Arnoldo
Foà
Il grande attore, che a gennaio
compie ottantacinque anni di età, racconta ad Italy i suoi primi sessantacinque
e mezzo di carriera
Foà:
viaggio amarcord con il “vecchio leone”
Sfogo
al vetriolo contro la tv: “Vergognoso! Stanno uccidendo la cultura e
il teatro”
di
Maira
Nacar
Così
teatrale … eppur così vero. 85 primavere il prossimo gennaio; 65 anni
di teatro festeggiati in questo 2000. Incontriamo Arnoldo Foà nella
sua casa romana e ci addentriamo in un emozionante viaggio sul filo
dei ricordi, dai travagliati inizi artistici, sospesi bruscamente con
l’avvento delle leggi razziali a causa della sua origine ebraica, ai
trionfi, ai suoi rapporti con le donne e l’amata città d’appartenenza:
Ferrara.
L’esordio
come attore a 14 anni nel 1930, a cui farà seguito, tre anni più tardi,
prima l’iscrizione presso la scuo-la di recitazione “Rasi” di Firenze
e poi a 20 nel ’36 l’esperienza al “centro sperimentale di cinematogra-fia”
iniziata sotto il segno di un giudizio critico da parte di uno dei maestri
del cinema nostrano Alessandro Blasetti, assai scettico sulle sue possibilità
di riuscita; frequentazione questa, interrotta poi brusca-mente 2 anni
più tardi con l’avvento delle leggi razziali in quanto lei “ebreo”?
He beh … è stato un momento molto drammatico
quello … la storia poi è abbastanza curiosa perché mi ero innamorato
di una ragazza che frequen-tava come me il centro sperimentale, amica
di un colonnello dei carabinieri, il quale era consigliere militare
di Mussolini. Quando lei confessò a questo suo amico che era innamorata
di me, lui prese notizie della mia famiglia di Firenze e poi le scrisse
una bellissima lettera nella quale diceva che io ero di ottima famiglia,
non molto benestante ma stimata, che ero una persona per bene, ed è
proprio a questo punto che “coincidenza” sono venuto a sapere … credo
per primo in Italia … che di lì a poco il Duce avrebbe iniziato la campa-gna
razziale contro gli ebrei.
E’ la forza
della passione a spingerlo a continuare sulla strada della recitazione,
al punto da divenire il sostituto ideale di quei colleghi impossibilitati
per una motivazione o l’altra a proseguire le varie reci-ta programmate
in cui lei Foa’, a causa delle limitanti proibizioni del-le leggi razziali
(imperanti all’epoca), risulterà come “presente-assen-te” grazie ad
un escamotage … quello dell’utilizzo di nomi falsi per ogni rappresentazione,
ciò con la complicità dei capi comici di turno i quali a domanda di
… simulavano sempre d’ignorare la sua vera identità!
Sì … più o meno era così … ricordo che una
volta ebbi un incontro con “Ricci” mentre facevo un “Ghildestern” al
posto di uno che si era ammalato … fui chiamato da lui in camerino …
“ah, sei bravo tu eh!”;
Io: “grazie” … mi disse: “ma perché hai domandato
così poco per sostituirmi?”;
Io: “non mi sembrava il caso di pesare sulle
compagnie, soltanto perché questi si sono ammalati!”;
Ricci: “ma tu dovresti chiedere di più!”;
io: “fra l’altro essendo ebreo, non potrei nemmeno lavorare e sono escluso
dalla carriera d’attore”; Ricci: “ah … questo non lo sapevo, e va bene
… domani voglio parlarne al ministero!”;
Io: “no! Dico per l’amore di Dio non ne parli
se no dopo veramente non lavoro mai più”.
Signor Foa’,
correndo sul filo dei ricordi … le propongo a questo punto un semplice
giochino: per ogni nome che sto per farle, un suo pensiero a riguardo.
- Anton Giulio Majano “Capitan Fracassa”
del ’58 e C.
Dunque … la sua fortuna devo dire è stata
quella di prendere testi molto importanti, non come si fa adesso con
proposte di storie che non hanno sotto alcuna sostanza, in cui qualcuno
che muore deve risorgere perché lo hanno richiesto di più. La sua abilità
era quella di andare incontro alla commozione del pubblico.
- Lina Wertmuller e “Il giornalino di
Giamburrasca” del 64/65.
Con Lina Wertmuller ho fatto solo questo
e devo dire che era bravissima nel preparare le scene e nel legarle
l’una all’altra.
- Sandro Bolchi e “Bel ami” del ’79, “L’esclusa”
di Pirandello e “Gelosia” dell’ ’80.
Si … ecco eravamo molto amici con Sandro
… spero che non sia morto … ci volevamo bene e c’era una stima reciproca.
- Giovanni Soldati e “I racconti del maresciallo”
dell’ ’84.
