope o nellafona
canna di un flauto, che canterà un piacere che non potrà
provare.
Nel nudo, i corpi si cercano nel tentativo di appropriarsi luno
dellaltro, forse per dimenticarsi del proprio, o forse per uno
slancio narcisistico che della carne altrui fa lo specchio della propria.
Valeria
Arnaldi