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FOTOGRAMMI
A NUDO a cura di Stefania
Chiolo
"L'ultimo
bacio", il capolavoro del giovane regista Muccino Uno
spaccato profondo sull'amore e le sue crisi, che non conoscono età
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Trent'anni,
una fidanzata, tutto bene, lavoro, famiglia, ma manca qualcosa.
Carlo (Stefano Accorsi), il protagonista del nuovo film di Gabriele
Muccino sente che, lungo il percorso dall'adolescenza all'età
matura, ha perso quell'insostenibile leggerezza dell'essere, i
brividi allo stomaco dei vent'anni. Ama Giulia (Giovanna Mezzogiorno),
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ragazza seria, responsabile, incinta di tre mesi, che come quasi
tutte le donne nel suo stato è tutta presa a preparare il nido
per il nascituro. Il suo incontenibile e tenero entusiasmo di
futura mamma, amplificano l'infantilità di Carlo che reagisce
all'imminente paternità, regina di tutte le responsabilità, fuggendo,
alla ricerca dell'ultima emozione, di quei sapori ancora di recente
memoria, come chi, alla vigilia di un digiuno forzato, si abbuffa.
All'indomani del compimento dei trent'anni, il mondo circostante
fatto di parenti, conoscenti e vari adulti non fa altro che ricordarti
che è finito il tempo delle mele, che è ora di costruire qualcosa
e di assumersi le proprie responsabilità. Affrancati
dalla fatica della moderna tecnologia, preoccupati più dell'andamento
della borsa, che dalla crisi di valori, felicemente schiavi dell'assillante
telefonino, inchiodati al video del computer, i trentenni di Muccino
sono tanto veri. quanto comici nella loro danza del vorrei ma
poi... "L'ultimo bacio" è senza dubbio un film di grande qualità
che ben rappresenta i trentenni del 2000. Il regista rifiuta la
definizione di film generazionale, e come dargli torto? Infatti
"L'ultimo bacio" racconta la crisi dell'amore a tutte le età.
Basta pensare a Stefania Sandrelli, la madre di Giulia che dà
voce alla crisi, troppo spesso soffocata, della mamma di famiglia,
che educata all'ombra di una cultura ancora maschilista, emancipata
dalla rivoluzione sessuale, di cui magari ha solo sentito parlare,
è divisa tra nuovi bisogni individuali, retaggi culturali e sclerotica
routine. Il film di Muccino brilla di luce propria nel panorama
del cinema italiano. Interrompe infatti la tradizione dei regionalismi
e della commedia italiana alla Vanzina. Lunghi piani sequenza
che ti coinvolgono fino in fondo, cura minuziosa dei particolari,
dalla fotografia alla colonna sonora di Paolo Buonvino, al cameo
di Carmen Consoli, alla produzione di Domenico Procacci, alla
scelta del cast. Notevoli le interpretazioni di Stefano Accorsi
e Giovanna Mezzogiorno, due promesse del cinema italiano, autentici
e credibili nei panni di Carlo e Giulia, lui con l'aria svanita
di chi vorrebbe volare in alto come un palloncino e perdersi nell'azzurro
infinito del cielo, lei solida e concreta che tiene il filo di
quel palloncino e cerca di ancorarlo a terra. Vibrante Giovanna
nella sequenza che vede Giulia trasfigurarsi da tranquilla ragazza
borghese, sicura delle sue "sicurezze", in una virago con tanto
di coltello che agita minaccioso dinanzi all'uomo traditore. Tenera
anche Francesca (Martina Stella) che con quella leggiadria tipica
dei vent'anni incarna tutto ciò che l'età matura dimentica. Il
ruolo la vorrebbe femme fatale, ma riempie di tenerezza il suo
correre incontro all'amore senza riserve e con quella disarmante
ingenuità che le fa regalare "Siddartha" ad un trentenne, un po'
come regalare "Cenerentola" o "Pinocchio" ad un cinquantenne....anche
se la voglia di favole non ha età. |
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