Incontro
con l'effervescente artista, al timone di un'interessante rappresentazione
al Teatro dei Cocci di Roma
Daniela
Cenciotti, una genovese sbarcata a Roma, ma passando per Napoli
La
regista esplora il mondo della religiosità popolare con
un testo di Manlio Santarelli. Risultato: quattro conversazioni
(a senso unico) con San Gennaro
di
Patrizia Notarnicola
Dal
10 al 20 ottobre il pubblico romano ha un appuntamento al Teatro
dei Cocci. Va in scena lo spettacolo Per disgrazia ricevuta-Il
mio cuore nelle tue mani. La regia è di Daniela
Cenciotti, di origine ligure, ma profonda conoscitrice della cultura
napoletana, soprattutto dei classici del teatro partenopeo.
Daniela,
come nasce questo spettacolo?
Dalla creatività di Manlio Santarelli, un autore napoletano
tradotto in tutto il mondo, dalla Francia all' Inghilterra, dalla
Polonia alla Russia.
Quale
storia racconti?
Quella di quattro donne e di San Gennaro. Neanche a dirlo, è
una storia ambientata a Napoli all'interno della chiesa di san
Gennaro. Ma in ciascuno dei due atti viene messo in discussione
il rapporto con il Santo.
In
che modo?
Attraverso quattro personaggi, quattro donne così ben definite
da Manlio e interpretate da due bravissime attrici, anch'esse
partenopee, Tina Femiano e Valeria Vaiano. Nella prima parte due
donne hanno già chiesto a san Gennaro una grazia. L' hanno
ricevuta ma il Santo ha esagerato!Ed ha creato dei problemi. In
genere si dice: <<Troppa grazia Sant'Antonio!>>. In
questo caso dovrebbe dirsi: <<Troppa grazia san Gennaro!>>.
Nella seconda parte l'argomento diventa meno surreale, pur rimanendo
al limite dell'ironia, piuttosto sconfinando nel sarcasmo. Due
donne chiedono la stessa grazia per i loro figli. Questi ultimi
però sono in posizioni opposte: uno è un camorrista,
uno un poliziotto.
San
Gennaro compare mai sulla scena?
No. In questo caso San Gennaro siamo noi, è il pubblico.
Siamo lì ad assistere alle invocazioni delle fedeli senza
esprimerci, esattamente come il Santo.
C'è
forse nel tuo spettacolo una citazione di un famoso sketch della
Smorfia, quello in cui Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo de
Caro chiedono ad un San Gennaro (che non compare e non parla mai)
di farli vincere al lotto?
No, non l' ho tenuto presente ma non mi sorprende questo tuo collegamento.
Il rapporto che si ha col proprio santo, soprattutto a Napoli,
è talmente particolare che tanti artisti in vari campi
vi hanno fatto riferimento.Per esempio c'è una poesia,
molto drammatica, che si chiama La Madonna del Carmine. Una donna
batte la sua mano contro il vetro che protegge una statua della
Vergine. Le dice: "Tu sei riuscita a stringere al petto tuo
figlio. Io no perché perdo i miei bambini prima ancora
che nascano. Cos'altro vuoi da me? Ti ho dato i miei orecchini,
ho fatto dei voti, ti ho dato tutto, cos'altro vuoi da me?".
Qui è molto forte il rapporto con l'aldilà, il cielo,
Dio, piuttosto che il Santo, piuttosto che la Madonna o un'altra
entità. Soprattutto a Napoli è un rapporto quasi
carnale.
Lo
è anche in questo spettacolo?
San Gennaro è amante, marito, complice, amico, ma
non c'è! Ma non c'è.
Hai
avuto difficoltà a creare una presenza
assente?
No, perché è una presenza creata non da me ma da
chi crede. E sulla scena ci sono personaggi che credono. Come
nella realtà ciascuno di noi crede a quello che vuole.
Non è così anche nei rapporti d'amore? In fondo,
nella fase dell'innamoramento, l'altra persona è ciò
che noi immaginiamo. Nella maggior parte dei casi l'amore resiste
solo se il film che abbiamo girato nella nostra testa è
abbastanza simile al compagno o la compagna che abbiamo vicino.
Hai
curato la regia anche di classici del teatro napoletano, da Miseria
e nobiltà a Il medico dei pazzi. Come ti è sembrato
il confronto con questi capolavori?
Nel caso degli spettacoli da te citati, il loro autore, Scarpetta,
ha costruito dei meccanismi scenici talmente puliti, precisi,
che è stato divertente andarseli a riscoprire. Sono perfetti!
Mettere in scena un buon testo, equilibrato, scritto bene, diventa
semplice.Soprattutto se interpretato da attori bravi, come mio
marito Carlo (ndr. Croccolo)
Dunque
il primo atto di una buona regia è la scelta di un buon
testo e di bravi attori?
Ho sempre detto che preferisco arrivare al debutto con la compagnia
che si esibisce senza scene, vestita in jeans ma che racconta
una storia. Se la storia c'è posso andare in scena così,
anche a lume di candela