Al “Quirino”
di Roma Buzzanca interpreta “La zia di Carlo” |
Il
ritorno di Lando |
La cultura non
ha colore politico. L’attore, vicino alla destra, contesta
duramente la sua assenza forzata dal circuito ETI, gestito dalla
sinistra negli ultimi anni |
di Maria Rosaria Fabbricatore
Lando
Buzzanca al Quirino con “La zia di Carlo” interpreta
l’attempato maggiordomo al quale toccherà indossare
la gonnella della burbera zia. Un gradito ritorno quello di uno
dei più grandi attori attualmente esistenti in Italia, che
ci racconta anche quelle pagine della sua carriera che gli hanno
regalato il grande successo popolare.
Buzzanca torna al Quirino in una veste inedita e divertente. Nella
commedia … lei interpreta un attempato maggiordomo al quale
toccherà indossare la scomoda gonnella della burbera zia.
Si, diciamo anche che vengo al Quirino per la prima volta, perché
non mi hanno permesso di lavorarci, visto che l’ETI è
stata gestita per anni dalla sinistra, io che sono di destra non
ho potuto o meglio mi hanno impedito di lavorarci e questo lo giudico
un fatto inaudito. E’ uno svergognamento proprio per la gente
di sinistra, perché diversa cosa è la gente che crede
nelle proprie ideologie, e un altro le persone – come in questo
caso la gestione dell’ETI – che è stata amministrata
da gente che evidentemente nulla ha a che fare con l’arte.
Questa è gente piccola, ridicola che ha infangato la cultura
di sinistra. La cultura non ha colore politico, non deve avere colore
politico, ma elevarsi al di sopra, stare un gradino al di sopra
delle parti; io stesso ho abbracciato Bertinotti proprio per la
sua coerenza, invece c’è gente meschina che ha infangato
l’idea di fare teatro con la “T” maiuscola.
Ora invece l’ETI è gestito
dalla destra….
Lei pensi che Maurizio Scaparro tempo fa mi diceva “Lando
è una vergogna che tu non vai al Quirino” sappiamo
che Scaparro, che è un ottimo rappresentante del teatro italiano,
è vicino alla sinistra. Tutto questo perché l’uomo
di cultura, di teatro non deve essere né di destra né
di sinistra, ma fare il proprio mestiere nel migliore modo possibile.
Le racconto un episodio, qualche tempo fa un notevole intellettuale
di destra ha incontrato alla “Versiliana” Pino Micol
un politico di sinistra che ha rifiutato l’intervista solo
perché era diverso il colore politico, ma dico io viviamo
in mondo in cui non si riconosce più il vero senso della
cultura e dell’obiettività, è mai possibile?
Ritorniamo al teatro. Lei ha iniziato con
Edoardo De Filippo con il quale ha fatto due commedie. Ci vuole
raccontare un episodio, un ricordo del grande Edoardo?
Ho lavorato con Edoardo facendo con lui due commedie, ma ancora
prima avevo lavorato con Sacco e Vanzetti, con Enrico Maria Salerno
ecc.. Di ricordi ce ne sono tanti, inoltre io ero uno degli attori
prediletti da Edoardo
che da quello che si racconta è
una rarità, nel senso che Edoardo era molto severo, almeno
sulla scena..
si lo era molto, ma io ero e lo sono ancora oggi un attore che usa
la logica, sono uno molto logico. E allora facevo il protagonista
in un film per il cinema nel ’66, e uno di questi episodi
era tratto da “Il Cilindro” che era di Edoardo De Filippo,
ma io non lo sapevo. Un giorno sul set incontro Edoardo, ci salutiamo
e gli chiedo “Che ci fai qua don Eduardo” -ero solito
chiamarlo con il “don” per un fatto di rispetto-; lui
mi rispose “sono venuto a verificare se eri tu il protagonista,
lo sai che è tratto da una mia commedia?” ecco poi
andammo a prenderci un caffè che tra l’altro offrì
lui, questo sta a significare che l’atto di umiltà
e di affetto di cui sono capaci solo i grandi, questo atto di umiltà
o comunque la grandezza di questa persona mi ha lasciato un nodo
nell’anima, l’umiltà è secondo me un dono
divino di cui sono capaci solo i grandi uomini, perché hanno
al consapevolezza di fregarsene, diversa è la modestia perché
un uomo modesto o è finto o non vale niente.
Lei ha lavorato anche con Peppino De Filippo…
Si ricordo che facemmo insieme uno sketch in televisione a “Scacco
reale”, tra l’altro allora la televisione andava in
diretta. Alle prove mi diede il copione da leggere e io cominciai,
dopo un po’ mi fa “ma lo conoscevate, lo avevate già
letto?” io gli risposi di no che era la prima volta che leggevo
quel testo, allora mi guardò e mi disse “voi farete
un sacco di soldi, perché siete simpatico”. Allora
queste persone veramente ti danno un grande insegnamento, la carica
per continuare a fare questo mestiere. La dignità è
la cosa più importante, perché sennò c’è
il rischio che diventi un pupazzo, è il comportamento che
contraddistingue le persone e la dignità che ne fa degli
uomini
Gli anni ’70 fu il periodo in cui
lei venne conosciuto dal grande pubblico e in cui nacque il suo
personaggio del latin lover, cos’è cambiato nel maschio
italiano che rappresentava lei negli anni ’70 con quello di
oggi?
Quello fu un periodo in cui ci fu una forte emancipazione femminile,
il mio personaggio fu una necessità con l’emancipazione
femminile, i cinema in cui venivano proiettati i miei film erano
pieni di donne, al contrario di quello che si poteva pensare all’inizio
perché le donne vedevano in me quello che non trovavano più
intorno a loro, erano circondate da uomini immaturi. Nei vari personaggi
che via via interpretavo nei miei numerosi film le donne proiettavano
i loro desideri cioè quello di avere un maschio che facesse
da amante, da marito, erano circondate da uomini immaturi per capire
le loro esigenze.
Oggi è ancora così, oppure
la donna si sente circondata da uomini più maturi?
Una donna allora come adesso non cerca un appagamento fisico o almeno
non solo quello, ma un uomo intelligente. L’uomo oggi è
stato prevaricato e la colpa è solo dell’uomo perché
come dico io è cresciuto a pane e nutella. Se ci guardiamo
intorno vediamo tante donne belle che stanno al fianco di uomini
brutti, ma che pensano, che hanno potere, intelligenza, che hanno
un cervello, ed è quello che è importante. Nell’
“Homo eroticus” il barbiere che fa carriera con i suoi
mezzi fisici alla fine torna a fare il barbiere, perché può
anche saper fare sesso, ma è con l’intelligenza che
si conquistano le cose.
Crede che siano sbagliati i modelli che
la società propone?
No, credo che sia un fatto legato all’evoluzione naturale
della specie, o meglio ad un’involuzione, ma di cui bisogna
prendere atto. Le faccio l’esempio del “Grande Fratello”,
che è a mio avviso un programma imbecille, ma se viene visto
da otto milioni di persone non saranno tutti imbecilli, è
il costume che cambia, non si può ignorare o annullare e
neanche tornare indietro, ma solo prendere atto che la società
si evolve, muta, cambia aspetto. Quello che io voglio dire anche
ai giovani è che bisogna essere logici e avere molta volontà,
ci si deve guadagnare tutto, nessuno dà niente gratis, anche
l’affetto di un amico.
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