Anche
la comicità può creare un legame speciale
tra uomini e animali
"Il mio amico Has Fidanken"
Gianfranco
D'Angelo e l'indimenticabile cocker che lo affiancava in
Drive in
di Patrizia
Notarnicola
Sono
passati molti anni da quando Gianfranco D'Angelo era un
impiegato della Sip che si divideva tra il lavoro, la famiglia
e la sua grande passione, il teatro, a cui si dedicava con
entusiasmo ogni sera sul palcoscenico del Bagaglino. L'esordio
televisivo nel 1971 con Raffele Pisu in Foto di gruppo
gli cambiò la vita. Da allora sono stati tantissimi
i personaggi del mondo dello spettacolo al fianco dei quali
D'Angelo è stato protagonista di programmi per la
tv e di spettacoli teatrali, da Raffaella Carrà a
Garinei e Giovannini, da Pippo Baudo ad Ezio Greggio, da
Erica Blanc a Brigitta Boccoli. Ma tra i suoi compagni d'
avventura ce n'era uno molto particolare, il mitico Has
Fidanken .
Gianfranco,
il pubblico non dimentica "i dialoghi" tra te
e il cane Has Fidanken a Drive in. Era il 1986. Che
ricordo hai di quel bellissimo cocker?
Il ricordo di un amico. Posso dire "di un collega"?
A parte gli scherzi, ancora in parecchi mi chiedono "Has
Fidanken come sta?". Una volta in aereo incontrai un
signore distinto, un primario titolare di cattedra all'università
di Padova. Mi fece anche lui la stessa domanda.
Come
nacque l'idea di quegli sketch?
Has Fidanken era il cane di un mio caro amico, Peppino Palombo,
che ama gli animali in modo speciale. Lo portò una
volta nello studio dove registravamo Drive in
e subito ad uno degli autori, Enrico Vaime, vennero in mente
i due personaggi del cialtrone Armando e del suo cane. Io
annunciavo cose incredibili che immancabilmente non accadevano.
Per esempio: <<Guardate, adesso farà un doppio
salto mortale>>. E poi il tormentone: <<Hassfidankennnnnn>>.
Il cockerino era lì sempre fermo. La comicità
nasceva dal non sense della situazione. D'altronde
tutta la trasmissione si basava su uno schema demenziale
che volutamente si poneva contro il varietà tradizionale
dell'epoca. Drive in era un anti-varietà.
E,
secondo te, Has Fidanken come viveva quell'esperienza?
Si divertiva! Non lo abbiamo mai costretto a nulla, diversamente
da quello che tante volte succede al circo dove gli animali
vengono addestrati, in qualche modo "violentati",
per riuscire a fare delle cose. Nel nostro caso accadeva
esattamente il contrario. Has Fidanken si comportava normalmente.
Non aveva paura, non tremava, mi ascoltava come se capisse.
Stava fermo perché gli andava di star fermo e poi,
finita la registrazione, correva per lo studio e diventava
vivacissimo.Racconto questo perché tante persone
all'epoca mi fermavano preoccupate chiedendomi se, per tenere
buono il cagnolino, gli dessimo qualcosa o lo trattassimo
male. Invece io lo vedevo con piacere anche a prescindere
dal programma e lui mi riconosceva.Adesso non c'è
più.
Nella
tua privata che rapporto hai con gli animali?
Un rapporto di simpatia. Ho imparato ad amarli ancora di
più grazie a mia figlia Daniela che li cura, li raccoglie
dalla strada e passa parte della sua vita dedicandosi a
questa attività. Io e mia moglie abbiamo un cane
e un gatto. Per il resto faccio un lavoro che rende difficile
portarsi dietro degli animali. Molti colleghi lo fanno.
Per esempio, quando eravamo in scena con "Il padre
della sposa", Erica Blanc portava sempre con sé
uno dei suoi sette cani. Lo portava in camerino, in teatro.
Un giorno decisi di farlo entrare in palcoscenico e il pubblico
lo accolse subito con un grande applauso. Era eccezionale!
Hai
sempre avuto questo atteggiamento positivo?
Si. Da giovane un cagnetto mi prese con i denti il polpaccio.
Me lo portai appresso per almeno cento metri. Non ho avuto
una reazione violenta. Mi rendevo conto che lui giocava,
mi aveva visto correre ed aveva seguito il suo istinto venendomi
dietro. Se i cani non sono addestrati ad atteggiamenti violenti
o di difesa, sono buoni.Io non ho paura di loro e loro non
hanno paura di me. Al contrario, ci comprendiamo bene. Il
mio gatto, ad esempio, sa capire di che umore sono! Quando
si rende conto che sono un po' nervoso, che ho dei pensieri,
si mette lì vicino, sta buono, e si limita a guardarmi
senza salire sulle mie gambe, come invece fa in genere.
