A
tu per tu con il celebre Toni Santagata per parlare di teatro
e cabaret |
Il
padre della satira sociale e morigerata |
L’artista
pugliese ci ha aperto le porte della sua bellissima casa romana
per svelarci qualcosa
in più sulla sua lunghissima carriera |
di Serena Capotorto
Cantautore,
musicista, attore, conduttore, Toni Santagata è un uomo da
palcoscenico completo e raro da trovare. Innamoratissimo del suo
lavoro, tanto da rinunciare alla carriera di avvocato per seguire
la sua vera passione. Adora il contatto “umano”, dà
il meglio di sé dal vivo quando riesce a tenere il pubblico
inchiodato per ore. Non si sente un cantante degli anni ’60
anche se ha iniziato la sua carriera in quel periodo, si sente giovane,
con ancora molto da fare. È stato l’inventore del Cabaret
italiano, in quegli anni parlare di folk o di questi temi era
come essere un alieno, ma con la sua caparbietà è
riuscito ad inventarsi un nuovo genere, mai visto, dove la gente
si divertiva con aneddoti ed episodi raccontati in pugliese ed in
italiano. Ha un bel rapporto con i giovani anche perché lavora
molto con loro, infatti a chi si rivolge a lui per un consiglio
è sempre disponibile a tendergli una mano e a dargli qualche
suggerimento per sopravvivere nel mondo dello spettacolo. Una persona
che ha dato e dà tanto al mondo dello spettacolo e non solo,
si è spesso impegnato in campagne di solidarietà e
cerca sempre il modo per regalare un sorriso alle persone.
Come è nata l’idea del Cabaret?
In effetti il mio cabaret
nasce da un’idea molto
particolare, non volevo essere uno dei
soliti cantanti da night club come era allora di moda, dove la gente
ballava e un po’ ignorava l’artista. Non mi piaceva
che la gente mi ignorasse così cominciai a cercare posti
dove potevo esibirmi anche se su una piccola pedana ma dove la gente
ascoltasse le mie canzoni. In quel periodo i cantanti pugliesi cantavano
in un altro dialetto, diverso da quello di origine ad esempio Modugno
cantava in siciliano, altri in napoletano, io decisi di rendere giustizia
alla mia regione e fare conoscere all’Italia e al mondo intero
il mio dialetto, così incominciai a scrivere anche in pugliese,
oltre che in italiano. Per far appassionare il pubblico alla mia
“lingua” che non
andava di moda, introducevo le mie canzoni con aneddoti divertenti,
che piano piano rielaborati di sera in sera davano vita al cabarettista
che era in me. Inventavo improbabili legami tra il blues americano
e il jazz pugliese, fino a quando ad un certo punto si realizzò
un repertorio che attraeva il pubblico della capitale, con testi
spesso improvvisati. Nacque così questo personaggio che cantava
in italiano e un po’ in pugliese ma che soprattutto raccontava
aneddoti e episodi nella sua lingua, tutto ciò venne poi
portato in scena in un locale che si chiamava il “Folkstudio”.
Successivamente fui invitato in altri locali in l’Italia,
e nacque, nel 1965, il primo cabaret d’Italia, che si chiamò
il “Bagaglino” , di cui fui uno dei soci fondatori;
con altri colleghi a Milano demmo vita al “Derby Club”,
dove portai il contributo di tutte le mie , dei miei testi,
delle mie idee e delle mie “strane“ canzoni e dopo
anni di battaglie abbiamo vinto. Infatti oggi si parla in modo naturale
di cabaret, all'epoca era molto difficile parlare
di questo genere e spiegare cosa realmente fosse.
Il cabaret di oggi viene spesso molto criticato, perché
si dice che ci sia troppa satira e troppa politica, era molto diverso
il suo da quello attuale?
Il mio cabaret aveva una caratteristica: non era basato sulle parolacce,
c’era qualche sottinteso ma la battuta molto pesante non esisteva.
Per quanto mi riguarda il mio cabaret è stato sociale più
che politico, ho puntato sempre di più sulla critica ai costumi
più che ai personaggi. La satira politica è iniziata
al “Bagaglino” di Roma, mentre a Milano non si faceva,
oggi invece sembra l’unica maniera di fare cabaret, io credo
che il cabaret dovrebbe essere più che altro una satira di
costume. Sul palco vestivamo nel modo più semplice possibile
perché volevamo evitare di usare i lustrini o coinvolgere
il pubblico con particolari costumi, l’essenziale era l’idea.
