a cura di Valeria Arnaldi
 
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RIFLESSI DI BISANZIO

Bisanzio dopo Bisanzio: è questo il tema cui è dedicata la mostra allestita ai Musei Capitolini dal 22 maggio al 7 settembre. Nata dalla collaborazione tra la il Ministero della Cultura della Repubblica Ellenica, l’Ambasciata di Grecia a Roma, l’Assessorato alle Politiche Culturali e la Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, la mostra raccoglie capolavori d’arte ellenica dal XV al XVIII secolo, provenienti dal Museo Bizantino e Cristiano di Atene. Icone, trittici, affreschi, oggetti e paramenti di uso liturgico, manoscritti e libri sono in mostra per testimoniare lo stretto legame tra la cultura greca e quella romana, cresciute attraverso un arricchimento reciproco in un dialogo culturale che non si è mai interrotto. Dopo la caduta dell’Impero Bizantino, la cultura ha trovato nuovi canali espressivi, scegliendo i monasteri come luogo di promozione e diffusione. Questi sono stati in un certo senso i motori di una continua ricerca artistica che, anche sfruttando ‘lezioni’ provenienti da altri paesi, fosse in grado di trovare la via più giusta e più incisiva per illustrare il messaggio spirituale. Non solo. Negli oggetti esposti in mostra, infatti, l’elemento spirituale è sì portante ma si accompagna ad un alto valore estetico. La civiltà bizantina sopravvive nella cultura di ori e decorazioni imponenti, lussuose, ricche. Tra Quattrocento e Seicento grazie al diretto contatto tra la città di Creta e Venezia, Bisanzio si trasforma in un ponte, un raccordo tra due culture profondamente differenti ma interessate l’una all’altra.
Occidente ed Oriente, il mondo classico e quello cristiano, la vecchia e la nuova Roma dialogano, finendo per individuare un sostrato culturale comune. Stampato ad Atene, in occasione del semestre di Presidenza Europea della Repubblica Ellenica, il catalogo è articolato in 6 sezioni, che potremmo a ragione definire ‘sale’. È infatti strutturato in maniera tale da poter consentire una visita virtuale della mostra a quanti non possano recarvisi, ed in modo da essere un valido sostegno per chi invece si trovi di fronte alle opere esposte. Ad ogni pezzo sono infatti dedicate due pagine, una con la foto e l’altra con una scheda critica. Impossibile non rimanere affascinati dalla fine arte di cesello ed intarsio dell’oggettistica, in cui l’oro viene lavorato in mille riccioli e figure, anche di piccolissime dimensioni, per dare la sensazione di copiosità ed abbondanza. I reliquiari, le croci, le icone sono simboli di un qualcosa di superiore e proprio per questo le loro decorazioni vengono curate con minuzia, scegliendo soggetti che abbiano un alto valore filosofico-concettuale, ma che siano anche capaci di emozionare per la bellezza e la complessità della loro realizzazione. A riprova della kalokagatia della tradizione classica greca, in cui il bello coincide al buono e viceversa.

Valeria Arnaldi

 


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