Teatro Furio Camillo
Presenta
ORMA FLUENS
Nijinsky: mistica e follia del corpo eccedente
Digital performance
Il corpo-digitale:
è il corpo visionario senza peso, senza limiti, trasparente,
infinito.
L'attrito frena lo slancio, la materia impone vincoli, legami, limiti.
Liberato dalla sue funzioni e dal suo peso, il corpo atterrisce per
la sua eccedenza, per la sua non-finitezza e irrappresentabilità.
Strategie: Michele Cavallo
Scene digitali: Raffaele Settembre
Performer: Alessandro Pintus e Chiara Valmori
Bussi
Elaborazioni sonore: Riccardo Brunetti
Audio engineering: Alessandro Londei
Dall’8 al 9 Marzo
Il tratto della penna sul foglio. N. vuole annullare
l'attrito, la resistenza della superficie del foglio: vuole una penna
che scorra libera, che tracci segni senza incontrare porosità,
asperità. Annullare i limiti imposti dalla fisicità, dalla
materia, così come, da ballerino, voleva annullare i limiti imposti
al movimento, alla elevazione: annullare la gravità, la pesantezza
del corpo, l'articolazione finita. Un corpo senza limitazioni, senza
matericità, senza peso. Energia-sentimento allo stato puro.
La metafora digitale coglie il delirio-sogno di N., l'attrito della
materia è annullato: i corpi si liberano dal peso e dai limiti
naturali per proiettarsi in una dimensione in-finita.
Balugina qui, un corpo vuoto, svuotato di forme, di abitudini, di reazioni
personali….
Si parla di un corpo trasparente, ricettivo, vuoto, immediato, infinito.
Fatto di un sentire, di un immaginario e di un uso che eccedono il soggetto
finito, personale, attivo, e introducono a un soggetto di mezzo: un
soggetto-corpo che realizza il suo destino nell'essere trasparente,
tubo, vacuo, impermanente, connettivo, corpo-rete.
C'è attrito che frena lo slancio, ci sono vincoli,
legami, lacci, ci sono limiti. Non voglio attrito, limiti, confini,
regole, nodi… Un corpo sconfinato, illimitato, assoluto, infinito…
eccessivo. Eccedente è un corpo che fa paura, è terrifico,
è onnisciente, dislocato, diffuso, onnipotente, corpo-Dio.
Il terrore è non sapere cos'è e che farci con questo corpo
infinito.
Che ci facciamo con questo nostro corpo? (Rumi…)
Salti, camminare, pose, figure, attrarre, gesti, sesso, mangiare…
non altro che arrangiarsi con questi bisogni? La paura, l'eccitazione,
la noia, il fremito, il dolore, il piacere… patteggiare con questi
vissuti?
Liberato dalla sue funzioni e dal suo peso (v. metafora digitale) il
corpo fa paura perché in esso riconosciamo una eccedenza, la
sua non-finitezza, la sua impensabilità e irrappresentabilità.
Il corpo è Dio. Tutti gli orifizi si aprono, esplodono, nessuna
chiusura, niente tappi e strozzature. Il mio corpo è diffuso,
illimitato. Il mio corpo è tubo, passa tutto, senza attrito,
senza trattenere. Il corpo è il tutto. Nel frammento c'è
il tutto. In ogni piccola sensazione c'è il tutto, in ogni piccola
azione c'è il tutto. Scompaiono le articolazioni, scompaiono
gli organi e ogni differenza: la mia mano è Dio. Corpo assoluto.
Disintegrazione. Corpo senza organi. Corps morcélé.
Metafisica del corpo-tubo
Uno spazio vuoto, una sincope, una espirazione, una pausa pneumatica.
Un corpo che sopravanza, eccede, straborda ai lati. Sotto la guaina
della pelle il pancreas, la milza, la vagina, il fegato, le reni e gli
intestini, tutti i circuiti, tutti i condotti, i tubi, la carne che
pulsa sotto la pelle, tutto il corpo anatomico, tutto il corpo nascosto,
sanguinante, invisibile, irrigato, che si muove sotto, che si rianima,
si agita, preme, che parla.
E’ il corpo-di-dentro, il corpo profondo, la macchina da ritmo,
dove tutto circola torrenzialmente, i liquidi (linfa, urina, lacrime,
bile, aria, sangue, sperma), dove tutto ciò che, attraverso i
canali, i condotti, i passaggi a sfintere, precipita per le pendenze,
risale sotto pressione, deborda, forza le imboccature; tutto ciò
che circola nel corpo chiuso, tutto quello che s’affolla, che
vuole uscire, che preme e rifluisce. (Novarina)
L’attore qui non interpreta ma si penetra. Non costruisce il suo
personaggio ma disfà il corpo ordinario, sociale. Intraprende
un viaggio a ritroso nella decostruzione del suo io-immagine fino alla
frammentazione… Non compone personaggi ma scompone la sua persona.
Il teatro è interessante solo quando si vede il corpo normale
disfarsi e si vede uscirne l’altro corpo. Il corpo invisibile,
il corpo-di-dentro, il corpo invaginato.
Metafisica dei tubi, dei buchi. Qui l’attore è il corpo-di-dentro.
L’attore utero. L’interno del corpo bucato. Tutto il corpo
bucato, cavo, invaginato come una veste. Non impersonare ma farsi attraversare.
“I tubi sono delle singolari mescolanze di pieno e di vuoto, materia
cava, membrana d’esistenza che protegge un fascio di non-esistenza.
Immagine di Dio stesso. Dio aveva la morbidezza del tubo flessibile
ma restava tuttavia rigido e inerte. Egli conosceva la serenità
assoluta del cilindro. Filtrava l’universo e non tratteneva nulla”.
(A. Nothomb)
“Quando danzo sento molte cose passare attraverso di me, qualcuno
che viene nel mio corpo e poi saluta, e poi un altro ancora, sempre
diversi”. (Min Tanaka)
Teatro Furio Camillo - A. C. L'Archimandrita
Via Camilla 44 00181 Roma
06.97616026 - fax 06.97616027
botteghino 06.7804476 (dalle 17.30)
spettacoli ore 21.00 - domenica ore 18.00
lunedì riposo