di Stefania Rossini
La televisione. Gli sberleffi. Il governo. Ruini. E la psicoanalisi, l'amore, la voglia di maternità, la bimba russa in affido. Campionessa di comicità, Luciana Littizzetto si racconta
Luciana Littizzetto (foto da Lucianalittizzetto.it)
Vista da vicino, Luciana Littizzetto è una simpatica signora che potrebbe fare qualsiasi professione. Non c'è comicità istrionica in lei, come non ci sono quelle cadute malinconiche che il luogo comune sospetta sempre dietro il talento umoristico. Potrebbe essere un'architetta, per via del bell'appartamento sui tetti di Torino che ha ristrutturato e arredato con armonia. O una casalinga realizzata per via della mousse di fragole che ti mette in mano quando hai appena superato l'uscio di casa. Insomma, una come tante, nei toni e nei modi. Ma diventa la Littizzetto nelle zampate improvvise, quando l'intervista sentimentale che la chiama a riflettere su di sé, incontra il fatto o l'uomo giusto. Come, ad esempio, il cardinal Ruini, bersaglio sublime della sua rubrica nel programma 'Che tempo che fa' di Fabio Fazio.

È qui che ultimamente Luciana ha forse trovato il suo registro definitivo, aggiungendo alle scabrosità lessicali di sempre l'attenzione irsuta all'attualità politica e sociale. Ha così sommato pubblico nuovo a pubblici antichi, raggiungendo vette di share e di gradimento clamorosi.

È così, Littizzetto? RaiTre l'ha finalmente consacrata grande comica?
"E pensare che mi dicevo: se vai a RaiTre, sai dove vai, in un posto dove ti pagano poco e ti vedono meno".

Invece?
"Invece è scattato qualcosa. Fazio mi ha dato cittadinanza con il suo pubblico, io gli ho portato l'altra parte, quella che mai si sarebbe sintonizzata per vedere un'intervista a Padoa-Schioppa. Con tutto il rispetto per Padoa".

Anche lei però è cambiata. Prima miserie femminili e schifezze maschili. Ora temi sociali, politici, etici. Che le è successo?
"È successo che ora tutti fanno umorismo su single e crisi di coppia. Allora mi sono guardata intorno e ho capito che la gente si interessa anche alla vita pubblica. Ma io non so fare satira classica".


Che cosa sa fare?
"Lo sberleffo. L'urlo. 'Avete fatto questo? Ma siete scemi!'. Per trovare ispirazione basta leggere i giornali con un po' di buon senso".

Faccia un esempio.
"Se la Cassazione sentenzia che 'sporco negro' non è un insulto, che facciamo? Ci indigniamo e basta? O gli proponiamo di andare a dire sporco negro a Tyson e aspettare la reazione? Però il serbatoio più ricco è Sua Eminenza".

C'era da scommettere che sarebbe arrivata a Ruini.
"E come si fa! Lui è sempre lì a dirti da che parte devi stare, in ogni situazione. E allora io voglio sapere bene tutto. A Natale, pandoro o panettone? Ora che si va al mare, sdraio o lettino, moscone o pedalò? Mica possiamo decidere da soli!".

Sul nuovo governo non si è ancora espressa...
"Direi che è un po' esteso. E con poche donne. Però buone, tutte verdure".

Littizzetto che fa, torna ai suoi classici?
"Solo per un momento. Ha visto la Bindi? Bianca e amarognola come l'insalata belga, indispensabile in ogni pinzimonio. E la Turco? Un carciofo che sembra spinoso, ma basta farlo bollire a lungo e il cuore si intenerisce. La Bonino è una carota, ma ha radici lunghissime. La Melandri, molto figa, è un'insalata riccia e invitante".

Nel comico, la politica può anche portare all'invettiva e al moralismo di Grillo. Non teme quella strada?
"Grillo è bravissimo. Però non vado a vederlo per non patire il confronto e per paura di copiare le sue cose, magari solo inconsciamente. Io voglio essere pura".

Dove trova la sua misura? Come sa quando fermarsi?
"Guardi, sulla misura ho un lungo allenamento familiare. Mia madre mi ha bloccato per anni con frasi definitive. Se per esempio non rendevo bene alla scuola di danza, mi diceva soltanto: 'Meglio che stai seduta'. Oggi è capace di dirmi: 'Non potresti andare in onda un po' prima, che poi vado a dormire?'. È un atteggiamento terapeutico, perché ti ricorda che la vita è altrove".

