Ritorno in Italia. Finisce l’incubo per gli italiani che si trovavano a Mumbai durante l’attacco terroristico di tre giorni fa.

Alle 13 di sabato sono atterrati all’aeroporto di Parigi, da lì ognuno ha preso la sua destinazione. Tra di loro, c'è anche Massimiliano Di Lorenzo, 38 anni, che ha perso il padre, l'imprenditore livornese Antonio Di Lorenzo.

C’è Arnaldo Sbarretti, 48 anni, di Milano, che per motivi di lavoro si trovava nell'hotel Oberoi/Trident quando è scoppiato l'inferno: «Mi trovavo nella hall dell'albergo quando i terroristi sono entrati sparando - ha raccontato all'Ansa - uno della sicurezza mi ha sbattuto nell'ascensore e mi ha detto di tornare in camera. Sono rimasto barricato tra la vasca da bagno e il water per 42 ore, o forse più, senza mai uscire, senza mangiare. Ero solo e avevo paura. In queste situazioni il cervello fa pensare le cose più disparate, pensavo che sarebbe finita».

Tutti, come ovvio, hanno ancora davanti agli occhi le immagini di quelle lunghissime ore. Marianna Castellaneta, 64 anni, porta ancora addosso l'abito che aveva la sera in cui, mentre era al ristorante dell'Oberoi con il compagno, Ugo Giurato, 68 anni, «hanno cominciato a sparare». «Con l'aiuto di una ragazza dell'albergo che è stata davvero eroica - racconta – siamo saliti al 19/o piano del palazzo passando per le scale di servizio. Siamo rimasti tre ore e mezzo nascosti dietro ad un cassonetto della biancheria. Abbiamo sentito sparare, non si vedeva nulla, pensavo che non saremmo mai sopravvissuti». La coppia era in vacanza in India già da una quindicina di giorni e Mumbai era l'ultima tappa del loro viaggio. «Ero così felice», dice mostrando le mani ancora segnate di nero. Tutti i loro bagagli sono rimasti in albergo, tornano a casa senza più niente. «Mi sento come una profuga - dice - ma siamo in vita».

L’assedio a Mumbai è finito solo sabato mattina, quando le teste di cuoio indiane hanno ucciso gli ultimi tre terroristi asserragliati dentro l’hotel Taj Mahal. Si è chiusa così una battaglia durata 60 ore che ha fatto almeno 195 morti, tra cui 22 stranieri, e 295 feriti.

Ora serve una risposta politica alla tragedia: il presidente pachistano, Asif Ali Zadari ha assicurato la piena cooperazione del suo paese all'inchiesta sugli attentati a Mumbai e si è impegnato ad adottare «le misure più severe» nel caso in cui venisse appurato che i terroristi erano basati in Pakistan. Il capo dello stato pachistano e vedovo di Benazir Bhutto, assassinata un anno fa in un attentato, si è detto «impegnato nella misura del possibile» nell'opera volta a neutralizzare i terroristi che, ha ricordato, minacciano anche lui ed il suo paese: «Sono minacciato da queste stesse forze». «Forse non si tratta degli stessi individui, ma sicuramente sono le stesse forze con la stessa mentalita», ha dichiarato il capo dello stato pachistano, citato dalla CNN. La cooperazione da parte del Pakistan con gli inquirenti indiani sarà «senza esitazioni, di qualunque tipo, ovunque questo possa condurre».

Intanto gli Stati stranieri contano le rispettive vittime: il Dipartimento di Stato americano ha confermato che il numero degli americani rimasti uccisi negli attentati è salito a cinque, ma molte persone risultano ancora disperse. Sei gli israeliani uccisi nel centro Chabad Lubavitch. Ottawa ha fatto sapere che i canadesi morti negli attentati sono due. Ucciso anche un tailandese, due francesi, due australiani, un britannico, un giapponese, un tedesco, un cittadino di Singapore.

Tra le immagini con cui verrà ricordata questa tremenda serie di attentati, da alcuni definita «l'11 Settembre indiano», ci sarà anche quella di Emanuele Lattanzi, cuoco romano dell'Oberoi, che stringe al petto la piccola figlia di sei mesi dopo aver sfidato la furia dei terroristi portandole il latte in polvere, mentre era bloccata con la madre nella loro stanza d'hotel.

 

 

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