di Paola Pilati
Non tagliare stipendi e posti di lavoro. Via i manager. Puntare sul lungo raggio. No a Air France. Il futuro della compagnia di bandiera secondo il leader comunista Franco Giordano
Franco Giordano
segretario di Rifondazione Comunista
Gli advisor che il Tesoro si accinge a selezionare per accompagnarlo nella vendita dell'Alitalia avranno subito una bella gatta da pelare. Coniugare in una confezione presentabile agli occhi del mercato internazionale una privatizzazione piena di condizioni che suoneranno ostiche a molti di loro. I paletti che il governo ha deciso di piantare a delimitare il cammino dei candidati vanno dalla garanzia di una adeguata copertura del territorio, all'impegno dei livelli occupazionali, al mantenimento dell'identità nazionale e a quello del logo e del marchio. Se quest'ultimo sembra andare nel senso dell'interesse di qualsiasi acquirente, e il primo sembra voler scongiurare uno spolpamento della compagnia e delle sue rotte, sugli altri due paletti si sono rizzate le antenne del fronte imprenditoriale in cui si muovono le potenziali cordate. Il capo di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ha messo preventivamente le mani avanti: "Gli imprenditori devono investire e rischiare, certo, ma non sono kamikaze. Anche Alitalia va affrontata in un'ottica di mercato". Affermazione che sta sulla stessa lunghezza d'onda di quella fatta pochi giorni prima da Jean-Cyril Spinetta, il capo di Air France: un avvicinamento con Alitalia è possibile, ma solo "se crea valore per gli azionisti e per i dipendenti". Così, mentre si formalizzano le candidature all'acquisto della compagnia, il cui dossier è sulle scrivanie di imprenditori come Carlo De Benedetti (editore di questo giornale) e di Diego Della Valle, di banchieri come Corrado Passera (che schiera la sua Intesa con l'imprenditore di Air One Carlo Toto) e di grandi gruppi stranieri come Deutsche Bank, di grandi fondi Usa, ma anche italiani come Clessidra, vale la pena di incominciare a chiarire. E chiedere per esempio al segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, cosa ne pensano lui e il suo partito di come vada fatta questa privatizzazione.

Segretario, è un momento storico: lo Stato potrà uscire dall'Alitalia...
"Nessuna uscita completa: il Tesoro mantiene comunque una percentuale".

Visto che il compratore dovrà lanciare un'Opa su tutto il capitale, il Tesoro non ne approfitterà?
"Potrebbe conservare una quota di minoranza: può concordare con la compagine imprenditoriale che entra nel progetto il mantenimento di una quota pubblica".

È necessaria?
"Per una realtà strategica come è quella della compagnia di bandiera penso che sia utile. E stare a discutere se sia più efficiente il pubblico o più il privato, dopo l'affare Telecom mi sembra inutile".

Come azionista di Alitalia lo Stato non è stato granché...
"Il problema è il management. Per quanto lautamente pagato, anche in contrasto con le condizioni dell'azienda, il fallimento del management è sotto gli occhi di tutti. Cimoli si è mostrato inadeguato e io vedo con favore la sua dipartita dall'azienda. Il caso Alitalia non dimostra il fallimento del pubblico, ma di quel management. Chiunque voglia rilanciare l'Alitalia deve ricostruire anche l'efficienza interna dell'azienda, compromessa dai tagli. Cimoli si era dato l'obiettivo di competere sui prezzi e sui costi, ma lì è fallito: non puoi competere con le low cost, ma devi competere sul lungo raggio. E puntare a un'alleanza a Oriente e con la Cina".

Quando parla di tagli che hanno compromesso l'efficienza interna, cosa intende?
"Parlo dei due-tre mila lavoratori che sono stati allontanati dall'azienda. Si è giocato su contrazione dei costi, si è persino risparmiato sulla sicurezza".

Ma Alitalia presentava costi superiori a quelli delle compagnie concorrenti.
"Lo contesto: ha sbagliato sui piani industriali, nel disegno delle rotte, sugli accordi presi. Ora occorre ribaltare la direzione presa. La proposta del governo deve mettere dei vincoli. È l'esatto contrario di quello che chiede Montezemolo".

Quanto ha pesato Rifondazione sulle decisioni prese finora su Alitalia?
"Noi abbiamo posto il vincolo occupazionale, il tema del rilancio industriale e dell'avvicendamento alla guida dell'azienda".
Guai a toccare il numero dei dipendenti?
"Quando colpisci la forza lavoro è l'intera azienda che ne soffre sul terreno della qualità. Riconoscere tutele e diritti, non incidere sulle retribuzioni e non tagliare i costi, ma investire su strategie competitive, è questo lo scambio da fare".

Occorrono risorse per questo. Ma Alitalia non le produce.
"È l'effetto Cimoli e della cura di dimagrimento ".

Veramente anche prima non andava bene.
"Ma lui non ha invertito il segno. Adesso l'ingresso di privati con questi vincoli e con un orientamento pubblico in grado di poter decidere sulla qualità del progetto, può determinante un rilancio di Alitalia".