Ti
è mai capitato di soccorrere un animale abbandonato
o in difficoltà?
La scorsa estate mentre ero a Palermo dove ero in scena
con una commedia di Plauto. Una notte, verso le due, per
strada c'era un cane. Sembrava fosse stato investito da
una macchina. Io e i miei compagni di lavoro ci siamo fermati
ed abbiamo telefonato al 113. Per fortuna ci siamo resi
conto che il cane non s'era fatto nulla. Stava semplicemente
lì sdraiato. Noi eravamo impressionati, ritenendolo
in fin di vita quando, invece, ad un certo punto lui si
è grattato con la zampetta, si è alzato e
se ne è andato.Nonostante il felice epilogo, abbiamo
aspettato la macchina della polizia per correttezza. Ma
questa non è mai arrivata!
Come
Erica Blanc, tua figlia Daniela e tanti altri personaggi
dello spettacolo, anche tu hai contribuito alla raccolta
delle firme per la istituzione del pronto soccorso gratuito
per gli animali nel comune di Roma. Cosa ti ha convinto
ad aderire alla nostra iniziativa?
Un pronto soccorso gratuito è un'espressione di civiltà.
Viviamo nel 2002, è il minimo che si possa fare per
gli animali. Anzi, doveva essere fatto prima. Credo che
riusciremo a trovare molti altri sostenitori che faranno
aumentare il numero, già alto, delle 10.000 firme
raccolte. E' importante aiutare anche chi è in difficoltà
economica e non può affrontare le spese veterinarie.
A
chi ti riferisci?
In particolare agli anziani che si trovano in queste condizioni
e che più di altre categorie hanno bisogno della
compagnia degli animali, soprattutto quando non stanno molto
bene in salute. Aiutando gli animali si aiutano le persone
e viceversa.
Nonostante
sia difficile verificare l'esattezza delle cifre, è
un dato di fatto che gli animali vengono ancora abbandonati.
Come lo spieghi?
E' vero, è molto difficile stabilire se di anno in
anno sono un po' più o un po' meno gli animali abbandonati.
L'unica cosa certa è che l'uomo qualche volta è
peggiore degli animali. Basta pensare ai due barboni uccisi
qualche tempo fa su una panchina a Prato senza un vero motivo.
E' la dimostrazione che l'essere umano di per sé
è cattivo, non si fa molti scrupoli. Abbandonare
un animale è per tanti come lasciare una cicca di
sigaretta lungo la strada. L'unica soluzione sarebbe educare
la gente, sensibilizzarla.
Se
non c'è l'amore, cosa spinge a prendere con sé
in casa un cane o un gatto?
Per molti è un fatto di moda, di costume. C'è
persino chi sceglie cani di razza o frutto di incroci particolari
semplicemente per esibirli e risultare così originali.
In questi casi di certo gli animali non vengono abbandonati
perché sono costati tanto, sono tenuti in gran conto
come accessori di abbigliamento firmato. Chi invece ha comprato
un cane tanto per emulare qualcuno, quando si accorge che
è un grande impegno, con la stessa facilità
con cui lo ha preso lo abbandona senza porsi dei perché.
Il
tatuaggio potrebbe prevenire l'abbandono. Tatuare un cane
significa dotarlo di una carta d'identità e, in caso
di smarrimento o di abbandono, risalire al proprietario.
Che ne pensi?
Secondo me i malviventi troverebbero un modo per cancellarlo.
Ma, se c'è qualche possibilità di disincentivare
gli abbandoni, ben venga anche il tatuaggio.
E
come giudichi l'assenza di una legge penale che preveda
come fattispecie autonoma di reato i combattimenti clandestini
degli animali?
Non c'è in Italia, dove questi combattimenti stanno
diventando più frequenti negli ultimi anni.Questo
fenomeno è un sintomo della mancanza di cultura e
di conoscenza del mondo animale sia da parte dei malviventi
che, in fondo, del legislatore.
Allora
sarebbe meglio insegnare già ai bambini nelle scuole
cosa vuol dire "amare gli animali"?
Si, sono d'accordo. Educare i bambini soprattutto, anche
se, quando si è piccoli, ci si diverte a fare dispetti
pesanti agli animali. Bisogna far capire che gli animali,
come le persone, sentono dolore, soffrono. Per questo ci
vuole rispetto. Il discorso si potrebbe fare molto più
ampio, ma limitiamoci a questo punto di partenza, il rispetto
per tutti gli esseri viventi.