INTERVISTE ItalyMedia.it
023

Un pomeriggio speciale a casa di Lino Patruno
Tutti i segreti del re italiano del jazz
Dalla musica al teatro e al cinema passando per la politica e Berlusconi: la storia di un italiano doc

di Rossella Bacchiocchi

Lino PatrunoRoma. Un pomeriggio come tanti in questa stagione. Un pallido sole dopo molte ore di pioggia e un’aria carica di umidità. Appuntamento alle 15 a casa di Lino Patruno. Un viaggio pieno di ansia e di assoluto timore per l’incontro con una persona il cui spessore è la risultanza di una vastissima esperienza artistica ed umana. E che, dietro un sorriso ed un aspetto da affascinante cinquantenne (e se alla anagrafe gli anni risultano essere qualcosina in più … probabilmente ci deve essere stato un errore!) è, comunque, la testimonianza vivente e attiva di una sorta di romanzo epico fatto di grandi nomi, grandi uomini e grandi sogni.

La casa, confortevole e accogliente, miscela passato e presente e regala interminabili emozioni. Alle pareti centinaia di dischi, di libri e di film. Sul divano, accomodante e rilassato, un interlocutore capace di riuscire a calmare persone che hanno fatto dell’ansia e dell’irrequietezza le proprie compagne di viaggio.

Sei un personaggio poliedrico: hai fatto di tutto, dal teatro al cinema alla musica. Volevo chiederti proprio della musica, come nasce la passione per il jazz. Cominci giovanissimo negli anni 50/60 a Milano.
La passione per il jazz nasce per diverse ragioni, non c’è un solo motivo. A monte di queste ragioni c’è il fatto che ho scoperto questa musica improvvisamente, ascoltando un disco che mi era stato prestato, un 78 giri della Roman New Orleans Jazz Band che era stata la prima orchestra italiana a fare questo genere di musica. A quel tempo fortunatamente il rock and roll non era ancora nato e mi pare che Sanremo fosse proprio agli albori, per cui l’unica alternativa alla musica italiana era il jazz tradizionale. Il jazz allora non veniva dagli Stati Uniti, veniva dalla moda francese dell’esistenzialismo. Era stato la colonna sonora dell’esistenzialismo di Sartre, Cocteau, Juiliette Greco, negli anni 40 ad opera di un famoso sopranista e clarinettista di New Orleans, Sidney Bechet, che si era trasferito a Parigi dopo la guerra. Di riflesso questa moda arrivò in Italia per cui si poteva assistere ai concerti nei teatri come l’Eliseo di Roma e il Manzoni di Milano con manifestazioni di entusiasmo incredibile. Adesso, a distanza di 50 anni, riscontro lo stesso interesse da parte della gente per qualche cosa di differente dalla banalità del momento, visto che la musica oramai è finita 30 anni fa. Adesso non c’è più musica ed è per questo che la gente si ritrova ad applaudire le cose del passato. L’altra ragione era che il jazz rappresentava un po’ la musica degli snob, cioè della gente che in qualche maniera voleva distinguersi dagli altri. Allora si diceva "faceva distinto" cioè ci si distingueva ascoltando il jazz e quando hai 18 anni succede di voler sembrare diverso dagli altri.

La musica in quel periodo era un veicolo di informazione, era un modo per raccontare agli altri se stessi.
Una volta c’erano le sale da ballo, come purtroppo ci sono le discoteche oggi, ma nelle sale da ballo c’erano le orchestre che suonavano. In quel tempo avevamo un locale a Milano che si chiamava Santa Tecla dove si ballava con il jazz quindi la gente era abituata a ballare il jazz come succedeva negli anni ‘20 e durante l’era dello Swing. Una musica che si suona nei locali dove sono raccolte delle persone è sempre stata un veicolo di espressione.

E adesso come si è evoluta la situazione?
Adesso dobbiamo essere grati alla televisione che è orrenda, per cui la gente esce di casa e ha voglia di vedere noi, di sentire delle cose diverse da quelle che gli sono offerte dai media.

