Vincendo le resistenze degli ideologi e dei puristi del partito, Ehud Barak è riuscito a trascinare i laburisti nel governo di Benyamin Netanyahu (Likud), fondato anche sul sostegno di cinque partiti di destra.

Nella nottata, Barak e Netanyahu hanno stilato un documento  di intesa che prefigura, in forma vaga, il rilancio del processo di pace mediorientale e accordi «con i vicini». Questa sera, Barak è riuscito ad ottenere l'assenso alle intese da parte della maggioranza dei delegati dell'Assemblea laburista (680 sì, 507 no), convocati d'urgenza nel Centro dei congressi di Tel Aviv.
L'Assemblea è stata caratterizzata da momenti di altissima tensione vista la diffusa convinzione che oggi il partito sia giunto ad un bivio storico. In diversi interventi è stato affermato che accettando di entrare in forma subalterna in un governo di destra Barak, di fatto, «sotterra una volta per sempre il laburismo israeliano». «Nel nuovo governo a dare il tono saranno Bibi (Netanyahu), Avigdor Lieberman e gli ortodossi di Shas», ha esclamato indignata l'esponente della corrente di sinistra Shelly Yehimovic. Un'anticipazione della cultura politica emergente - ha osservato qualcuno nell'Assemblea laburista - si è intravista già oggi nella città araba di Um el-Fahem (nel nord di Israele) dove un centinaio di estremisti di destra sono sfilati sventolando bandiere di Israele, per sottolineare la necessità che la minoranza araba sia leale allo Stato ebraico. Il tutto anche nello spirito del partito di destra radicale Israel Beitenu, principale alleato del Likud nel nuovo governo.
Quanto agli impegni di portare avanti il processo di pace con i vicini arabi, la Yehimovic ha espresso grande scetticismo: «Sulla carta si può scrivere qualsiasi cosa», ha notato. Andando al governo, ha concluso, «i laburisti si avviano verso una morte vergognosa». «Oggi si saprà - ha osservato lo scrittore Eli Amir, iscritto al partito - se i laburisti preferiscono le piacevolezze del potere, oppure l'ideologia».
Ma pochi minuti dopo, proprio il segretario della Histadrut (la centrale sindacale), Ofer Eini, ha prospettato l'altro volto della medaglia con un discorso che ha commosso la platea. «Nei prossimi mesi - ha esordito - 100 mila lavoratori rischiano di perdere il loro posto di lavoro. Già 20 mila saranno licenziati a fine aprile, appena conclusa la Pasqua ebraica» ha avvertito. Eini ha dunque sollecitato i delegati ad essere pratici, ad impegnarsi (con il governo, con il sindacato e con gli industriali) per sventare una crisi sociale senza precedenti nella storia di Israele. «I lavoratori hanno bisogno di noi adesso, non in un lontano futuro» ha esclamato. Gli stessi toni allarmati sono stati utilizzati da Barak, di fronte ad una platea che rumoreggiava e talvolta lo fischiava.
«Come diceva Rabin, non abbiamo uno Stato di riserva», ha sottolineato il leader laburista, che nel nuovo governo sarà confermato alla Difesa. Poi, polemizzando con i suoi detrattori, ha alzato la voce (ormai rauca) e ha assicurato che nel nuovo esecutivo i laburisti «non saranno affatto una foglia di fico per Netanyahu, ma anzi saranno un contrappeso all'estrema
destra».
Netanyahu e Barak hanno oggi registrato uno smagliante successo politico. Ma le insidie sono già dietro l'angolo. Nel Likud, Netanyahu dovrà affrontare le proteste di quanti ritengono che abbia concesso troppe cariche agli alleati di Israel Beitenu, Shas e laburisti, a scapito dei suoi stessi compagni di partito. Barak, quasi con la forza, ha imposto la propria volontà ai laburisti: ma il partito è lacerato e presto i suoi rivali potrebbero cercare di sostituirlo.

 

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