Teatro Ambra
Jovinelli, Nutrimenti Terrestri e Terra di Teatri
presentano
“Il mio nome è Caino”
di Claudio Fava
Personaggi e interpreti
Caino Giovanni Moschella
Il dottore Totò Onnis
Il nonno Maurizio Puglisi
Rosario Federigo Ceci
Ravidà David Coco
Pietro Ninni Bruschetta
Totuccio Franco Cicero
Ragazzo Angelo Campolo
Musiche (composte ed eseguite dal vivo) Dounia
Faisal Taher voce
Giovanni Arena contrabbasso
Vincenzo Gangi chitarra
Riccardo Gerbino percussioni
Regista collaboratore Gabriela Eleonori
Scene Mariella Bellantone
Luci Renzo Di Chio
Co-regista video Massimo Coglitore
regia di Ninni Bruschetta
dal 13 al 17 aprile 2004
E se un giorno Caino comprendesse, in un ultimo, definitivo
istante di lucidità, d’essere stato solo uno strumento? Che
persino l’arte del male, la capacità d’essere signore
del destino altrui, di decidere della vita e della morte erano solo un
mestiere come tanti? E se quel giorno Caino decidesse di ribellarsi? Di
strapparsi il vestito stretto che la storia gli ha cucito addosso? Se
scegliesse di non uccidere Abele condannandolo alla vita, alla quotidiana
miseria della vita?
Il nostro Caino è un mafioso. Il più quieto e implacabile
dei mafiosi. Capace di dare la morte senza un’oncia di ferocia né
di ribrezzo. Capace di colmare la misura tra l’uomo e dio in quel
delirio di onnipotenza che il suo rango gli ha regalato.
Finché, giunto all’età in cui si è uomini,
di fronte a un avversario che sembra chiedergli solo di far presto e bene
il mestiere suo, Caino decide di fermarsi. E di attraversare fino in fondo
questo dubbio molesto.
Lo farà senza rinnegare: cercando di capire se la sua vita è
stata solo l’utile complemento ai destini degli altri: a un padre
che gli ha trasmesso le stimmate del comando mafioso; a un amico che gli
ha insegnato affetto ed emulazione;al piccolo circo di sussiegoso uomini
d’apparato che di caino avevano talmente bisogno da ostentarne perfino
l’amicizia…
E forse, quando troverà la sua risposta, Caino saprà spezzare
il corso della storia.
Claudio Fava
Caino è, lo si voglia o no, il progenitore dell’uomo.
E’ un nome che è diventato l’essenza stessa del suo
significato, è un’idea, forse addirittura un concetto, che
non lascia scampo e si afferma sempre, non tanto come fatto (la cui veridicità
è superflua), quanto come realtà. E infatti la realtà
è che la storia la scrivono i vincitori e il più delle volte
chi vince non è esattamente il buono.
Claudio Fava ha questa realtà, la possiede, non banalmente in quanto
vittima, ma perché sa porsi dal punto di vista del dubbio e infatti
scrive una storia di padri e figli, come quella di Amleto, di tormento
e di delirio, come una tragedia greca.
Tra gli scrittori che si sono occupati di mafia, Claudio sembrerebbe il
più tenero con i mafiosi; non fa allusioni ai fatti, non denuncia
lo specifico della mafia, il suo aspetto civile e politico, piuttosto
ne affronta l’umanità, o la bestialità che dir si
voglia. Si mette, insomma, dal punto di vista migliore, quello dell’altro,
da cui si osserva quasi tutto con maggiore chiarezza.
Da quel punto di vista la ragione e il giudizio sono scavalcati da un
fine altro, nient’affatto immorale, ma semplicemente inumano. E’
li da dove si può vedere come si possa finalmente morire di dolore
al cospetto di ciò che è, ciò che è stato
e che sarà, una civiltà in declino.
Questo testo, almeno per me, che voglio metterlo in scena, è esattamente
un “punto di vista”. Un luogo caro a chi ama anche il cinema.
Ma è anche l’occasione,imperdibile, di lavorare con un autore
vivente. La possibilità di mettere in contatto il demiurgo e l’azione
che egli muove.
Snaturare quella funzione, influenzare le emozioni già scritte,
provare e cercare un sentimento comune, chiaro e “traducibile”;
come se tutto potesse diventare come una poesia o una parola forte, un
sentimento sociale e soprattutto umano.
Mi appresto ad affrontare questa messa in scena con la solita disponibilità
che riservo allo spettacolo di impossessarsi di me, ma so già che
non cercherò nulla più che il teatro, nel senso più
tradizionale del termine, e non sarà certo un appello, né
una denuncia, semmai un urlo di dolore, senza compiacimento, senz’amore.
Ninni Bruschetta
Dal 13 al 17 aprile 2004
Teatro Ambra Jovinelli
Via Guglielmo Pepe, 43-47
Biglietto da € 27,50 a € 13,00
Teatro Ambra Jovinelli
Via Guglielmo Pepe, 43-47 Info 06 44340262
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