Persino Air France ha detto: la prendiamo solo se ci date mano libera sui costi.
"Infatti penso che Air France sia il partner sbagliato. Prosciuga l'azienda. Dovremmo trovare partner che ci facilitino sulle rotte a lungo raggio. Penso alla Cina: D'Alema è andato per questo".

Abbandonare la strategia di alleanze seguita finora?
"Esattamente. Siamo stati subalterni in questi accordi, che hanno portato vantaggi solo agli altri partner".

Altro vincolo è quello dell'italianità. Limita un po' l'identikit degli acquirenti.
"Parliamo di identità nazionale. Oltre alla presenza pubblica, si devono creare le condizioni per una presenza italiana nella proprietà. Può essere utile per evitare la colonizzazione della compagnia di bandiera".

Non sarebbe meglio lasciar agire il mercato?
"Lasciar fare al mercato ha spesso determinato perdita dell'occupazione e difficoltà dell'azienda. Mettere paletti, avere una politica di programmazione, prevedere un quadro delle rotte: se lo lasciassimo al mercato, il rischio che l'azienda possa essere o assorbita o ridimensionata è molto grande".

Ma molte assunzioni in Alitalia sono state fatte per motivi politici.
"Invadenza della politica e meccanismi clientelari? Certo è andata così. Non difendo tutte le malefatte del sistema del potere, ma di qui a celebrare le magnifiche e progressive sorti del privato ce ne passa. Lo si è visto sulla vicenda Telecom e sul resto delle privatizzazione del nostro paese: abbiamo un'imprenditoria che ha acquistato tanta roba senza avere neanche una lira. Ha teso solo ad accaparrarsi i profitti: proporre il rigore a noi è davvero discutibile. Non c'è nessun primato del privato. Ritengo che sia utile difendere uno spazio pubblico in economia, come fanno altri paesi in Europa".

Rafforzamento del peso nazionale di Alitalia attraverso la fusione con Air One: che ne pensa?
"Chiedo solo che il piano industriale sia valido e che venga discusso preventivamente. E che ci sia voglia di investire, e non di voler fare operazioni di speculazioni finanziarie".

Air One è impresa assai indebitata con Capitalia...
"Perciò parlo di speculazioni finanziarie. Le operazioni vanno verificate con attenzione: non credo che si debba dare via libera a fusioni con imprese che non garantiscono le risorse per il rilancio".

Montezemolo ha raffreddato gli animi: perché?
"Non vuole vincoli. Sono stati abituati male, questi imprenditori italiani. Abituati a ottenere il massimo di profitto con il minimo di investimento: per loro le privatizzazioni sono senza possibilità di perdita. Vogliono andare sul sicuro".

Qui invece ci vogliono imprenditori che ci mettano soldi.
"Che ci mettano soldi, che discutano con il pubblico il piano industriale di rilancio, che mantegano il livello di occupazione".

L'Antitrust ha frenato più volte le ambizioni di Alitalia, per esempio l'acquisto di Volare. Ora dice: se ne può parlare. Cosa è cambiato?
"Ci stiamo mettendo al passo degli altri paesi europei: Air France controlla l'80 per cento dei voli domestici. Non difendo una politica protezionista, ma chiedo la protezione del sistema paese".

Così i consumatori verranno protetti?
"Secondo me sì. Bisogna evitare che il diritto del consumatore sia contrapposto al diritto del lavoro: questo è un punto decisivo. Sono favorevole alla politica dei bassi prezzi, ma deve essere compatibile con la tutela del lavoro. Aggiungo che per noi la strategia di rilancio dell'Alitalia deve avvenire sulle rotte a lungo raggio. Quindi non esclude le low cost. Anzi, si dovrebbe stimolare la concorrenza sulle rotte nazionali".
Come obbligare Alitalia a ridurre la sua presenza sulla Roma-Milano, da cui prende una buona fetta dei suoi proventi?
"Se si fondesse con Air One il Roma-Milano diventerebbe addirittura un monopolio. Occorre proteggere i volo domestici ma non avere un monopolio".

Fiumicino-Malpensa: i sindaci chiedono la difesa dei due hub. Eppure molti sostengono che è l'origine di forti perdite.
"Noi eravamo contrari a costruire un aeroporto a Malpensa. Oggi dovremmo cercare un riparto dei ruoli".

Anche facendo spazio a un'altra compagnia?
"Perché no? Occorre evitare la competizione tra i due aeroporti".

Dei manager che si sono avvicendati in Alitalia, qual è stato il migliore?
"Non ne ricordo nessuno di positivo".

E chi le piacerebbe al posto di Cimoli?
"Vorrei che fosse un lavoratore. Un nome ce l'ho in mente: uno che ha lavorato a lungo nel mio partito. E vorrei che avesse uno stipendio legato ai risultati che porta. E comunque abbiamo proposto che il massimo dirigente di Alitalia non debba guadagnare più di 15 volte lo stipendio dell'ultimo dei dipendenti".