Quando mi proposero questa cosa mi sono divertito
molto a farla, perché ho vestito gli abiti del maresciallo dei carabinieri
per 6 mesi circa e i carabinieri che stavano con me facevano finta che
io fossi veramente un maresciallo. Naturalmente quando qualcuno si fermava,
i militi indicavano me dicendo … “parli con il maresciallo”, questi
poi venivano, mi riconoscevano ma non avevano il coraggio di interpellarmi
… pensavano che fossi “uno” che mi somigliava parecchio. Con Giovanni
siamo rimasti molto amici.
- Giacomo Battiato e “Il cugino americano”
dell’ ’86.
Beh, ricordo molto poco di questo film, tranne
il fatto che in quella occasione incontrai per la prima volta Ricky
Tognazzi che faceva una parte anche lui.
- Rossella Izzo e “Leo e Beo” del ’97
e “Una donna per amico” del ’98.
Rossella Izzo è una donna che adoro, bravissima,
molto carina e molto attenta … non si dà arie per niente … è di una
semplicità straordinaria.
- E chiudiamo con Gianni Lepre e “Fine
secolo” del 1999.
Lepre è un personaggio divertente … interessante
… che ha un’anima … lui si che è vicino agli attori, molto vicino, e
quello che suggerisce quando si gira una scena è sempre intelligente.
Volgendo lo
sguardo fuori dal nostro paese, ci accorgiamo che il suo tocco geniale
di attore ha colpito anche l’attenzione di alcuni tra i più importanti
registi del panorama internazionale. Ricordiamo il serial girato nel
’94 per la TV tedesca “Due padri ed una figlia”, realizzato dalla Tele
Norm Film di Monaco per la Bayrischer RF.
Si! Devo dire che mi era rimasto … come dire
… un certo odio verso i tedeschi, tanto che ho visto uccidere un ragazzo
a Napoli (n.d.r. l’attore si riferisce ai tempi del secondo conflitto
mondiale) da un ufficiale tedesco, solo per avere preso delle patate
cadute dal camion in passaggio … io purtroppo, o meno male, nella vita
ho avuto fortuna … ho tentato, però, di uccidermi, quando ero nel periodo
più brutto … quello razziale e non potevo lavorare, non avevo una lira,
non mangiavo, non potevo fumare, raccattavo le cicche per terra … perché
ho fatto “anche” questo … e quando vedevo una cicca un po’ più lunga,
me la mettevo nel bocchino. Poi però quando ho lavorato con i tedeschi,
li ho trovati così carini, ma così gentili e affettuosi, che mi sono
sentito un po’ vergognare per quello che avevo pensato su di loro.
Personaggio
schietto, dall’apparenza un tantino “snob”, critico nei confronti della
televisione italiana colpevole, secondo lei, di non dare sufficiente
risalto alla cultura, relegata in rare occasioni a ruoli di ultimo piano,
con programmi mandati in onda nel cuore della notte, quando molti telespettatori
sono già avvolti nelle braccia di Morfeo. Un problema, questo, avanzato
negli ultimi anni anche dal compianto Vittorio Gassman.
Si … sono perfettamente d’accordo … è vergognoso
quello che fa la TV italiana in questo momento … vergognoso! La cultura,
la musica classica, il teatro, non ci sono più … ma dico, cosa è saltato
in mente a certe persone? Chi è che dirige? Cosa fa la Melandri? Che
facciamo? Possibile che il pubblico … il popolo italiano non si ribelli
a questa vergogna?
Foa’ e la
sua città, Ferrara.
Adoro Ferrara, i cittadini sono meravigliosi.
A Ferrara puoi parlare con chiunque. Se fermi per la strada qualcuno
per chiedere una cosa, ti risponde con una gentilezza che in nessun
altra città puoi trovare … mio padre era piemontese.
Foa’ l’amore
e … le donne.
Senta, quando lei si trova in un giardino
dove ci sono tanti bei fiori, beh … ti viene voglia di raccoglierli,
non saprei dirle altro.
Ne sceglie
uno o un po’ tutti?
Ne prendi uno ma poi ne vedi un altro che
è più bello del primo.
Qual è stata
l’emozione più grande che ha provato in assoluto nel corso della sua
longeva esperienza artistica?
Vuol sapere un’emozione? Una volta sono andato
alla “Scala” a fare la voce recitante in un concerto … la musica non
è che mi piacesse tanto … mentre quello che leggevo era molto bello,
si trattava delle “Lettere dei condannati a morte della Resistenza”;
quando si è aperto il sipario sulla platea, sui palchi e sul loggione
del teatro, ho sentito un’emozione mai provata in vita mia.
Quale consiglio
darebbe a quei giovani baciati al giorno d’oggi dal cosiddetto “sacro
fuoco della recitazione”?
Ho scritto un libro … se lo legga, s’intitola
“Recitare” ed è edito dalla Gremese.
Dovendo fare
un bilancio sui suoi primi 85 anni (in attesa dei prossimi 85 e più
che verranno) … cosa si sente di dire in tutta sincerità ai lettori
di Italy?
Tanti auguri e buona salute.