Antonio Di Pietro lancia l'allarme. E critica i colleghi

"In Italia il culto della personalità rasenta la follia. E credo di poterlo dire perché sono tra quelli che non fa mettere sulla macchina neppure il lampeggiante". Parola di Antonio Di Pietro, l'ex magistrato più famoso d'Italia, oggi ministro delle Infrastrutture.

Ecco, a proposito di lampeggianti, pare che al suo ministero ce ne fosse una miniera.
"Ne ho trovati alcune decine. E anche a palette non si scherzava. Ma in pochi giorni ho deciso di far piazza pulita. La gente guarda e ci giudica".

Parliamo di scorte. Sono troppe?
"C'è un sistema quasi infallibile per capire se una scorta è mera esibizione di potere. Quando si vede un codazzo di macchine scure con sirene varie e uomini vestiti come i bodyguard dei film, la scorta di solito non serve a un cavolo. Perché chi rischia la vita deve spostarsi senza dare nell'occhio".

Lei ce l'ha?
"Ridotta al minimo, appunto".

E quando faceva il magistrato?
"Ho avuto paura solo dopo la morte di Falcone e Borsellino, quando all'inizio di Mani pulite venni indicato come possibile obiettivo. Proprio in quel periodo ho imparato a essere anonimo".

Codazzo di autisti al ristorante?
"Orrendo. Il potente seduto a tavola nel posto di grido, e la scorta fuori in macchina ad aspettare. Si vede solo in Italia".

Accoglienze da re per comizi in provincia?
"Un conto è la simpatia della gente, se te la meriti. Un conto è paralizzare un'intera zona. Come ho visto qualche giorno fa".

Racconti, racconti...
"Dovevo andare in Puglia a parlare. Arrivato vicino al posto vedo una parata di vigili, poliziotti, carabinieri. Mancavano solo i pompieri. E c'era pure un elicottero che volteggiava. Sembrava l'Iraq".

Tutto per lei.

"No, per un collega che non sapevo fosse stato invitato insieme a me".

Fuori il nome.
"Per una volta sarò omertoso. Per carità di patria, diciamo. Ma rispetto al governo precedente sembriamo svedesi, quanto a sobrietà".

Prodi che viaggia in treno?
"Splendido messaggio, appunto. Altro che Berlusconi".

Parliamo di soldi. La politica costa...
"Costa troppo".

Stipendi da urlo.
"Ecco, andiamo al sodo. Gli stipendi dei politici sono parametrati per legge a quello del primo presidente di Cassazione".

Saranno almeno 14 mila euro lordi al mese.
"Ma stiamo parlando del più anziano e importante magistrato d'Italia. Le pare giusto che un neo deputato di 29 anni guadagni quella cifra? O il consigliere di una regione a statuto speciale? E poi il trucco sta nelle indennità aggiuntive".

Ossia?
"Il primo presidente di Cassazione guadagna quella cifra e basta. I politici hanno rimborsi spese di ogni tipo, mutue, facilitazioni pensionistiche, diarie giornaliere impressionanti".

Che fare?
"Basterebbe dire che quel parametro illustre dev'essere il massimale onnicomprensivo. E non una rampa di lancio potenzialmente illimitata. Ma poi mica ci siamo solo noi politici nazionali. Vogliamo parlare di enti locali, authority, società miste? Bisogna mettere un freno alla proliferazione locale di società miste e agenzie che duplicano gli assessorati".

Clientela pura, spesso.
"È la nuova Tangentopoli. Anzi, peggio. Perché è legalizzata. Formalmente è tutto in regola. Ma sono voti scambiati con assunzioni e prebende".

E gli stipendi d'oro nel parastato?
"Immorali, infatti in sede di Finanziaria si è provato a mettere un tetto al numero dei consiglieri nei cda e agli stipendi".

Sul tetto agli stipendi, però, c'è chi dice che così facendo nessun bravo manager si concederà più al pubblico.
"Scemenza grossa come una casa. Abbiamo pagato per anni stipendi miliardari a manager che venivano dal privato. Ora li stiamo mandando a casa con buonuscite favolose. Ebbene, questi 'super-eroi' come hanno amministrato treni, aerei, strade?".

Lei era il simbolo dell'italiano che s'indigna per sprechi e ruberie. Adesso che le dice la gente per strada?
"C'è chi magari ancora mi abbraccia, ma poi mi dice all'orecchio: era meglio quando facevi il magistrato. È una cosa che mi addolora tantissimo. Penso ai senatori che lavorano 20 ore al giorno sulla Finanziaria o a certi sindaci che per pochi soldi rischiano la vita. E penso che non è giusto fare di ogni erba un fascio. Però se tutti ci dicono le stesse cose, a noi politici, significa
che in generale il sistema non va. E che dobbiamo cambiarlo".