INTERVISTE ItalyMedia.it
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L'incontro di ItalyMedia con un giovane attore ubriaco di divismo
Le 'vacanze romane' di Leonardo Di Caprio
"Amo l'Italia e mi ritengo veramente orgoglioso di avere un nome e un cognome italiani"

di Alessio Sperati

Leonardo Di CaprioSi può parlare di un ritorno alle origini per il non più giovanissimo rampollo di Hollywood, che ha trascorso quasi un anno in Italia, prima per girare l'ultimo capolavoro di Martin Scorsese, poi per presenziare alle anteprime nazionali di entrambi i suoi ultimi film “Gangs of New York” e “Prova a Prendermi”. Stiamo parlando sicuramente di un divo dei nostri tempi, di un attore dalle notevoli capacità interpretative, ma non sicuramente di un gentiluomo, almeno da ciò che si evince dal modo in cui si rapporta al suo pubblico. L'eccessivo divismo di cui è continuamente contornato lo rende difficilmente apprezzabile: le quattro o più 'auto blu' di scorta, precedute e seguite da polizia in moto con le quali è stato accompagnato in giro per la capitale, facevano spesso pensare gli avventori ad un qualche capo di Stato, invece era 'soltanto' un attore. Ricordiamo che quella mattina in Campidoglio, prima dell'incontro organizzato dal sindaco Walter Veltroni, faceva molto freddo ed il vedere le decine di ragazzine ammassate dietro le transenne solo per vedere da lontano il loro idolo, creava una certa emozione. Ma quando è arrivato l'idolatrato biondino e, quasi in gesto di scherno, non solo non ha degnato di uno sguardo il suo pubblico, ma è salito lungo la scalinata del Campidoglio con il viso rivolto verso il muro, abbiamo pensato che forse nel mitizzare eccessivamente alcune persone (del tutto identiche a noi, credeteci!) che si mettono davanti a un congegno elettronico e recitano un copione, le roviniamo come persone. La prossima volta che fate la fila per vedere il vostro mito preferito, pensate che è lui che dovrebbe fare la fila per ringraziare tutti voi che gli avete costruito quel piedistallo di notorietà dal quale ora non sa più irrevocabilmente scendere.

Leonardo, si può dire che la tua carriera sia stata da subito molto intensa e di grande successo, ma oggi forse ti trovi arricchito di alcune esperienze lavorative fondamentali che ti permettono di muoverti con autorevolezza nel mondo del cinema. Per scegliere questi due ultimi film che hai interpretato, ti sei basato sulla storia, o volevi lavorare con due grandi registi?
La storia è sicuramente molto importante nella scelta di un film, mi deve coinvolgere ciò che sto leggendo altrimenti non ho interesse nell'interpretarla, però posso dire che ciò che conta veramente per me è il regista. Il cinema è un potente mezzo di comunicazione, ma solo a chi ha l'abilità di mettere insieme e coordinare tutti i pezzi di un film permette di potersi esprimere. Per questo sono davvero orgoglioso di avere avuto la possibilità di lavorare con Martin Scorsese e Steven Spielberg, due registi che io reputo tra i più grandi in assoluto. Ne parlavo anche spesso con Daniel Day-Lewis, lavorare in “Gangs of New York” è stata per entrambi un'esperienza fantastica.

Qual'è l'aspetto che ti ha maggiormente colpito di “Gangs of New York”?

Direi che la cosa più affascinante sia stata l'ambientazione, il periodo storico. Ho potuto imparare qualcosa di nuovo sulla storia di New York, sulla costruzione della città stessa, cose che non trovi facilmente sui libri di storia.

Com'è stato lavorare a Cinecittà?
Ci è stato incredibilmente d'aiuto. Eravamo come in un bozzolo, trasportati in un altro tempo, e quando devi raccontare una storia di questo tipo la cosa più importante è che sia tu il primo ad essere convinto di quello che fai. L'aiuto dei tecnici di Cinecittà, la loro dedizione al lavoro e il loro sentirsi da subito responsabili della migliore riuscita di quello che era uno sforzo comune, sono stati tutti fattori fondamentali alla buona riuscita del film. È stata per me un'esperienza che non dimenticherò mai, poi Roma è la città più bella del mondo ed è stato grandioso l'aver passato nove mesi qui. Ho cercato di visitare la città in lungo e in largo. Certo poi sono stato anche a Venezia, a Firenze, a Pompei, a Napoli e a Capri, ma Roma è imbattibile. Io amo l'Italia e mi ritengo veramente orgoglioso di avere un nome e un cognome italiani.

Leonardo Di CaprioIn “Prova a prendermi”, interpreti uno dei più famosi imbroglioni della storia degli Stati Uniti, tu hai mai imbrogliato in qualche occasione, o detto qualche bugia per cavartela?

Sicuramente al liceo. Dio solo sa cosa dovevo inventarmi per sfuggire agli esercizi di matematica. Certo non sono al livello di Frank Abagnale, ma qualche bugia l'ho raccontata anche io.

Tu e Tom Hanks avete dato vita a due personaggi intensi ed apparentemente opposti, in realtà nel corso del film si scoprirà che tra i due ci sono più punti di contatto di quanto non sembri ad una prima occhiata: come siete riusciti in tale scopo?
Io credo di essermi ispirato ad un rapporto di tipo genitoriale, padre/figlio. Certamente poi si trattava di mettere in scena due persone che, malgrado l'aspetto eccezionale e inconsueto, hanno una vita non straordinaria. Entrambi alla fine della loro giornata non avevano nessuno con cui condividere le proprie esperienze quotidiane, con cui parlare delle proprie emozioni e delle speranze per il domani, è una situazione non invidiabile.

Si può dire che questo sia stato il tuo primo ruolo brillante, come ti sei preparato ad interpretare Frank Abagnale?
Frank è un moderno Icaro che vola con le ali della fantasia, verso spazi sempre più pericolosi. A guidarmi è stato Frank Abagnale stesso che mi ha seguito passo passo durante tutte le riprese, mi ha raccontato cose che non aveva scritto nel suo libro ma che mi sono servite molto nella costruzione del personaggio. Io lo ascoltavo e nello stesso tempo ero sedotto dal suo linguaggio, dalla gestualità, dal sorriso, cercavo in tutti i modi di assorbirlo. Ho accettato di interpretare Prova a prendermi per la ricchezza dei contenuti e non perché fosse brillante, inoltre che avrebbe mai rifiutato di lavorare con dei mostri sacri come Steven Spielberg e Tom Hanks?. Io sono nato negli anni '70, in un tempo più cinico e più basato su falsi miti, dove la mancanza di una globalizzazione informatica ha permesso a Frank di fare quello che ha fatto, oggi non sarebbe stato possibile.

Come ci si sente a sapere di avere così tanti fans in giro per il mondo?
Sicuramente è una sensazione molto bella essere consapevoli che ci sono così tante persone che ti amano, è una cosa che giova molto anche ai film che interpreto.

Ti piace il cinema italiano?
Sicuramente ci sono dei film che hanno fatto la storia del cinema, mi riferisco a quelli di Fellini, De Sica e tanti altri autori che hanno creato l'alfabeto del cinema, il punto di riferimento per tutti noi. Io amo profondamente il cinema italiano.

 

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