La sua dov'è?
"Non so indicare una divisione netta tra vita e lavoro. Io penso e scrivo a casa i miei testi, e mi capita di prepararmi agli spettacoli allenandomi alle parole. Se, per esempio, devo fare una trasmissione a Milano, in viaggio leggo un romanzo. Così quando arrivo, ho più parole a disposizione nella testa".
Lei è una sorpresa, Littizzetto. Dove ha imparato a padroneggiare i meccanismi della creatività?
"Probabilmente in analisi, dove sono stata sei anni. Ma, per favore, non mi chieda se ho avuto un'infanzia infelice".

Me ne guardo bene.
"E non ero neanche depressa. Semplicemente volevo saperne di più su me stessa. All'inizio questo mestiere mi sbalestrava. Io non appartengo al mondo dello spettacolo, non sono una che va alle feste, se mi devo vestire da sera mi viene il brivido. D'altra parte, il mio lavoro mi piaceva da matti. Così ho chiesto aiuto alla psicoanalisi, anche se pensavo: 'Ma come faccio se poi mi passa la dissonanza che sento dentro e non so più fare le mie cose?'".

La dissonanza è restata?
"L'analista è stato bravo. Mi ha detto subito: 'Guardi che noi mica trasformiamo le persone. Lei rimarrà quella che è, ma si sentirà meglio'. Piano piano ho aperto una finestrella per volta, come nei calendari dell'avvento. Certo, alcune restano chiuse, ma si impara a cercare da soli altre strade per socchiuderle un po'. Ora mi aiuto con lo yoga".

Anche l'amore è andato meglio? Oggi lei ha un rapporto stabile, quasi un matrimonio.
"Infatti, prima ero una monogama seriale. Tante storie, ma in sequenza. Ora ho un Pacs ufficioso con Davide, il mio compagno da sette anni. Ci siamo scambiati l'anello in oreficeria. Scommetto che ora mi farà l'altra domanda di rito".

Quale domanda?
"Quella che mi fanno tutti. E un figlio? Arriva, non arriva, lo vuole?".

Beh, lei ha superato, anche se da poco, i quarant'anni. C'è una scadenza biologica...
"Come lo yogurt, eh? Sono ancora mangiabile per poco. I figli non sono venuti, forse verranno. Ma credo che sarò una donna tranquilla e rilassata anche senza un figlio. Per ora ho fatto qualche esperienza di affido familiare".

Anche questa è una cosa che non si sospetta in lei. Quale sentimento l'ha spinta?
"Uno di base, molto semplice. Aprire le porte a bambini poco fortunati, farli partecipi dei nostri privilegi, dare loro qualcosa di lieve e di leggero. Però, quando vanno via, è molto doloroso".

Se la cava bene nel ruolo di madre?
"Faccio del mio meglio, ma non inseguo la perfezione. Accolgo questi bambini d'estate, quando ho più tempo per loro. Mi sento responsabile, ma penso che non bisogna esagerare con gli scrupoli. Con la piccola russa che è stata qui e che tornerà, ci intendiamo bene. Eppure io non so il russo e lei non sa l'italiano. Insieme facciamo molto Marcel Marceau, siamo una grande coppia di mimi".

Non ha mai pensato a un'adozione?
"Ci ho pensato, ma sono più favorevole all'affido. L'adozione è una cosa bellissima, ma sotto c'è il bisogno di possedere, anche giustamente, un bambino. L'affido è un'altra cosa. Ti fa sentire come un fiume che scorre per conto suo e a un certo punto accoglie nelle sue acque un pesciolino. Il pesciolino scivola un po' insieme a te e poi prende un'altra strada. È una sensazione dolce, ma il distacco è straziante".

Che conti fa con il tempo che passa?
"Scarsi, mi interessa poco. Sto molto meglio di quando ero giovane. Non sono mai stata bellissima e quindi non sto lì a contarmi la ruga".

Nel mondo dello spettacolo l'apparenza ha la sua importanza. Può davvero ignorarla?
"In questo campo sono una veterana. Quando sei adolescente e per farti notare a una festa devi metterti i petardi in tasca, impari a stimolare altre parti di te".

Quali parti?
"Quelle che fanno capo alla simpatia, all'espressività. Spesso le persone, incontrandomi per strada, mi dicono: 'Lo sai che sei più carina dal vivo?'. Sono sinceri, ma in realtà vogliono dire che, siccome sono simpatica, l'insieme risulta carino".

Ma lei è davvero più bella che in televisione. Glielo confermo.
"Visto che ci casca anche lei! Vuol dire che le sono proprio simpatica".