Oggigiorno il cabaret viene inteso
come un varietà, come uno show leggero.
Cantante, attore e cabarettista, quale di queste arti le
piace di più?
Io non ho mai avuto una particolare simpatia per un genere più
che per un altro, avendo iniziato come cantautore mi sono sempre
preoccupato di dare un prodotto che piacesse al pubblico poi è
venuta fuori l’idea di essere anche comico e sono contento
di regalare due ore di allegria e di divertimento. Tutte queste
espressioni mi rappresentano.
Lei come vede questi programmi televisivi
che, per quanto siano scuole che cercano di preparare e danno speranze,
lanciano i ragazzi allo sbaraglio?
Personalmente non sono critico nei confronti di questi programmi
televisivi perché penso che il mondo dello spettacolo è
vario, che ognuno ha le sue proposte e tutto è accettabile. Il mio parere personale è
che prima si deve fare molta gavetta e poi ci si può presentare
in questi programmi, perché sicuramente la televisione non
ti può dare quello spessore di cui si ha bisogno nel corso
della vita e della carriera; se uno vuole fare una carriera di due
anni va in questi programmi e può diventare molto popolare
ma se poi si vuole continuare per questa strada le cose cambiano.
Se si vuole fare l’artista si devono fare delle manifestazioni,
delle serate in piazza, per capire i segreti di quelli che davvero
riescono a tenere il pubblico inchiodato lì malgrado la piazza
sia dispersiva. Io ho fatto spettacoli con un pubblico di dieci,
cinquecento, 500.000 persone, ho fatto gli stadi ma credo che il
posto più difficile dove si possa fare spettacolo è
in piazza, perché la piazza all’inizio ti è
favorevole - tutti arrivano lì e non si paga - ma la cosa
difficile è tenere questo pubblico che dopo un quarto d’ora
si dimezza, perché se tu non sei convincente la gente ti
lascia e se ne va. Se tu riesci a tenere il pubblico per due ore
vuol dire che sei grande, sei importante.
Lei è stato uno dei promotori della
Nazionale Attori…
…e uno degli ideatori del Derby del Cuore che nasce
da una mia idea, da un mio proposito di far diventare importanti
queste partite che andavamo facendo qua e la per raccogliere fondi.
Se noi andiamo in uno stadio ed abbiamo mille persone non serve
a niente, se invece ne abbiamo 70 mila possiamo raccogliere fondi
importanti destinati alla solidarietà.
È
laureato in giurisprudenza ma la sua voglia di entrare nello spettacolo
è stata tale da cambiare totalmente i suoi piani…
In effetti ho intrapreso la carriera del professore di
lettere per un paio di anni in una scuola statale, avrei potuto
proseguire, ma l’ho interrotta così come ho interrotto
la carriera militare… Tutte queste esperienze, poi, hanno
notevolmente influito sulla mia vita professionale.
Il suo sogno nel cassetto?
Il mio sogno era il musical. Oggi mi sento di dire che la mia carriera
è iniziata il 16 giugno del 2002 quando ho potuto rappresentare
quella che è stata l’opera più importante e
più completa, “Padre Pio Santo della speranza”,
un’opera lirica moderna dove si può spaziare dalla
romanza classica al rap, alla tarantella e con mio immenso onore
ho potuto rappresentare quest’opera nell’”Aula
Paolo VI” in Vaticano, con un pubblico di 8.500 persone, con l’orchestra
e il coro di Santa Cecilia e altri grandissimi interpreti. Ora il
mio sogno sarebbe quello di fare un film da protagonista, un film
storico, diretto da un grande regista, un film dove si possa parlare
anche di storia e di cultura.
Recentemente sono usciti due suoi cd, ne
ha un altro in programma?
Ne ho due in programma. Uno è “Padre Pio Santo della
speranza” , è un canto-preghiera e poi un cd per Natale
con tanti brani che ho tenuto inediti per un po’.
Artisti si nasce o si diventa?
Credo tutti e due, perché l’estro, il dono
della voce, della simpatia li devi avere a prescindere, però
io dico sempre che la simpatia non basta, può essere utile
solo per i primi 5 minuti dopo devi avere una grande professione
alle spalle, devi avere esperienze altrimenti non riesci a condurre
lo spettacolo in modo degno, quindi artisti si diventa… anche.
Sito Ufficiale Toni Santangata --> www.cantacabaret.it
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