La
violenza “liberticida” del servizio di leva e le sue
ripercussioni
psicologiche. L’antica piaga del nonnismo
Ne parla a ItalyMedia
la scrittrice e psicologa Irene Bozzi
Spesso
si è sentito parlare dell’ambiente militare come di un luogo
in cui la personalità del singolo veniva sacrificata in nome
di un patriottismo e di un corporativismo esasperati.
Qual è il suo parere in merito all’inserimento di un giovane
in un ambiente siffatto?
Dobbiamo partire innanzitutto da una cosa che secondo me è
molto importante: fin da bambini noi elaboriamo il pensiero
morale, in base a quello che è il rapporto educativo con la
famiglia e con l’ambiente in cui si vive. Per quanto riguarda
la rigidità dell’ambiente militare e l’alta competitività
questa può portare o può creare delle situazioni anche di
disagio del ragazzo perché molto spesso coloro i quali sono
disagiati sono giovani che non sono abituati ad alcune situazioni
di alta competitività e aggressività e quindi di frustrazione
che caratterizzano un ambiente di un certo tipo e quindi può
capitare che si creino delle situazioni di alta tensione tra
questi giovani.
D’altro canto il fatto che tutti gli ambienti siano così descritti
può essere vero, però oggi molto meno di quanto non lo era
ieri. Io ho vissuto nell’ambiente mi-litare perché mio padre
è un ex militare e quindi ho visto anche come può in parte
funzionare avendo vissuto, essendo nata in fin dei conti nell’ambiente
militare e si nota che da un lato in alcune situazioni c’è
un’eccessiva rigidità e un’eccessiva competitività e aggressività
e poi una poca possibilità di riuscire effettivamente ad esternare
se stessi.
D’altro canto ci sono degli ambienti meno pesanti, molto più
positivi, molto meno negativi. Lei prima mi chiedeva dell’eccessivo
patriottismo: è un mondo di valori a volte che è diverso da
quello che è fuori dalla caserma e quindi a volte diventa
eccessivo, troppo rigido con schemi che non sono quelli che
il ragazzo invece ha vissuto all’interno della propria famiglia
o all’interno dell’am-biente sociale all’interno del quale
vive e quindi si può trovare in una situazio-ne di profondo
disagio.
Quali ripercussioni può avere sulla formazione del giovane dal punto
di vista psicologico?
Se è eccessivo il rapporto di potere e il rapporto di aggressività
allora questo può creare delle situazioni di frustrazione molto
forte e come abbiamo visto possono accadere anche dei drammi.
Il
“nonnismo”, a suo parere, mieteva vittime deboli, ossia ragazzi
psicologicamente attaccabili, indifesi, o era lo specchio di un
sistema “liberticida” fondato sulla negazione del “diritto di scelta”
e sull’obbligo di assolvere il servizio militare?
Il nonnismo è il lato negativo di una situazione che nasce molto
probabilmente proprio da un forte sentimento di competitività e
di aggressività, dove l’aggressività non è positiva ma diventa un’aggressività
negativa e quindi violenza. Sicuramente è deplorevole, da condannare
una situazione del genere, cioè io non sono assolutamente concorde
nell’inserire forzatamente un ragazzo in una situazione come questa.
La causa del nonnismo può venir fuori sicuramente dalla situazione
di un am-biente dove la frustrazione è molto alta e quindi si è
considerati dei numeri e allora all’interno di un contesto del genere
dal punto di vista psicologico può venir fuori una sorta di meccanismo
di difesa da parte di alcuni che diventano quindi violenti, e vogliono
fare i leader, ma leader negativi. Il gruppo noi sap-piamo che soprattutto
nell’età dell’adolescenza e nell’immediata post – adole-scenza (dove
i giovani hanno bisogno di sentirsi per realizzare se stessi) è
formato da una struttura nella quale alcuni emergono come dei leader
ed altri sono dei sottomessi e in questo contesto è abbastanza facile
che si vengano a creare delle situazioni come quelle del nonnismo.
D’altronde può succedere che in certe situazioni diventi esasperato
questo discorso e il fatto del gruppo e del leader negativo che
viene seguito dal resto del gruppo che si sottomette nasce da una
situazione di estrema conflittualità di tutti quelli che sono i
componenti del gruppo stesso e quindi c’è chi sovrasta l’altro c’è
chi si allea con il leader negativo c’è chi mitizza e imita lo stesso
leader negativo e possono venir così fuori delle situazioni veramente
spiacevoli, terribili.
Invece cercando di educare a comprendere i sentimenti, ad avere
un campo di valori diverso da quello che invece viene a crearsi
in una leadership negativa allora a quel punto si riesce forse a
superare il problema. Certo è che molto spesso questo cose nascono
anche dall’ignoranza e nascono anche in situa-zioni diverse da quelle
del servizio militare perché situazioni analoghe le possiamo trovare
anche in altri gruppi, nelle famose bande per esempio, perché i
giovani nel gruppo arrivano ad imitare il leader negativo per affermare
la propria identità, perché ognuno la afferma a suo modo: il leader
negativo afferma la propria, e chi è sottomesso, chi subisce situazioni
tragiche, imita il leader negativo mitizzandolo. Gli uni e gli altri
quindi diventano carnefici e allo stesso tempo coloro i quali soccombono
ai carnefici.
Qual è la sua opinione in merito all’abolizione della leva?
Lo sono d’accordo nell’abolire la leva perché in fin dei conti è
una situazione costrittiva per un giovane perché un giovane viene
tolto dal proprio ambiente, inserito in un ambiente che è completamente
diverso dal suo, dove purtroppo possono succedere anche prevaricazioni
e soprusi e soprattutto perché pro-prio in quella che dovrebbe essere
l’evoluzione dei ragazzi. Prima erano due anni poi è stato ridotto
il periodo, però comunque è un’interruzione che non sempre giova
alla vita dell’adulto. Certo è che ci sono persone che si sono trovate
bene a fare il servizio militare, ci sono persone che hanno imparato
delle cose. Però secondo me deve essere una scelta, per alcuni poi
diventa anche una scelta di vita, di voglia di aiutare gli altri
di fare qualcosa. Oggi non è più una situazione dove lo scopo è
l’offesa ma anche la difesa, non solo la difesa di patria ma anche
per portare aiuto agli altri come è successo e come succede spesso
tra coloro i quali fanno il militare.
C’è un’apertura diversa: mentre prima era una cosa che si faceva
perché biso-gnava farla era obbligatorio farla e se non la facevi
passavi i guai, venivi perse-guito dalla legge perché non lo facevi.
Spero che d’ora in poi non ci saranno più grandi problemi come quello
del nonnismo.
- Articolo
L'Italia
dice addio alla Naja
- Il Parlamento
ha votato a sfavore della leva obbligatoria -
Entro sette anni gli italiani avranno un esercito di volontari
|