Da parte del pubblico c’è stato un cambiamento nel rapportarsi al jazz ?
Adesso è meraviglioso. Tutti i lunedì sera suono in un locale di Roma che si chiama New Orleans Cafè e devo dire che la gente è impazzita per questo tipo di musica. La musica che noi suoniamo è anni ‘20/’30 e la cosa che stupisce è che il pubblico non è rappresentato solo da gente, diciamo anziana, ma anche da ragazzi di poco più di 20 anni.

Nel corso della tua carriera sei venuto a contatto con i grandi della storia del jazz.
Ho suonato con Joe Venuti, con Bill Coleman, con Teddy Wilson, con Wild Bill Davison, con Bud Freeman e tantissimi altri…è stata una grande gioia poter suonare con queste persone. Il jazz è la mia vita, faccio anche altre cose ma una vita senza jazz sarebbe talmente banale che forse sarebbe meglio non viverla.

Che rapporto hai con gli strumenti che hai suonato ?
Li amo. È un rapporto quasi fisiologico a volte mi fanno anche molto male infatti questo è un periodo di sofferenza ho il "braccio del chitarrista" sono due mesi che sto curandomi una spalla, non dovrei suonare, ma sarebbe impossibile non farlo.

Cosa pensi della musica di oggi , dei giovani. Che futuro pensi che possano avere ?
Mi dispiace tanto che la maggior parte dei giovani di adesso non possano vivere le gioie che la musica potrebbe dare loro. La musica di oggi è una musica per dementi e purtroppo credo che fra 20 anni non ci sarà più musica.

Non credi nemmeno nella possibilità di un recupero ?
No anche perché non c’è ragione né da parte dei media né da parte di chi detiene il potere. Così come si vuole fare la guerra a Saddam Hussein, nello stesso modo si vuole evitare che la gente possa pensare a recuperare determinate cose che economicamente non sarebbero vantaggiose, quindi bisogna vendere le stupidità. E questo non riguarda solo la musica ma anche il teatro, il cinema, la letteratura e considera che quelli che hanno ancora successo sono quelli della vecchia guardia come ad esempio Camilleri. La gente che viene al locale e scopre questa musica la impara a conoscere qui, perché non ha altro genere di riferimenti. E’ come una specie di limbo, una cultura cancellata. Una volta se moriva un personaggio, dalla sera stessa cominciavano a fare delle rassegne su questo. Qualche mese fa nello stesso giorno sono morti Marina Berti, Raf Vallone e Lello Bersani e i media se la sono cavata con qualche parola al telegiornale, alla TV nemmeno un film con Marina Berti o Raf Vallone che sono stati alcuni fra i protagonisti del cinema degli anni ’40 ‘50 e ’60. Si tende a cancellare, cancellano la storia, perché oramai sono tutti presi dal mondo dell’immaginario, dal mondo berluscon-celentanoide come lo chiamo io, quello fatto di banalità, di stupidità e di tette, sederi e calendari. E’ tutto molto triste, siamo in un mondo con valori zero.

Dal punto di vista della musica jazz come si presenta il 2000 ?
Un disastro. Non amo il jazz di oggi, non amo il jazz da 30 anni a questa parte. Non c’è più sperimentazione, non c’è più niente. I dischi jazz di adesso non sono più interessanti. Per me il genere è finito negli anni 60 e io continuo a seguire quelle cose che sono poi quelle che mi danno gioia e che mi hanno formato.

Parlando di televisione: come è nato il tuo rapporto con la TV. Venivi dal teatro, dai palcoscenici, quindi ti sei trovato ad affrontare un nuovo genere di pubblico ?
Beh io ho cominciato a farla molto presto nel 1957 con la trasmissione "Crociera d’estate" presentata da Enzo Tortora e in quel tempo la televisione veniva fatta in diretta, quindi, dal momento che non si trattava di talk-show, si provava molto. Cominciai a fare programmi nei quali il jazz c’entrava anche se non tantissimo. Mi ricordo che il sabato sera in televisione si poteva assistere a degli eventi eccezionali come la registrazione del concerto al teatro Lirico di Milano del concerto di Ella Fitzgerald e Duke Ellington. In quel periodo la televisione era bella anche perché la facevano i professionisti. La facevano gli attori. Spesso si faceva teatro in televisione. Poi sono arrivate le soap opera che sono come i musical all’italiana che a loro volta sono come i western all’italiana… vale a dire il trionfo della banalità.

