a cura di Paola Rocco
e Maria Fabbricatore

Teatro Eliseo


produzione A. Artisti Associati diretti da Walter Mramor
in coproduzione con Compagnia di Prosa Gianrico Tedeschi
presenta

IL MEDICO PER FORZA

farsa con musiche di Molière
traduzione originale Cesare Garboli


regia Monica Conti


con Gianrico Tedeschi,
Maria Ariis, Raffaele Spina, Gianfranco Candia,
Miro Landoni, Alessandro Albertin, Sveva Tedeschi

scene Giacomo Andrico
costumi Stefano Nicolao
musiche Germano Mazzocchetti

dal 13 maggio 2003 al 8 giugno 2003

Il Teatro Eliseo chiude la sua fortunata stagione teatrale offrendo al suo pubblico, dal 13 maggio all’8 giugno, un formidabile Gianrico Tedeschi nel ruolo di Sganarello, un boscaiolo amante della bottiglia come delle belle donne, caduto nella trappola della moglie e divenuto per danaro "Medico per forza".
Un piccolo gioiello scintillante di risate, colori e musiche, questa commedia andata in scena nel 1666, dove tutto è pervaso da una ilarità prorompente e da un’instancabile inventiva scenica, che comunque racchiude molti dei temi cari al grande drammaturgo
Un "puro gioco teatrale", un copione per attori attraversato da folgoranti battute comiche, di cui Molière si serve per condurre la sua indagine "scientifica" sull’uomo e per approfondire la realtà di piccoli provinciali senza perdere l’occasione per sbeffeggiare le classi dominanti e mettere in guardia dai mistificatori, dai parrucconi e dai falsi politici, dai medici e dai religiosi, che molto spesso usano "il sapere", che a volte non possiedono, per ingannare gli ingenui.
Accanto allo straordinario Gianrico Tedeschi non sono da meno Maria Ariis nel ruolo della moglie, Raffaele Spina, Miro Landoni, Alessandro Albertin e con Gianfranco Candia e Sveva Tedeschi nella parte dei due innamorati. La regia è di Monica Conti, le musiche di Germano Mazzocchetti, le scene di Giacomo Andrico e i costumi di Stefano Nicolao.

Nelle due tradizionali categorie del serio e del comico, Molière costruisce il suo Teatro soprattutto quando volge la sua attenzione agli svaghi della Corte del Re per rappresentarne gli intrighi, le ipocrisie, le infedeltà, l’arroganza, e la debolezza mentale. Poi coltiva anche la fase in cui si abbandona alla comicità pura e cioè alla farsa – Teatro senza trama, senza storia, senza senso, senza rete – Teatro del ridere per far ridere, per divertire. Il "Medico per forza" è questo.
Per gli attori è ricerca, invenzione, laboratorio, virtuosismo, un po’ di follia e molta fatica. Per il pubblico è divertimento e piacevolezza. Sia per Molière che per noi teatranti di tournée è anche dosaggio di repertorio, alternativa di proposte per tener vive le richieste e sollecitarle. Gli amministratori di una volta dicevano: "La gente ha voglia di ridere". Facciamoli ridere quando si tratta di Molière. Però, sarà un caso, ma nel "Medico per forza" Sganarello dice: "Gente, attenzione, perché quando nell’aria gira stupidità c’è subito pronto chi se ne approfitta". In tutti i campi del vivere umano, in prima linea quello sociale. A questo punto si imbrogliano le carte, la falsità viene spacciata per verità e chi se le ritrova sul gobbo poi è proprio la gente.

Gianrico Tedeschi

E’ un "puro gioco teatrale", un copione per attori attraversato da folgoranti battute comiche, di cui Molière impudicamente si serve per condurre la sua indagine "scientifica" sull’uomo, (e dopo il "Minetti" di Bernhard credo che questa scelta sia stata dettata quasi da un’esigenza fisica). Dopo il rigore assoluto e la condanna del "Teatro per divertire" di Bernhard, affrontiamo ora questo piccolo gioiello scintillante di risate, colori e musiche, per riscoprire e riassaporare il dialogo, il dinamismo e il gioco.

