Aldo,
Giovanni e Giacomo ci svelano i retroscena di "La leggenda
di Al, John e Jack"
La più pazza gang di New York
Pioggia di consensi per il film girato quasi interamente negli Stati
Uniti e diretto in collaborazione con Massimo Venier
di
Alessio Sperati
Dopo
Tre uomini e una gamba, Così è la vita
e Chiedimi se sono felice, il trio comico più famoso
d'Italia tenta il colpaccio con una produzione da dieci milioni
di euro, due dei quali impiegati per la promozione, ed una distribuzione
in settecento copie per il circuito nazionale. Tra estenuanti trasferte
e difficoltà linguistiche, Aldo Baglio, Giovanni Storti e
Giacomo Poretti portano a termine la loro più impegnativa
esperienza cinematografica, La leggenda di Al, John e Jack,
un film costruito giorno dopo giorno sulla base di una piena improvvisazione
e con l'aiuto della già collaudata collaborazione con Massimo
Venier. È stato difficile rimanere seri, anche durante quest'intervista.
La produzione più importante della vostra carriera vi crea
qualche timore? Vi sentite responsabili della buona riuscita di
questo progetto?
Giovanni: noi pensiamo alla storia, a quello che ci fa
ridere o che non ci fa ridere e se la storia necessita di uno stanziamento
grande e ce n'è la possibilità, la facciamo, per cui
non è che ci sentiamo particolarmente responsabili, Giacomo
soprattutto.
Quante volte avete girato la scena del ballo tra John ed Herbert
prima di riuscire a rimanere seri?
Giovanni: una volta sola perché non lo sopportavo
più, tu non lo sai ma mi toccava...
Questo
film rappresenta una vera e propria svolta, sia per l'ambientazione,
sia per la totale assenza di personaggi femminili, cosa vi ha portato
a questo?
Giacomo: non so il motivo preciso, ci è venuto tutto
spontaneo. Per quanto riguarda le donne, avevamo pensato a un sacco
di belle donne, ma hanno rifiutato tutte, quindi ci siamo detti
"bisogna cogliere questo segno, forse è un elemento
positivo". Non sei d'accordo Aldo?
Aldo: vai che stai andando benissimo.
Giacomo: forse per un'attrice sarebbe stato un ruolo in
uno dei tanti film di genere, troppo banale. Non c'è venuta
nessuna idea simpatica per inserire una bellona dietro ai gangsters.
Lo spunto per l'ambientazione proviene invece da qualche personaggio
che avevamo inserito nei film precedenti, soprattutto in Tre uomini
e una gamba. Siccome quei personaggi ci divertivano molto, ci siamo
detti "perché non scriverci una storia sopra",
poi abbiamo pensato che sarebbe stato molto più affascinante
ambientare questa storia negli Stati Uniti ed in quell'epoca, e
così lo abbiamo fatto.
Si
nota la brillante fotografia di Arnaldo Catinari, già apprezzata
per Un Aldo qualunque, e l'azzeccata scenografia di Eleonora
Ponzoni, un connubio di un discreto rilievo artistico. Ci raccontate
qualcosa su questi due aspetti e sulla scelta degli ambienti sia
interni che esterni?
Massimo Venier : io credo che per fare una bella fotografia,
ci sia bisogno di un'altrettanto bella scenografia e penso che mai
come in questo film sia vero. Il lavoro di Eleonora è stato
bello, considerato anche il fatto che nel frattempo ha avuto un
bambino, così possiamo dire che qualcosa di buono è
venuto fuori. Per quanto riguarda gli ambienti, gli esterni sono
stati girati a New York, mentre gli interni e la facciata dell'Hotel,
sono stati ricostruiti in teatro.
Giacomo:...squallidamente a Brugherio, in provincia di
Milano.
Oltre
alle citazioni più esplicite a Vertigo e Toro
scatenato, c'è qualche altro film in particolare da
cui avete tratto ispirazione?
Giacomo: uno su tutti è Rapina a mano armata,
ma credo in sostanza che siamo tutti e quattro dei grandi consumatori
dei film d'epoca ed abbiamo utilizzato tutte le nostre esperienze
e la nostra fantasia per questo film.
Aldo,
Giovanni e Giacomo sono in simbiosi a teatro e sullo schermo, ma
nella vita privata?
Aldo: siamo sempre andati d'accordo. Oggi ognuno di noi
ha la sua famiglia, quindi ci si frequenta più raramente
di prima, però c'è sempre un ottimo rapporto. Certo
c'è qualche piccola divergenza, ma considerato che siamo
nati insieme comicamente ed abbiamo vissuto insieme per un dato
periodo, ci vogliamo sempre molto bene.
Che
tipo di sentimenti avete riscontrato negli Americani: indifferenza
o accettazione?
Venier: Sul set c'erano molti americani che nonostante
non capissero nulla di quello che dicevamo, seguivano il film piuttosto
attentamente. Ricordo che proprio in quei giorni c'era molto interesse
per il cinema italiano visto che era appena uscito L'ultimo
bacio e sui giornali si parlava molto anche di Scarlet
Diva, film che qui in Italia ha destato meno interesse.
Visto
che firmate la regia in quattro, come vi organizzate durante le
riprese?
Giacomo: è abbastanza semplice. Tutte le fasi vengono
fatte insieme, dal soggetto alla sceneggiatura, ecc. Poi quando
si va a girare si discute anche sul set, anche se l'aspetto tecnico
ricade molto su Massimo.
Avete
ricevuto qualche consiglio dai tecnici americani sul set?
Giacomo: sì ce li han dati, ma chi c----o li capiva.
Ci
raccontate qualche aneddoto sul periodo delle riprese?
Aldo: a me è successo questo. Un giorno volevo andare
a visitare Times Square, quindi ho preso un taxi e ho detto all'autista
con tono sicuro "Times Square!". Lui mi guarda e mi dice
qualcosa, io però non lo capisco e gli ripeto "Times
Square!!" e questo inizia a ridere, io quindi scendo dal taxi.
Non ho mai visto Times Square.
Giacomo: poco prima delle riprese ci sono successe delle
cose assurde: io mi ero appena spezzato un braccio, mentre Aldo
si era spezzato un dito, e siccome non aveva il coraggio di dirlo
ai produttori l'abbiamo fatta diventare una gag ed è nato
il nome "Al quattro dita".
È vero che le vostre migliori idee vi vengono dopo una partita
a "Calcio Balilla"?
Giovanni: Sì prima giocavamo molto, ma ora Massimo
ha spesso mal di schiena, quindi dovremmo alzargli il biliardino,
solo che poi io e Giacomo non arriveremmo più ai pomelli,
quindi abbiamo rinunciato al "Calcio Balilla".
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