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Incontro con Gianluca Ramazzotti, nuova star dell’umorismo
Le difficoltà? Vanno aggredite
Quando brucia il “sacro fuoco” nulla è troppo difficile. L’attore e regista romano ci racconta come ha raggiunto il successo con fantasia e determinazione

di Laura Nuti

Gianluca RamazzottiEntrare in una compagnia come quella del “Bagaglino”, che vanta una tradizione quarantennale nel cabaret e poter recitare accanto a un mostro sacro del teatro come Oreste Lionello è il sogno di molti attori. Per Gianluca Ramazzotti dopo anni di gavetta è diventato una realtà. Ormai, dopo il fortunato debutto, molti mesi or sono, il comico romano è entrato a far parte stabilmente della banda di Pingitore, e da gennaio lo rivedremo il venerdì in prima serata su Canale 5, con la sua inconfondibile vena satirica ed esilarante, figlia naturale di anni spesi a farsi le ossa sui palcoscenici di mezza Italia.
In questo momento l’attore è impegnatissimo con le prove di tre spettacoli teatrali di cui, tra una prova e l’altra, ha trovato il tempo di parlarci.

A quali progetti stai lavorando?
Sto lavorando ad un nuovo spettacolo del Bagaglino dal titolo “Un pezzo di pazzo” con Matilde Brandi. Lo spettacolo sarà in scena al “Salone Margherita” dal 4 novembre fino a febbraio. Contemporaneamente, c’è “Nudi e Crudi Live Show”, uno spettacolo ispirato agli show americani che conduco con Demo Mura. Ci sarà un filo conduttore e un gruppo fisso di attori comici e ospiti a sorpresa che si esibiranno sul palco del Teatro de’ Servi. Infine, ad aprile sarò con Milena Miconi nella commedia di James Sherman “Uomini all’ottanta per cento” sempre al Teatro de’ Servi.

Come hai iniziato a recitare e quali difficoltà hai incontrato?
Il “sacro fuoco” ha iniziato a bruciare in me molto presto. Fin da ragazzino mi divertivo con i miei amici a fare imitazioni in show improbabili…Appena ho potuto mi sono iscritto all’Accademia dove ho ottenuto una formazione “globale” sull’arte dell’attore.
Quanto alle difficoltà, ci sono state sicuramente e ci saranno sempre ma quando brucia in te il “Sacro Fuoco” le superi senza neanche rendertene veramente conto…o, se te ne rendi conto, sei spinto ad aggredirle.

Che intendi dire?
Intendo che non bisogna temere le difficoltà ma affrontarle con i propri mezzi.
Vi faccio un esempio. Nel 2001, ho avuto la fortuna di recitare in “Rugantino” con Michele La Ginestra e Sabrina Ferilli sotto la regia di Garinei al Teatro Sistina. Lo spettacolo ha avuto molto successo e credo che se non mi avessero visto nei panni di Bojetto, al Bagaglino non mi avrebbero mai preso e non sarei, non dico famoso ma, almeno, conosciuto come lo sono ora. Tuttavia, ottenere questo ruolo è stato tutt’altro che facile. Per Bojetto cercavano un personaggio fisico che fosse allo stesso tempo duro e divertente…un Carlo delle Piane o un Alvaro Vitali per intendersi ( di cui a loro tempo ne vestirono i panni). Garinei mi disse che non andavo bene e così fui scartato al primo provino. E’ vero che il padre della commedia musicale italiana mi aveva rifiutato ma di certo un suo “no” (che avrebbe fatto desistere molti altri nella mia posizione) non fu sufficiente a farmi dare per vinto. Mi ripresentai ai provini truccato e con un nome falso. Questa volta passai tutti i cinque provini e fui scelto. A quel punto, fui costretto a rivelare la mia vera identità e devo dire che si arrabbiarono moltissimo, ma fortunatamente alla fine confermarono che il ruolo di Bojetto era mio. Se avessi accettato il “no” di Garinei non avrei mai potuto lavorare al Sistina e probabilmente nessuno mi avrebbe offerto di lavorare al Bagaglino. Insomma, quell’esperienza è stata un punto di svolta per la mia carriera.