Monica Conti

La società umana si divide, per Molière, in due schieramenti contrapposti che si fronteggiano in eterno e formano il tragicomico spettacolo in cui viviamo. Da una parte, i grandi mistificatori, che interpretano come una missione per tutti salutare la loro sete di potere e di denaro. Sono i falsi guaritori, i medici, i politici, i falsi religiosi, i tartufi, gli incantatori che sanno vendere al prossimo la salute, la serenità, il benessere, la liberazione dai mali del corpo e dell’anima. Nessuno li può sconfiggere. Non si sa da dove vengano. Simili ad enormi insetti, vestono solo di nero, portano tonache o parrucconi. Usano un linguaggio soave e minaccioso, si capiscono soltanto fra loro e appartengono a misteriose consorterie. Le loro idee sono intoccabili, i loro poteri occulti.
Dall’altra parte si distende la multiforme e sciagurata popolazione dei grandi babbei, i sognatori, le vittime della seduzione melensa e insieme intimidatoria degli incantatori. Dare un’identità a questa indistinta popolazione di cronici ammalati del male di vivere sarebbe impresa vana. Questa popolazione siamo tutti noi: i perdenti, i soccombenti. Siamo i creduloni visitati da un vapore o da una chimera, innamorati di un sogno di felicità, o di virtù, e di giustizia. Siamo i misantropi che vogliono cambiare il mondo, i bottegai ambiziosi di splendore sociale, i malati che sognano di ritrovare la gioia ed il piacere di vivere. Siamo gli innumerevoli Alceste, Orgon, Argan, Monsieur Jourdain, Monsieur de Pourceaugnac, tutti coloro che, per Molière, prima o poi, finiscono cornuti e mazziati.
Ma al centro, in mezzo agli ipocriti e ai creduloni, c’è un essere indiavolato, inafferrabile, che recita tutte le parti, crede a tutto e non crede a niente. Salta, balla, si traveste, ride, e si beffa di chi incanta e di chi è incantato. E’ il teatro allo stato puro, fuori dall’umanità e dalla società. E’ Sganarello. Non un personaggio di farsa, ma l’uomo di tutte le metamorfosi, l’incarnazione del teatro. E’ il fagotin: la fascina che accende il fuoco e, per metafora, puzza di eresia perché suscita un riso purificatore, il riso che incendia il mondo ed abbatte gli idoli di qualunque natura. La vitalità, la scurrilità, il lazzo, la beffa, il calembour, la battuta salace, il galimatias, la smorfia, la buffoneria fine a se stessa, lo scherzo del pagliaccio e la follia del clown si danno convegno nel Medico per forza e celebrano in un solo falò tutta l’insensatezza del mondo.
Dicevano i contemporanei, e lo diceva anche Voltaire, che il Medico per forza fu scritto e recitato dalla Compagnia di Molière nella stessa stagione teatrale in cui fu dato il Misantropo, nel 1666, per ragione di cassetta. Per sostenere con una farsa per palati plebei, ma di sicuro successo, un copione di stile alto, destinato ad un pubblico dai gusti raffinati. E’ un’opinione che sa troppo di letteratura e troppo poco di teatro. Molière si riconosceva nelle piroette e nei non-sensi di Sganarello non meno che nelle parole incorrotte e sublimi del solitario gentiluomo dai nastri verdi. E chissà che non gli piacesse recitare nella parte del "médicin des perroquets", con l’abito gialloverde di Sganarello, più ancora che in quella di Alceste. Premiato da un numero di rappresentazioni inferiori soltanto a quello di Tartuffe, Il Medico per forza è un testo fatto non meno per il grande pubblico che per i grandi attori. E’ un testo che piace agli uomini di teatro. Piaceva a Ettore Petrolini. Sarebbe piaciuto a Totò. E piace oggi a Gianrico Tedeschi, il quale ha deciso di cimentarsi in una parte che esalta non il lenocinio, secondo la più banale delle opinioni, ma la purezza del teatro. Siamo tutti sospesi, direbbe un poeta, a questo evento..

Cesare Garboli


Per le altre recite l'abituale programmazione:
martedì - giovedi - venerdi ore 20,45
sabato ore 16,30 e 20,45
mercoledì - domenica ore 17
lunedì riposo


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