Angelo
Longoni, regista di “Naja”, esulta dopo la decisione del governo
italiano di abolire il servizio militare obbligatorio
“Naja”,
opera teatrale di grande successo scritta e diretta da lei , e riportata
sul grande schermo nel 1998, è un viaggio nell’inferno delle caserme
tra “nonnismi”, soprusi, prevaricazioni e umiliazioni: era soltanto
una denuncia dei fatti spiacevoli e dei disagi giovanili propri
degli ambienti militari, o era anche un messaggio di speranza?
Quando l’ho scritto no, non c’era nessuna
speranza. C’era la volontà di fare chiarezza all’interno dell’istituzione
militare, ma la speranza di arrivare in così poco tempo poi all’abolizione
della leva non c’era. Sono molto contento che fi-nalmente questo
paese abbia preso questa decisione anche se ovviamente non sarà
molto breve l’attuazione dell’abolizione totale della leva, infatti
ci vor-ranno ancora sette anni. Mi domando se con l’abolizione del
servizio di leva verrà mantenuto in qualche modo il servizio civile
che invece ritenevo molto utile. Detto questo, il fatto che non
ci sia più la naja credo sia un bene sia per le Forze Armate
che per i giovani. Chi vorrà fare il militare lo farà in modo professionistico
e chi invece ha altre cose più importanti da fare non perderà inutilmente
un anno della sua vita. L’importante è che però qualche mese del-la
propria vita per il proprio paese lo si dia, questo secondo me è
importante, per cui spero che l’abolizione della naja non pregiudichi
in qualche modo la possibilità si svolgere il servizio civile.
Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a scegliere l’argomento
della leva per il suo film?
Prima di tutto una denuncia nei confronti
delle Forze Armate e di tutte quelle regole non scritte che governavano
la vita all’interno delle caserme: il nonnis-mo prima di tutto e
tutte le prevaricazioni tra soldato e soldato.
C’è in fondo anche una denuncia nei confronti
dei giovani che purtroppo in queste ultime generazioni soprattutto
tendono ad accettare regole sbagliate, si adeguano passivamente
a regole ingiuste violente e stupide senza avere la forza di ribellarsi
a queste regole, regole anche non scritte ma che vigono nel-la convivenza
in questo caso all’interno delle caserme.
Una sorta di denuncia nei confronti del
conformismo dei giovani che accetta-no senza ribellarsi delle situazioni
sbagliate e questo lo vediamo anche so-cialmente: questa indifferenza,
questa superficialità, questa mancanza di vo-glia di ribellarsi
alle cose sbagliate, lo vediamo tutti i giorni nella società, c’è
una superficialità inquietante soprattutto tra gli adolescenti .
Nei protagonisti di Naja si può ritrovare la proiezione di qualche
sua esperienza personale?
Tutti i personaggi che ho descritto li
ho un po’ conosciuti, quindi sì, la mia esperienza militare è stata
breve ma intensa, tuttavia durante il servizio mili-tare ho girato
molto e ne ho viste di cose.
Ce ne può raccontare qualcuna?
La cosa più divertente – son passati
tanti anni - era l’ospedale militare di Napoli. Lei può immaginare
come sono gli ospedali a Napoli, quello militare era ancora peggio.
Era gestito dagli stessi ragazzi da ricoverare: quindi uno arrivava
all’ospedale e veniva ricevuto da ragazzi in pigiama fino a che
al mat-tino arrivava una suora, i letti erano tutti occupati, ci
facevano bische, i giochi, insomma uno doveva andare a cercare un
letto in cantina dove poter dormire…vabbè insomma era molto divertente!
Qual è la sua posizione in merito alla decisione del governo di
abolire la leva?
Tardiva ma…meno male che è arrivata.
Credo che non ci sia bisogno di un esercito di popolo, molto meglio
di professionisti.
- Articolo
L'Italia
dice addio alla Naja
- Il Parlamento
ha votato a sfavore della leva obbligatoria -
Entro sette anni gli italiani avranno un esercito di volontari
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