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Incontro con il cantante Scialpi per i venti anni di carriera e per il suo nuovo album
Boun compleanno Scialpi!
Semplicità ed un grande equilibrio interiore: sono questi i segreti del suo successo

di Valeria Arnaldi

 

Dal total black all'absolute white: cambia decisamente look Scialpi per festeggiare i suoi venti anni di carriera. "Sai - ironizza - la barba non è più così nera e poi il bianco alleggerisce i lineamenti", ma in realtà quel bianco vuole essere indice e testimone di un nuovo inizio, e della positività con cui il cantante guarda al prossimo ed al suo futuro. Venti candeline quindi ed uno splendido regalo: il lancio del suo nuovo album "Spingi, Invoca, Ali".

 

 

Come è nato questo titolo?

È l'anagramma del mio nome: Giovanni Scialpi. La paternità della 'scoperta' non è mia, ma di un giornalista che tre anni fa, intervistandomi, si divertiva a scarabocchiare anagrammi. Per me ha trovato queste tre parole, che io credo rappresentino la mia filosofia di vita. È stato bello scoprire che, in un certo senso, il mio destino lo portavo già nel DNA. Potremmo dire quindi che il titolo lo avevo ancora prima dell'album.

9 anni di assenza dalla scena, in cui non hai prodotto alcun inedito e adesso nove nuovi titoli. Vogliamo fare insieme una 'passeggiata' in questo nuovo disco e nuovo percorso?
In effetti è proprio un percorso di scoperta, che dall'esterno arriva dritto al cuore dell'artista e dell'uomo. Non ho avuto bisogno neanche di fare una scaletta, l'avevo già in testa mentre scrivevo le canzoni. Era il mio percorso naturale. È come se questo album fosse un'entità a sé, come fosse un individuo. Le canzoni sono le sue braccia, le gambe etc...

"Mi libererò" è un titolo decisamente significativo che tu, non a caso, hai voluto scegliere come apertura…
Sì, infatti. Io credo che ci sia bisogno di liberarsi dal e del sistema. Io, per esempio, l'ho fatto quando ho scelto di autoprodurmi. Ho superato il problema dei soldi, delle case discografiche, delle varie ed infinite questioni di marketing. Ormai il successo si fa, secondo molti, in base a quanto il pezzo viene trasmesso su radio e televisioni. Per me, non è così. Quegli spazi si possono comprare. Il successo lo vedi ai concerti e lo calcoli con l'affetto che ti da la gente e, chiaramente, anche con le vendite degli album. Molte delle canzoni più trasmesse - ti stupiresti - non vendono granché. Per questo ho scritto "… Strapperò il mio nome dalla confezione che non hai comprato mai…"

E poi c'è "Muoviti un po'"…
Un pezzo dedicato al sociale. Non basta accorgersi che le cose succedono e stare a guardare, magari anche criticandole. Bisogna muoversi, darsi da fare per cambiarle. Spesso però si è troppo egoisti o semplicemente indifferenti. Volevo dare una scossa...

"Cuore batti cuore" alleggerisce i toni invece…
Sì, è una canzone d'amore, sull'istante dell'innamoramento, quando senti che il cuore comincia a battere più veloce e ti viene in testa l'idea di una nuova storia. A questa ho fatto seguire "Pregherò, Imparerò, Salverò" che si richiama alla tradizione della nostra musica leggera. È forse il pezzo più popolare della raccolta. Volevo qualcosa di semplice che scardinasse la tendenza alle sonorità che stordiscono. È questa la vera trasgressione oggi.

E poi arrivi tu. Presente in tutte le canzoni, ma più ancora in "Sono quel ragazzo"
Sì. Qui c'è tutta la mia voglia, il mio entusiasmo, la mia energia e, soprattutto, c'è la curiosità con cui affronto la vita e la gestisco. Ho quarant'anni. Certe cose sono inevitabilmente cambiate, ma dentro di me c'è ancora parte del ragazzo che ero: è questa parte che voglio mostrare adesso. Certo non è facile. Non sempre. Per questo sono nate "È una lacrima che cade" e "Tempesta". Ho dato voce a dei momenti di sconforto e confusione. Sai quando ti trovi in uno stato di torpore in cui i pensieri sembrano muovertisi dentro come squali? Queste canzoni le ho dedicate al mio pubblico, grazie al quale di momenti così ne ho superati tanti. A loro va il mio ringraziamento ed anche questo viaggio "Dentro di me", che è l'ottava canzone. Non credo di dover aggiungere nulla al titolo…

L'ultima canzone è inglese - "Never let you go": come mai questa scelta?
Per Rhonda. Mi sembrava giusto che dopo aver duettato con lei in italiano, avesse l'opportunità di esprimersi al meglio nella sua lingua madre. Vedi, la maggior parte delle volte quando si fanno dei duetti, sono solo virtuali. Il mondo della musica è così. Ogni artista registra nei suoi studi e poi, dopo vari passaggi ed interpretazioni, di quelle due versioni se ne fa una unica, affiancandole. Io l'ho detto: voglio la semplicità. Per me il duetto c'è solo se si ha voglia di cantare insieme. Veramente.

Ti sei cimentato con la televisione e con il teatro, sei cantante e produttore, autore di testi e di musiche: qual è il prossimo traguardo?
Per ora non cerco nulla. Voglio guardare con attenzione cosa mi offre la vita e non sprecare niente. Però, certo, credo che il mio percorso finirà per condurmi inevitabilmente alla regia. La recitazione mi sembra riduttiva, ma è vero che se non avessi fatto il cantante avrei provato a fare l'attore.

Hai già qualche progetto in merito?
Un anno e mezzo fa, ho scritto un copione. Voglio farne qualcosa di buono. Almeno per me, ma non ora. Bisogna aspettare il momento giusto ed ora tutte le mie energie voglio dedicarle al nuovo album.

Puoi darci qualche anticipazione?
È un lavoro sul sociale: la storia di un immigrato che vuole integrarsi nella società, che si innamora, poi ruba, viene rimpatriato.. Sai cosa c'è? È che la figura dell'immigrato è così poco chiara - nel bene e nel male - e nessuno sembra voler fare nulla per chiarirla. Questo mi fa stare male. Volevo dire la mia anche se in versione romanzata. Non basta regolarizzarli, ci vuole molto di più...

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