Cosa si prova a lavorare al Bagaglino?
E’ fantastico! Il Bagaglino può vantare un’esperienza quarantennale nel Teatro Cabaret e fa da papà a tutte quelle trasmissioni di comici, come Zelig, che oggi popolano i palinsesti televisivi.
Devo veramente molto a Pingitore. Si può imparare così tanto! Per non parlare della possibilità di lavorare con Oreste Lionello che considero l’ultimo mostro sacro della commedia italiana. E’ un onore e mi sento veramente fortunato a lavorare con loro.

So che hai lavorato anche come regista, come cambia il tuo modo di vedere le cose da una parte all’altra delle quinte?
Ho curato la regia solo per due spettacoli: “Destinatario Sconosciuto” di Kressman Taylor che in occasione del Giorno della Memoria la Rai ha trasmesso su Radio 3 e un adattamento di Carlo Lucarelli del romanzo “La Donna in Nero” di Susan Hill. Si trattava di un thriller teatrale dove si gioca molto con la paura e i suoi meccanismi. E ha funzionato, la gente in sala era spaventatissima, cosa che di solito a teatro non è facile ottenere. Gli spettatori sono più coscienti del fatto che le cose rappresentate “sembrano vere ma non lo sono” a teatro di quanto non lo siano al cinema. Quello che vediamo sul grande schermo ci sembra subito così reale che, come per magia, ci coinvolge immediatamente. Devo dire che come regista non ho molta pazienza pur sapendo bene che un attore ha bisogno dei suoi tempi. Vorrei che tutto fosse fatto bene quando lo chiedo ma non è sempre così. Da attore, vedo attorno a me molto pressappochismo. Si è perso un po’ lo spirito del teatro, l’idea della battuta…si corre troppo.

Perché?
Si corre troppo perché i ritmi televisivi sono entrati in teatro attraverso registi, attori e attrici che sono passati dal piccolo schermo al palcoscenico. E poi perché non ci sono mai abbastanza soldi: per montare uno spettacolo per cui occorrerebbero due mesi, si impiegano dai venti ai venticinque giorni. Questo va benissimo per il cabaret dove i personaggi sono piuttosto delle macchiette e dove la tecnica del comedian è tutto: tempi comici, giochi di rimessa e lanci di palla, ma per un personaggio con uno spessore psicologico più complesso funziona diversamente. Una delle cose più belle del mestiere dell’attore è riuscire a dire in modo naturale parole e pensieri di altri e per riuscirci è necessario “metabolizzare” il personaggio. La tecnica ti permette di andare in scena dignitosamente ma è solo con il tempo che si ottiene il massimo dal punto di vista della qualità dell’interpretazione. Il problema è: come dici a quello che ha pagato trenta euro la prima sera, “torna tra una settimana quando lo spettacolo sarà rodato, ti piacerà ancora di più”? Quello ha pagato e difficilmente verrà una seconda volta a vedere se con il tempo, lo spettacolo migliora…

Se tu avessi carta bianca e un budget illimitato, a che tipo di progetto ti dedicheresti? Una commedia? Un thriller?
No, la commedia si può fare con poco. Va bene pagare meglio gli attori e avere soldi in più per le scenografie ma credo che sfrutterei diversamente l’opportunità di un budget illimitato. Neanche un thriller mi sembra una buona idea dal momento che per gli effetti speciali si possono trovare soluzioni ingegnose a buon mercato. Credo che mi dedicherei a un progetto culturale dove poter parlare di cose serie senza annoiare il pubblico. Vorrei che fosse un progetto europeo e che potesse vivere aldilà delle singole realtà nazionali.
Con una sinergia di testo e regia è possibile ottenere grandi risultati e nel suo piccolo “Destinatario Sconosciuto” lo ha dimostrato. Ma, non si usa più fare domande sulla vita privata?

Come no? Che ci dici della tua vita privata?
E’ un disastro! Non è che non abbia tempo per cercare la persona giusta…il problema è trovarla. Cerco una persona con cui poter essere me stesso, che mi supporti e che possibilmente non sia del mio stesso ambiente. L’uomo pensa solo con l’uccello…innegabile l’importanza del talamo…ma se prima non mi seduce la testa di quella persona non c’è niente da fare.


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