Il dirigente del Pd: conosco il patron di AirOne da 20 anni, è stato mio testimone di nozze. Delle tangenti non so niente

 

 

PESCARA - Chi è davvero Luciano D'Alfonso? La vittima di un abbaglio giudiziario o un uomo perduto dal proprio inebriante successo politico, capace di ingannare per troppo tempo una città intera, ora comprandone il consenso, ora ricattandone il tessuto produttivo?

L'ex sindaco, che questa mattina tornerà da detenuto a rispondere alle domande di un magistrato che lo accusa di aver raccolto attraverso il suo uomo e tesoriere del Comune, Guido Dezio, almeno 150 mila euro in nero, frutto di una capillare e sistematica corruzione e concussione, si è già difeso.
Non più tardi di dieci giorni fa. Il 9 dicembre, D'Alfonso è negli uffici di Gennaro Varone, il pm da cui ha già ricevuto in luglio una perquisizione e un avviso di garanzia. Sette giorni prima, il 2, da quello stesso pm ha ascoltato le contestazioni che lo travolgeranno. Ha chiesto tempo per mettere insieme una risposta convincente. Che, quel 9 dicembre, all'osso suona così. "Del denaro non so nulla. Chiedetene le ragioni ai miei dirigenti che lo avrebbero raccolto o a chi quel denaro avrebbe versato. Di Carlo Toto, posso dire che siamo amici da vent'anni. E' stato mio testimone di nozze e non è un reato accettare dei regali da un amico".
Le parole di D'Alfonso non sono molto diverse da quelle di Toto. Alla porta di casa del patron di Airone, la squadra mobile di Pescara ha bussato in ottobre. Nella perquisizione, ha rintracciato una lunga lista di regali in cui sono annotati i nomi dei politici che l'imprenditore omaggia per le feste natalizie. I nomi, per quel che riferiscono fonti investigative, sono di rango. Il solo politico locale che figura è D'Alfonso. Toto dice: "Con i miei soldi faccio regali a chi mi pare".
Augusto La Morgia, l'avvocato che lo difende, aggiunge oggi: "Sia Carlo Toto che il figlio Alfonso, sono sereni perché estranei alle accuse. Il loro impegno è sempre stato limpido e nel rispetto delle leggi". Dagli imprenditori che, interrogati, ammettono i versamenti (cifre che oscillano tra i 5 e gli 8 mila euro) non sembra si cavi molto di più. Nessuno li avrebbe sollecitati, si giustificano. Staccare un assegno di poche migliaia di euro - dicono - rientrava in una "forma di cortesia" con cui, in provincia, si coltivano i buoni rapporti con l'amministrazione locale, quale che ne sia il colore. A maggior ragione con un sindaco come D'Alfonso che, sulla "liberalità" e l'impegno finanziario diretto delle imprese nel cambiare il volto di Pescara aveva costruito il perno del suo patto con la parte produttiva della città.

Il procuratore Nicola Trifuoggi, nel segnalare che "Tangentopoli non è mai finita", riconosce che esiste una sproporzione tra gli importi contestati come frutto della corruzione e della concussione e il valore milionario degli appalti che ne avrebbe rappresentato il ritorno per le imprese e ne dà questa spiegazione: "Siamo convinti che quel che abbiamo trovato sia una parte del denaro che è corso". E ancora: "Siamo però altrettanto convinti di aver documentato con rigore passaggi di contante che, per quanto modesti, erano significativamente in nero e privi di giustificazione".
Dezio, che ne sarebbe stato il collettore per conto di D'Alfonso, li versava su un conto corrente della "Margherita". Per poi tornare a prelevarli a cadenze periodiche. Al punto da insospettire l'allora tesoriere del partito (interrogato, l'uomo ha consegnato agli investigatori un documento in cui avrebbe tenuto nota di quelle operazioni che gli erano apparse anomale). Così come, senza una giustificazione apparente, agli occhi degli inquirenti appaiono oggi alcune note sull'agenda sequestrata all'ex sindaco. Incontri con imprenditori in garage, in alberghi o lungo strade trafficate. Come se l'uomo avesse qualcosa da temere o da nascondere.
E' un fatto che mentre tutto questo accadeva, D'Alfonso appariva tutto fuorché spaventato. Il 6 settembre, quando ormai è consapevole, per averne ricevuto nel tempo avviso di garanzia, di essere indagato in almeno cinque inchieste (sui piani urbanistici, l'assunzione di Dezio al Comune, il verde pubblico, gli appalti della strada Lungofino), scrive una lettera aperta ai cittadini pubblicata in prima pagina dal quotidiano locale "il Centro". "La Questione morale", il titolo. D'Alfonso cita una pastorale del cardinale Martini del 1992. Si legge: "Con l'onestà non si risolvono tutti i problemi, ma senza di essa non si è ammessi a risolverli (...) La domanda etica è l'effetto per gli altri di ciò che si pensa, si dice e soprattutto si fa (...) Noi siamo pronti a entrare nel merito, accettando di combattere per cambiare tutto ciò che non va". Per D'Alfonso, da lunedì notte, la questione è ormai ridotta a sola faccenda penale. Per Massimo Brutti, nominato nuovo commissario del Pd in Abruzzo, una montagna da scalare.

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