a cura di Paola Rocco
e Maria Fabbricatore

Teatro Eliseo


Produzioni Teatrali Paolo Poli
presenta

"JACQUES IL FATALISTA"
due tempi di Ida Omboni e Paolo Poli
da Denis Diderot

con
PAOLO POLI

scene Emanuele Luzzati
costumi Santuzza Calì
musiche Jacqueline Perrotin
coreografie Alfonso De Filippis

dal 26 novembre al 22 dicembre 2002

Da martedì 26 novembre, e fino al 22 dicembre, Paolo Poli, attore dagli infiniti travestimenti che ama mescolare letteratura e teatro, poesia e danza , prosa e musica ritorna al Teatro Eliseo con il suo nuovo spettacolo Jacques il fatalista, due tempi di Ida Omboni e dello stesso Paolo Poli, che cura anche la regia, da Denis Diderot. Accanto al protagonista, Armando Benetti, Alessio Bordoni, Paolo Calci, Alfonso De Filippis, Orazio Donati, William Pagano, Rosario Spadola.
Le scene sono di Emanuele Luzzati, i costumi di Santuzza Calì, le musiche di Jacqueline Perrotin, le coreografie di Alfonso De Filippis: i collaboratori di sempre che lo accompagnano in tutti i suoi spettacoli.

 

Chissà perché si pensa che i filosofi siano tutti austeri e concettosi, cioè noiosissimi. In genere è vero il contrario, come dimostra brillantemente Denis Diderot, il grande illuminista, che perfino nei suoi lavori più impegnati amava sorridere e far sorridere. Il suo Jacques il fatalista, ad esempio, è un piccolo capolavoro di arguzia malandrina che sembra scritto per il teatro comico.
Jacques è un servitore imperturbabile e disincantato, come chi non ha mai avuto niente gratis dalla vita, mentre il suo padrone è un gentiluomo piuttosto insolito: colto, senza snobismi e generosamente pasticcione. I due viaggiano assieme (luogo di partenza ignoto, destinazione sconosciuta) discorrendo, becchettandosi e incrociando un arcobaleno di personaggi stravaganti. E a ogni incontro la scena e il dialogo cambiano e succede qualcosa di inaspettato. Ecco quindi Jacques che, derubato, finisce in gattabuia. Eccolo poi approdare ad un albergo dove facciamo la conoscenza di una loquace locandiera protettrice degli animali e sposa a un burbero benefico. E fra un viaggio e l'altro (il settecento è il secolo del "grand tour") il servo e il suo padrone fanno mille riflessioni (il settecento è il secolo filosofico) e si raccontano storie d'amore (il settecento è il secolo della galanteria). Esemplare è la vicenda della marchesa de la Pommeraye, una dama squisita, che, per ferire un amante intiepidito costruisce un vertiginoso castello di perfidie. Solo all'ultimo istante la sorte, ancora più maligna di lei, le strapperà la vittoria di mano. A questo punto le raffinatezze mondane cedono il posto al rigore conventuale. Non più profumi adescatori ma effluvi di incenso. Entra in scena un prelato così onusto di qualità beatifiche da essere quasi in odore di santità. Sappiamo, ovviamente, che questi professionisti della virtù non la raccontano giusta e aspettiamo, con una punta d'ilarità, di vedere il troppo reverendo cadere dal piedistallo. Ma non succede. Lui ha il dono di trasformare, con un minimo gesto, le colpe in meriti e, più confusi che persuasi, tutti l'applaudono, persino i moralisti. Mille interruzioni hanno frammentato il racconto delle avventure amorose di Jacques, tanto che il suo padrone tenta, a sua volta, di narrare l'episodio più saliente della storia dei suoi amori. Ecco quindi una tumultuosa saga della fasullaggine in cui un falso gentiluomo, falso amico del padrone di Jacques, tenterà, per arricchirsi, di appioppargli una falsa vergine con pargoletto in pancia. Il gentiluomo eviterà per il rotto della cuffia le nozze riparatrici, ma si accollerà il pupo vita natural durante. Più fortunato il popolano evoca due incontri erotici giovanili in cui ha perduta a ripetizione una verginità, da lungo tempo perduta, grazie a due paesane di buona volontà. Ma il lieto fine è l'appannaggio classico dell'eroe della storia e Jacques trova la donna ideale. Potrà finalmente dormire tranquillo fidando nella fedeltà della sposa? Non chiediamo troppo. Meglio lasciar fare al destino. Dopo tutto lui è un fatalista.

 


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