Dario Franceschini
Apre con "Domanì", la canzone scritta da Jovanotti e dai Negramaro in occasione del terremoto in Abruzzo e interpretata da numerosi artisti italiani, Dario Franceschini, l'iniziativa in corso al Vecchio Acquario romano, oggi Casa dell'Architettura, per presentare le sue linee programmatiche per il congresso.


E se Pier Luigi Bersani, nella sua convention, illustrava il profilo di un partito «popolare e radicato nel territorio», capace di mettere a frutto le migliori esperienze del passato, Franceschini rilancia: «Non torneremo indietro, non torneremo a riconoscerci nelle provenienze che abbiamo scelto consapevolmente e liberamemente di lasciarsi alle spalle». La sua «proposta per il congresso - spiega - è un patto con i circoli, che rispetti la pluralità di culture che arricchiscono il partito». La «sfida» che attende il Pd e i riformisti è quella di «mettere in campo una gerarchia di valori alternativa e proiettata sul futuro».  Ci vuole il «coraggio di rischiare», dice.
E poi invita a «non rinunciare» alle primarie, e a non considerare i propri elettori come «estranei», in polemica con alcune parole Massimo D'Alema alla festa del Pd di Roma. Il Pd deve «difendere come oro la forza dei propri militanti», e cioè «tutte quelle persone che hanno scelto, iscrivendosi al partito, di dedicare una parte della propria vita ad un ideale, tenendo aperti i circoli, distribuendo volantini, animando le feste»; anche se nella società «esistono altre forme di partecipazione ad un progetto politico, meno stabili ma non per questo meno vere e appassionate».
«Cambiamo lo statuto dove non funziona - ha affermato ancora Franceschini - rivediamo le regole del tesseramento per avere più apertura e più trasparenza insieme, mettiamo un pò d'ordine nelle regole ma non rinunciamo alla scelta che abbiamo fatto alla nascita del Pd, di affidare agli iscritti le scelte del partito e l'elezione degli organi territoriali, affiancando a loro gli elettori, da chiamare nei momenti delle grandi scelte, come è certamente l'elezione di un segretario nazionale».
«Non alziamo barriere - ha detto tra gli applausi Franceschini - gli elettori del Pd non sono estranei, sono parte di noi. Sono quelli che arrivano nelle grandi mobilitazioni civili, che ci sostengono nelle campagne elettorali, che riempiono le piazze e i comitati». «Ecco perchè difendo questo equilibrio - ha concluso - è perchè penso che le primarie del 25 ottobre saranno un altro momento importante per noi e per la democrazia italiana».
Apertura al partito del Nord. Franceschini ha detto di puntare a «un partito solido» ma «nel 2009 ciò non significa rispolverare i modelli di cinquanta anni fa». Quello a cui aspirare, ha proseguito, «è un partito nazionale e federale insieme che, dentro una missione unitaria, lasci ai partiti regionali autonomia politica e statutaria nella scelta del modello organizzativo, delle alleanze, dei candidati, delle priorità programmatiche». «Partiti regionali - ha insistito - che, come prevede il nostro statuto, possano decidere di aggregarsi per aree geografiche omogenee, nel Nord o del Sud del Paese, per dare più forza, organizzativa e politica alla nostra azione».
Ma il primo vero applauso scatta quando parla delle "colpe precise del centrosinistra che doveva fare le norme contro il conflitto di interessi quando era maggioranza dal 1996 al 2001". Ma quella responsabilità, aggiunge Franceschini, "non ci può spingere adesso a restare ancora fermi e silenti".  Occorrono, dice, "regole semplici e stabili che garantiscano il corretto svolgersi della
concorrenza, che rompano i conflitti di interessi che in Italia  sono diventati silenziosamente accettati, come fossero normali, avendo davanti l'esempio della massima autorità di governo".
La legge elettorale, secondo Franceschini, poi, non può consentire la formazione di maggioranze dopo il voto, come invece a più riprese ha auspicato Massimo D'Alema. Non si può, ha sottolineato, sottrarre ai cittadini "il diritto di conoscerle e sceglierle prima, dopo che gli è stato già tolto il diritto di scegliere le persone da eleggere. Diritto che noi vogliamo venga restituito a loro, con il ritorno ai collegi uninominali, compatibili con diversi modelli di legge elettorale, ma sempre in grado di mantenere il migliore rapporto tra un eletto e il suo territorio".
«È stato detto che il populista pensa alle prossime elezioni - ha detto Franceschini - e il riformista alle prossime generazioni. La destra italiana pensa sempre e solo alle prossime elezioni. Noi Democratici pensiamo prima di tutto alle prossime generazioni. Qui - ha proseguito - si apre lo spazio per un nuovo riformismo che abbia il coraggio di sfidare le destre non ricorrendole, non limitandosi a proporre correttivi ai modelli sociali che ha imposto, ma mettendo in campo una gerarchia di valori alternativa e proiettata sul futuro». «Questa - ha concluso - deve essere la nostra sfida e la sfida dei riformismi europei». «Un nuovo riformismo che si riassume in tre parole: fiducia, regole, uguaglianza».

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