L'AQUILA (Reuters) - Nel corso della conferenza stampa conclusiva del G8 de L'Aquila Silvio Berlusconi si è soffermato in maniera diffusa per spiegare le linee della propria politica estera.

Il Cavaliere ha cercato di allontanare l'impressione di incertezze o cambiamenti di linea e di rafforzare piuttosto l'idea di continuità.

"In politica estera non c'è nulla da cambiare. Chi esprime il parere che abbia bisogno di un rilancio è fuori dalla realtà. Le consiglio di leggere meno i giornali", ha risposto un po' piccato alla domanda di un giornalista mostrando un nervo scoperto.

Ma non sono poche le diversità fra le cose dette oggi dal Cavaliere e le cose dette ieri sera dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla cena di gala del G8.

Napolitano ha ricordato che per uscire dalla crisi bisogna tenere presente la complessità di un mondo globalizzato, fare leva sulle istituzioni internazionali e su un'Europa unita.

Il capo dello Stato ha aggiunto che nessuno può fare da solo né alcun "direttorio" ci può salvare.

La linea indicata da Berlusconi appare piuttosto diversa anche se al momento più che una linea si tratta di un caleidoscopio di suggestioni che mandano riflessi con alcuni punti di continuità e diversi altri di discontinuità da suoi precedenti governi.

E' vero che è finito il periodo berlusconiano e tremontiano delle bordate sull'Europa, ma non è certo ancora giunto quello dell'impegno italiano per una Ue forte e coesa.

Berlusconi, d'altra parte, non appare avere sponde solide: Angela Merkel pensa ad una Europa che possa ridarle autorevolezza anche in patria; Nicolas Sarkozy si è infilato tutto intero nel tradizionale abito della grandeur che ha trovato negli armadi dell'Eliseo; Gordon Brown si dibatte nei problemi interni e cerca di resistere all'adesione all'euro; Josè Luis Rodriguez Zapatero è politicamente e geograficamente fuori dai percorsi berlusconiani. 

Questo isolamento si è toccato con mano nella battaglia per la presidenza del Parlamento europeo: persa dall'Italia soprattutto perché non è stata neppure giocata.

Per quel che riguarda le istituzioni internazionali, oggi Berlusconi ha ripetuto le critiche all'Onu accusato di inefficienza e incapacità di incidere sulle controversie del pianeta ed ha lanciato il G14 (G8+G5+Egitto), uscito rafforzato da questo vertice.

G14 VERSUS G20

Per il presidente del Consiglio è questo il nuovo modello di governo mondiale: sufficientemente snello per essere operativo, sufficientemente ampio per coinvolgere anche le economie emergenti. Nella scelta si legge in filigrana anche una polemica indiretta nei confronti del G20 che ha quest'anno scippato al G8 italiano gli interventi diretti sulla crisi finanziaria ed al quale l'Italia ha dovuto affidare anche il testimone sui cosiddetti global standard ora abbozzati nel Lecce framework.

In questo passaggio di testimone rientra anche l'eterna polemica tra Tremonti ed il governatore e presidente del Financial stability board Mario Draghi. Il governatore, emarginato dal lavoro sul Lecce Framework, è il protagonista delle nuove regole nel G20 sia pure come semplice suggeritore di linee guida. Non è un caso che, plasticamente, Draghi e Tremonti fossero ieri sera agli antipodi della grande tavola attovagliata da Napolitano.

La politica estera di Berlusconi continua ad avere come riferimenti principali gli Stati Uniti e la Russia. Ma anche qui il mondo è stato stravolto. Berlusconi ha oggi ammesso di essere ancora amico di George Bush, ma che l'avvento di Barack Obama ha stupito. Insomma, nel passaggio siamo ancora all'inevitabile stupore più che alla consapevole certezza del cammino.

Berlusconi si è nuovamente dipinto come il mediatore fra Usa e Russia. Ma a Mosca il suo amico Vladimir Puntin è ora più defilitato ed al Cremlino siede il glaciale Dmitry Medvedev, con il quale Obama ha stabilito già un canale diretto.

Resta il Medio Oriente, fronte tradizionalmente "amico" della Farnesina: ma le ultime uscite pro libiche hanno creato anche forti imbarazzi.

E sul fronte del Far East siamo ancora a leccarci le ferite per il terreno perduto negli ultimi decenni. Non hanno aiutato le bordate tremontiane contenute nel suo fortunato pamphlet "La speranza e la paura": troppo fresche per essere dimenticate in un Paese abituato a ragionare con il passo dei secoli. 

L'annunciato viaggio di Berlusconi a Pechino nei prossimi mesi cercherà di farci recuperare negli indici di gradimento.

Si tratta quindi di una politica estera che oggi presenta più ombre che luci, più suggestioni che percorsi stabili. Il Cavaliere dovrà molto lavorare se vorrà consolidare i suoi successi da gran cerimoniere mietuti a L'Aquila.

 

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