Come è stato lavorare con Tortora anche perché la notorietà televisiva ti è arrivata lavorando con lui per 4 anni a Portobello
Era una persona molto riservata. Abbiamo lavorato assieme ma non siamo mai riusciti ad avere un rapporto di amicizia nel vero senso della parola. Era cordiale, gentile e molto professionale ma aveva la tendenza a stare molto per conto suo. Quando la sera, finita la trasmissione, si andava a mangiare con tutto lo studio, lui stava sempre un po’ in disparte, non si metteva a far casino con noi.

Comunque Enzo è stato l’unico conduttore a inserire il jazz in una trasmissione in prima serata.

Parliamo di teatro, altra grande passione. Tu hai da poco finito una tournée con "La Signora in Blues". Trovi un cambiamento nel pubblico?
Con "La Signora in Blues" ho fatto due stagioni ed è stata un’esperienza piacevole. Un testo molto bello, molto poetico. Il pubblico è sempre lo stesso, quello che c’era 30 anni fa c’è ancora adesso. Il pubblico che ama andare a teatro è quello che sa fare le sue scelte e che alla fine decreta il tuo successo

Parlami un po’ di Nanni Svampa.
Abbiamo cominciato insieme a fare cabaret. Io facevo solo jazz in quel periodo. Ci siamo conosciuti tramite una mia vecchia fidanzata e abbiamo formato il gruppo dei Gufi. Lui è un uomo molto intelligente, molto simpatico molto sarcastico e c’è ancora un bel rapporto fra noi. I Gufi mi hanno portato in teatro e io devo essere grato al teatro perché ho imparato la dizione, ho imparato a stare in palcoscenico, a recitare, a muovermi, tutte cose che non avrei saputo fare facendo solo jazz

Hai sempre tentato di fondere ogni tua iniziativa con il jazz
Il mio desiderio sarebbe fare un tutt’uno come successe nel film " Bix" di Pupi Avati a cui collaborai in qualità di cosceneggiatore e di produttore della colonna sonora.

1976: Amarcord. Federico Fellini
Quando noi debuttammo in teatro al Fiammetta a Roma nel 1966 il nostro impresario Remigio Paone chiese a Federico Fellini di darci una mano ad andare in scena. Allora andammo a fare il nostro spettacolo nell’ufficio di Fellini, davanti a 4 persone e a noi abituati al rapporto con il pubblico ci sembrò di recitare nel gelo più completo. Fellini ci diede dei consigli soprattutto sul trucco e sui movimenti coreografici. Dopo qualche anno mi prese per interpretare la parte di uno satudente in "Amarcord" perché lui diceva che avevo la faccia da bambino. Ma come succede quasi sempre, molti furono i tagli rispetto alle scene che girammo. Però è stata un esperienza. E poi c’è stata una bella conoscenza fatta di stima reciproca che è continuata nel tempo

Tu hai lavorato con tantissime persone. Ricordavi prima Pupi Avati, ma ci sono anche Carlo delle Piane, Maurizio Micheli. Fai parte della Giuria del David. Come è il cinema?
Conosco Carlo delle Piane fin dagli anni ’60. Maurizio Micheli è il mio migliore amico, ci conosciamo da oltre 30 anni. Con Pupi Avati addirittura dalla fine degli ani ’50; lui suonava il clarinetto in una band bolognese che aveva due clarinettisti, l’altro era Lucio Dalla. In quanto al David di Donatello devo dirti che di bei film adesso se ne vedono molto pochi; "L’imbalsamatore" è uno di quelli. Comunque se vuoi vedere un capolavoro vai a vedere "il pianista" che è un grande film. L’anno scorso abbiamo assistito ad un grande evento che è stato "Il mestiere delle armi". Attualmente per avere un film meraviglioso ce ne vogliono cento che valgono poco o niente

