Il
Teatro Ambra Jovinelli e ITC 2000
sono lieti di presentare in prima nazionale
da
giovedì 31 ottobre a domenica 3 novembre 2002
Daniele
Luttazzi
in
Adenoidi
Daniele
Luttazzi considera un onore e un privilegio appartenere alla schiatta
dei guitti. Come le loro, anche le sue trovate derivano da quelle
del Satiro dell'antica commedia greca, che a loro volta risalgono
ai riti fallici e alle cerimonie in onore di Dioniso. Nei monologhi
moderni di Luttazzi ritroviamo le caratteristiche fondamentali della
clownerie di tradizione: il gergo volgare e osceno, i tratti amorali
e asociali, le tare mentali e fisiche che contribuiscono a trasformare
in caos il mondo circostante:
"A letto era del tutto disinibita, sempre alla ricerca di qualcosa
di nuovo da sperimentare. Ricordo ancora la volta che mi fece bere
champagne dalla sua vagina. Dieci litri!"
Luttazzi trasforma il caos in goffaggine e sproporzioni, ma appena
pensi di averlo inquadrato se ne allontana con trovate piene di grazia,
per poi risprofondare in esso con la sua prosodia precipitosa:
"Aveva una gamba di legno. Ma il piede era vero."
Luttazzi, buffone scurrile ed empio, una volta toccato l'abisso resta
come posseduto da qualcosa che in esso dimora. Ha difficoltà
con gli oggetti fisici, con le forme sociali e con le norme che presiedono
a entrambi. Benchè queste difficoltà e la sua incapacità
a superarle ci colpiscano come una ridicola perdita di dignità,
Luttazzi capita che ne vada fiero. Ha il sesto senso, solo che gli
mancano gli altri cinque. Per questo íl flusso delle sue trovate
anticipa sempre un po' la capacità di reazione del pubblico:
"Era una ragazza con la pelle grassa. Piena di brufoli. Ma molto
colta.
Coltissima.
Quando esplodevano, i suoi brufoli facevano: proust!"
La malizia di Luttazzi può limitarsi alle birichinate a danno
di oggetti o persone:
"Emilio Fede è un androide ottenuto combinando ìl
corpo di Emilio Fede col cervello di Emilio Fede. La cosa incredibile
è che il risultato è inferiore alla somma dei due componenti";
oppure arrivare al punto di interferire con astruse bizzarie nelle
nostre riflessioni su noi stessi e sul mondo:
"Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? La realtà esiste?
E se non esiste,
chi glielo dice a Valeria Marini?"
Furfante e arguto, zimbello e grullo, Luttazzi si nutre della confusione
fra senso e non-senso, fra la realtà concreta e le inesauribili
potenzialità che essa lascia intravedere al suo interno.
La sua tendenza non è di focalizzare, ma di dissolvere gli
eventi:
"A causa del maltempo, ieri l'Alitalia ha cancellato l'85% dei
voli.
Sfortunatamente
alcuni di questi erano in aria, al momento."
Tempo, spazio, leggi, norme: Luttazzi ne è indipendente. Ci
gioca inventando battute, contento di averci proceduto:
"A tutti piacciono le minorenni. Per questo c'è una legge."
I nostri tentativi di conformarci a un ideale "dover essere"
si fondano su valori antitetici a quelli di Luttazzi. Ne fa fede il
suo stolido infantilismo:
"Non ho mai capito cosa ci sia di così erotico negli slip
commestíbili. Li indossi per una settimana, alla fine hanno
lo stesso sapore degli altri."
Luttazzi esprime elementi della cultura universalmente ricorrenti:
la parodia del sacro, la comicità basata su sesso e oscenità,
e quella basata sulla malattia e la morte. Questi temi sono intrecciati
fra loro. Ogni culto si fonda sull'istinto e al tempo stesso regola
il nostro accesso a esso. Ne consegue che spesso il clownismo cerimoniale
ha carattere sessuale. Nelle feste carnascialesche dei Fastnacht del
XV secolo, ad esempio, il buffone era per lo più un "servo
di Venere" intento esclusivamente a soddisfare le sue pulsioni
sessuali; mentre presso gli indiani Pueblo il clownismo è ancora
oggi una forma di magia connessa alla fertilità: un aspetto,
questo, rintracciabile in molte epoche e luoghi e che si esprime con
parole sconce, giochi licenziosi, esibizionismo, travestitismo, offese
al pudore, allusioni al rapporto sessuale, nel mangiare escrementi
e nel bere urina. L'apparentemente rozza oscenità apotropaica
del buffone cela sottili valenze simboliche. Egli è il portavoce
della saggezza dell'irrazionale.
L'angoscia del nulla è dissolta:
"Quando morirò, voglio essere cremato, e voglio che le
mie ceneri siano sparse sul corpo di Sabrina Ferilli."
Il Buffone ha per natura una funzione eversiva contro il sacro, le
proibizioni autoritarie, il potere. Per lui non c'è nulla di
fisso, nulla di acquisito. Può dire tutto impunemente perchè
si pone fuori dalle regole sociali, ma fa da specchio alla goffaggine
maldestra con cui affrontiamo le forze avverse dì un universo
inospitale il cui senso ci sfugge. Getta lo scompiglio nell'ordine
che abbiamo eretto a nostra difesa, si prende gioco della nostra sicurezza
e mette in crisi la presunta oggettività della nostra visione
dei mondo. Ci costringe ad ammettere che il confine fra ordine e caos
non è così netto come vorremmo. E non è là
dove vorremmo che fosse. Colpito da una mazzata, si rialza come niente
fosse.
E' lo spirito umano, immortale.
Facendoci ridere, ci rende liberi.
Dal
31 ottobre al 3 novembre 2002
Da giovedì' a sabato ore 21,00 - domenica ore 17,00
Teatro
Ambra Jovinelli
Via Guglielmo Pepe, 43/ 47
Info 06 44340262
Biglietti
da € 27.50 a € 13,00