Il regista italo-americano racconta la genesi di “The Aviator” |
Hughes: “il cattivo ragazzo” di Scorsese |
Un capolavoro che delinea i contorni di un sistema sbagliato, ancora terribilmente attuale, tra american dream e disperazione |
di Marzia Serra
Martin Scorsese si conferma, con il film dedica a Howard Hughes in uscita in Italia il 28 gennaio, un regista di spessore, attento alle storie dei suoi personaggi e alle tecniche cinematografiche. Nell’incontrarlo, veniamo conquistati dal suo spiccato umorismo e dalla sua semplicità.
Cosa l’ha particolarmente affascinato nel personaggio di Howard Hughes e quali sono state le difficoltà tecniche delle riprese aeree?
Io ho sempre conosciuto Hughes e ho sempre saputo che da anziano viveva come recluso in un attico in un hotel di LasVegas, ma non avevo molta conoscenza e consapevolezza dei contributi che ha dato da giovane nel campo dell’aviazione soprattutto come pioniere in questo settore. La ragione per cui mi è piaciuta la sceneggiatura una volta letta, è che avevo davanti a me un giovane Hughes, un uomo dalla personalità straordinaria che nello stesso tempo covava in sé quella malattia che lo ha portato all’autodistruzione.
Le riprese aeree sono state le più difficili, ed è stato utilizzato un mix di diverse tecniche: riprese in diretta, riprese con la cabina di pilotaggio finta, abbiamo utilizzato dei modellini d’aerei telecomandati insieme alla computer grafica e tutto questo per duecentoquaranta inquadrature.
Secondo lei la ventennale reclusione di Hughes è stata volontaria o indotta?
I disturbi fobici del ricco aviatore sono andati aggravandosi nel tempo a causa di diversi incidenti aerei. Si era inoltre, circondato di collaboratori che assecondavano queste sue manie con l’intento di controllarlo più facilmente, queste persone speravano che un giorno il miliardario avrebbe lasciato loro qualche cosa in eredità.
In realtà a pochi Hughes ha lasciato i suoi averi, e la sua eredità è andata tutta alla fondazione in suo nome.
Dovete ricordare che lo strambo pioniere era talmente ricco da poter avere a sua disposizione tantissimi medici, ne aveva quattro. Questa patologia non era stata ancora diagnosticata all’epoca, l’unica cosa che avrebbero potuto fare era rinchiuderlo in un manicomio e costringerlo ad assumere farmaci.
Per come la vedo io possiamo paragonare Hughes ad un sovrano dell’antica Grecia, che aveva potere su tutto e tutti e per questo ha pagato il prezzo dell’autodistruzione
Chi è Howard Hughes per gli americani oggi, e che cosa vuole dire per l’America che lei abbia tirato fuori questo quadro di una concorrenza spietatissima?
Ho voluto volontariamente accentuare nel film lo scontro tra TWA e PANAM, perché questo tipo di lotta spietata avviene tuttora non solo in America ma nel resto mondo.
Quello che ha cercato di fare il nostro Howard ad un certo punto della sua vita, è stato togliere fango dal proprio nome; lui lo dice apertamente nel film: gli sono stati rivolti tanti appellativi non gradevoli, ma quest’uomo non è mai stato un bugiardo e lo dimostra.
Questo è il ritratto di un sistema, e quando si fanno trattative in affari possono succedere cose poco carine che risultano dirompenti per una delle due parti.
Se devo pensare ad un Hughes dei nostri tempi, mi viene in mente Ted Turner che ha una passione per la vela, inoltre ha avuto una grande influenza nel mondo creando la prima TV News 24 ore su 24; ma Hughes è talmente unico che non può essere fatto alcun paragone.
Si può tuttavia confrontare il nostro personaggio ad Icaro, che volando cerca di raggiungere il sole.
Perché Scorsese non ci ha fatto vedere di più sulla Hollywood di un tempo?
Perché noi ci siamo prevalentemente concentrati sulle tre ossessioni del protagonista che erano rispettivamente: l’aviazione, il cinema, e le donne. Mentre la prima è rimasta per un’intera vita, le ultime due sono andate scemando con il tempo.
E poi ci siamo soffermati per ricostruire la vita di Hughes, dal 1927 al 1947, un ventennio dal punto di vista cinematografico molto importante anche per il pioniere che ha realizzato “Angeli dell’inferno”e “Scarface”; progetti molto audaci.
Hughes è simbolo dell’american dream o della disperazione?
Un po’ tutti e due.
Molti critici hanno sottolineato la gioia, la carica e l’energia del giovane che voleva conquistare il mondo ma è anche un personaggio strambo come ogni pioniere.
Possiamo notare l’energia nel pilotare gli aerei, l’entusiasmo nella realizzazione del film “Gli Angeli dall’inferno”, ma come nel mio lungometraggio “Quei bravi ragazzi” qui nell’ultima ora della pellicola il protagonista paga il prezzo di tutto quello che ha fatto con l’autodistruzione!
Era nostra intenzione creare attrazione e contemporaneamente repulsione nei confronti di Hughes.
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