Ci sono delle leggi di mercato che ti hanno un po’ ostacolato sia come jazzman che in altre tue produzioni?
Si le leggi ci sono, esistono ma io sono sempre stato un po’ lontano da queste cose. Quando faccio una cosa non la faccio perché piace alla gente ma perché principalmente piace a me. Poi incido per la mia etichetta oppure per la Jazzology di New Orleans che mi pubblica un disco all’anno e me lo distribuisce in tutto il mondo..

Ma così non si viene a creare una distanza tra il mercato e il prodotto.
Vedi il mercato non c’è. Il mercato dei discografici non ha nessuna differenza col mercato dei salumieri con tutto il rispetto che ho per questi ultimi e a me non interessa fare dei dischi solo per farli vendere

I festival jazz ?
Quello di San Marino non lo faccio più grazie ad un politico di nome Claudio Podeschi che ha deciso di passare alla storia privando i sanmarinesi del Festival del Jazz dopo otto anni; mentre per quello di Crotone mi danno l’O.K. un paio di mesi prima e c’è poco tempo per fare una programmazione come di dovrebbe.

La partecipazione della gente è magnifica pensa che a quello di Ancona in dieci giorni si registrano 80/90 mila persone.

Lino Patruno nell’Italia di adesso come si vede? Il jazz parla dei turbamenti dell’anima, dell’inquietudine. Li avverti nella realtà di oggi ?
Mah io mi vedo come un turbamento. Io sono un turbamento per la gente. Oggi più di prima esiste la censura e poi viviamo in un momento politico talmente inutile e vergognoso all’insegna della stupidità. Non c’è neanche la voglia nella sinistra di rimettersi insieme, pensa tu come si possono sentire i giovani che non si vedono appoggiati, non si sentono garantiti idealmente da nessuno…

E Silvio Berlusconi …?
Beh lui cantava delle canzoni francesi, abbiamo avuto modo anche di farlo assieme. Ci siamo conosciuti a casa di Bettino Craxi e in quell’occasione lo accompagnai con la chitarra in "que rest til " poi ci siamo messi a parlare e io gli ho chiesto "Silvio, ma tu non fai jazz nelle tue reti, perché?" e lui guardando il suo "portaborse" "come non lo facciamo?? Beh bisogna correre ai ripari. Allora Lino senti una cosa prenditi il numero di Urbano, lo chiami, fate un progettino e poi mi chiamate per mettere a punto la questione". Io dopo 3/4 giorni chiamo Urbano e lui mi dice "scusa mi potresti chiamare tra un mese che ho da fare ora?". Il mio rapporto con la Fininvest è finito lì!

Torniamo alle cose serie, torniamo al cinema. Con chi ti piacerebbe collaborare ?
Adesso ho un progetto vorrei debuttare nella regia con una storia che ho scritto che riguarda Nick La Rocca, il primo jazzista che incise il primo disco della storia del jazz nel 1917disco jazz. Morì nel ‘61 disperato del fatto che nessuno si fosse mai accorto di lui mentre la gloria e gli onori sono stati per Armstrong, Ellington, Bix, Goodman etc. Il padre di Nick La Rocca era di Salaparuta il provincia di Trapani e qualche anno fa ci andai e parlai con il sindaco di questo straordinario personaggio. Poi scrissi un articolo su di lui sul Corriere della Sicilia e finalmente qualcosa si è cominciata a muovere tanto che l’ano successivo fui invitato all’inaugurazione dell’auditorium Nick la Rocca.

Per quanto riguarda il film comunque trovo molte difficoltà.

