a cura di Serena Capotorto e Sara Cascelli e Maria Fabbricatore e Paola Rocco

Teatro Colosseo

Estasia Ent
presenta


L.O.L.I.T.A

testo di Massimiliano Polselli

con

Valentina Marziali

Personaggi e interpreti

Katia Valentina Marziali
Giulio Leandro Guerrini
Sandro Massimiliano Magni
Federica Tiziana Bozzacco

Light designer Marco di Campli San Vito
Effetti multimediali Tecnic Sistem di Prato

Regia
DANILA BELLINO

dal 19 Gennaio


“In quel momento mi si presentò con assoluta chiarezza, assurda e schifosa come un ragno, l’immagine della depravazione che, senza amore, brutale e spudorata, comincia direttamente da ciò che solitamente corona il vero amore” Dostoevskij Ricordi del sottosuolo (Feltrinelli)


“L’amore è sesso!” afferma Katia, la giovane protagonista femminile di L.O.L.I.T.A. (HelLO’, HilLI’, T’ehA’); in un mondo come il nostro, dove il corpo è sovraesposto, spogliato, esibito, adorato come un imperativo categorico, tutto passa attraverso di esso, anche l’amore.
E’ la storia di un’aberrazione. Giulio, giovane studente, ama di un amore totale e totalizzante Katia, sua compagna di scuola, ma i ruoli sono invertititi: l’amore dell’uomo è platonico e idealistico, quello della donna scettico e materialistico, l’uno vive ancora nella poesia, l’altra nelle iperboli del sesso e delle pratiche più strane. Ma Katia è anche la più bella, la più provocante, la più intelligente della scuola e, suo malgrado, ha imparato molto presto tutte le armi della seduzione, tutta la sospensione degli sguardi, degli ammiccamenti, di fronte a lei Giulio è del tutto disarmato, anche i suoi coetanei non sopportano tanta diversità. Ma la seduzione è anche nelle bugie che Katia dice per apparire diversa da come è: insieme a un corpo seducente, si intreccia un discorso che inganna, svela e nasconde, un make-up che applica da sola alla sua vita. Katia imbastisce su di sé un discorso sessuale, elabora immagini erotiche, situazioni estreme di cui è protagonista, finché il discorso stesso la soffoca, diventa destino che la manipola e la investe d’improvviso come un’onda anomala, rivoltando i piani: come Edipo, Katia non capisce nulla fino all’ultimo, quando la situazione le si rivolta contro.
La parola è solo un elemento dell’evento teatrale: in una visione estatica, piena di meraviglia, lo spettatore è calato nell’universo parallelo dell’evento, fatto di immagini video, reminiscenze di immagini, spezzoni televisivi, suoni e il movimento reale del corpo degli attori. L’immagine video crea un mondo parallelo, ciò che si proietta sugli schermi è all’opposto rispetto a quel che si vede

sul corpo dell’attore, il senso subisce un’alterazione chimica, una precipitazione, i significati si elidono a vicenda.
Lo spazio scenico è compresso infatti dal dilagare delle immagini, anche i dettagli, il sudore, la bocca, diventano immagine video grazie a una telecamera-attore che è presente in tempo reale e si inserisce tra il qui e ora della convenzione teatrale. Siamo talmente abituati ad essere videovisivizzati senza accorgercene nella nostra vita quotidiana, ma gli attori provocano lo strumento, instaurano un corpo a corpo con la macchina visiva ( non è più dunque “tele” visione, visione da lontano, ma primo piano estremizzato, mezzo per scoprirsi da vicino). L’antico adagio del teatro come specchio della società si attualizza e si riversa, il teatro porge uno specchio al pubblico che si ritrova sugli schermi alla stregua degli attori, come nel quadro celeberrimo di Velazquez, Las Meninas, in cui i protagonisti, schierati frontalmente, guardano all’esterno gli osservatori, il principio è quello del vedersi vedere (vedere se stesso che si vede). Lo spettatore è tratto dentro una trappola voyeuristica a due sensi, uno narcisistico, in cui la videocamera è come uno specchio potenziato, e l’altro sensuale e sessuale, legato ai corpi degli attori che, scavalcando la IV parete, non solo si vogliono lasciar guardare ma si offrono al pubblico in un altro tipo di corpo a corpo.

 

 


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