Se ti fosse data l’opportunità di organizzare una jam session con la storia con chi vorresti suonare ?
Beh in un certo senso lo sto già facendo. Sto pubblicando una collana jazz e uscirà tra poco un disco nel quale ricordo il primo chitarrista jazz della storia per il centenario dalla nascita Eddie Lang, che in realtà si chiamava Salvatore Massaro. Grande amico di Joe Venuti che a sua volta nell’ultimo periodo della sua vita è stato uno tra i miei più cari amici. Il mio sogno sarebbe quello di poter fare un grande concerto con tutti i grandi musicisti jazz alla Carnegie Hall di New York che in passato è stato il tempio dei concerti jazz.

Che vuoi fare da grande ?
Sai che vorrei fare? Vorrei fidanzarmi. Io sono un libertino impenitente e in tutta la mia vita non ho fatto altro che amare, seppur sporadicamente, delle fanciulle fidanzate con altri. Una volta tanto vorrei fidanzarmi regolarmente!

E’ importante l’amore nella vita ?
Per me l’amore non è quello delle grandi storie, anche se io ho avuto delle lunghe storie. L’amore è quello di quando incontri una ragazza che ti piace e le fai la corte e lei ci sta. Può succedere anche una volta ogni due tre giorni ed è sempre bello. E’ il momento della conquista che mi interessa, è un momento meraviglioso

Il jazz aiuta. L’essere famosi in generale aiuta nelle conquiste ?
Non lo so anche perché quando avevo 20 anni avevo già una certa popolarità per cui ero sempre presente in qualche manifestazione … dovrei parlarti di quando andavo a scuola ma ero troppo giovane. Una mia grande dote è la sincerità. Io son fatto così per cui o mi si accetta oppure no, ma non mi sembra giusto dover cambiare in funzione degli altri, dover mentire in un certo senso a se stessi e se è capitato che qualcuno non mi volesse certamente era perché non mi meritava

Cosa ti spaventa ?
Io sono spaventato dalle malattie e queste mi spaventano più della morte addirittura. Sono stato malato e questo ha fatto si che si rafforzasse l’amore per la vita. Adesso sto molto attento. Niente Bacco né tabacco ma solo Venere. Considera che dove faccio i concerti io la condizione affinché io suoni è che non si fumi. Speriamo che passi la legge contro il fumo anche perché non ne posso più di andare in ristoranti e stare in mezzo a gente che fuma mentre mangia.

Cosa è la vita e cosa ti fa sognare ?
Diciamo che la vita è un modo di portare avanti dei sogni da realizzare. Tutto mi fa sognare: l’amore mi fa sognare, le immagini di altri tempi mi fanno sognare, il bianco e nero mi fa sognare, rivedere Casablanca e la canzone che Dooley Wilson suona al piano mi fa sognare

Che rapporto hai con i libri
Amo i libri di consultazione, libri di teatro, libri di cinema. Purtroppo non sto leggendo moltissimo perché non ho molto tempo. La narrativa la leggo poco, la leggevo più una volta. Oggi poi avendo molto da fare alla fine preferisco vedermi un film e avendo una collezione molto nutrita di film del passato ne approfitto per rilassarmi un po’

Parlando di libri e di cinema sei amico di Camilleri. Che te ne pare del Commissario Montalbano
Camilleri è una persona straordinaria. L’ho conosciuto 30 anni fa come regista della RAI poi dieci anni fa lo ritrovai come attore in un film televisivo in tre parti che io musicai per la regia di Duccio Tessari. Si intitolava "Guerra di spie" ed era tratto da un romanzo di Corrado Augias. Poi l’ho rivisto l’anno scorso, abbiamo fatto uno spettacolo nel quale io ho letto insieme a lui i suoi racconti in siciliano. Il commissario Montalbano è un personaggio straordinario e Zingaretti non è da meno.

Comunque il pubblico ama i film gialli. Pensa che ancora oggi si pubblicano i DVD contenenti gli sceneggiati del Commissario Maigret con Gino Cervi e di Nero Wolfe con Tino Buazzelli che era un caro amico.

Ed alla fine, quel che resta di un uggioso pomeriggio di dicembre, è la sensazione, piacevole e distillata, di una affabile conversazione con un vecchio (poco) e caro (tanto) amico.

 

Torna a Cultura, Sport e Spettacolo

Torna a Home Page Interviste