Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Ogni volta che viene scritto un libro o un semplice articolo sulla Mafia viene fornito un contributo importante a quella che dovrebbe essere una battaglia condivisa e comune, ma che purtroppo la storia ci ha tramandato essere avvenuta sempre a singhiozzi”

Antonello De Pierro e Ferdinando Imposimato

 

Roma – “Pax mafiosa o guerra? A vent’anni dalle stragi di Palermo”. E’ questo il titolo del libro, dato da poco alle stampe, scritto dall’ex ministro dell’Interno Vincenzo Scotti e presentato l’altro pomeriggio in una delle eleganti sale del capitolino Palazzo Ferrajoli.

L’evento, organizzato magistralmente dall’impeccabile e indefessa Sara Iannone, è stato moderato dall’ex direttore del Messaggero Mario Pendinelli e ha visto la partecipazione, al tavolo del dibattito, di personaggi illustri come il giudice Ferdinando Imposimato, il professor Mario Cicala e il senatore Raffaele LauroVincenzo Scotti e Antonello De Pierro

Il volume affronta e analizza, dalla posizione privilegiata di un alto rappresentante istituzionale, sotto il profilo storico – politico, lasciando ai magistrati la scoperta della verità giudiziaria, la Mafia, la famosa parola dalle cinque lettere che ha segnato, condizionato e lacerato, dall’unificazione ad oggi, pesantemente il divenire fenomenico della realtà sociale della Sicilia e di tutta la penisola italiana. Scotti nella sua opera si occupa anche dell’espansione e degli intrecci con le altre organizzazioni malavitose, individuando le collaborazioni internazionali per giungere al debellamento del triste fenomeno.

All’incontro ha partecipato anche Antonello De Pierro, presidente del movimento extraparlamentare Italia dei Diritti, che ha dichiarato: “Ho fatto di tutto per essere presente a testimoniare la sensibilità della nostra organizzazione nei confronti di questa angosciosa realtà delinquenziale. Ogni volta che viene scritto un libro o un semplice articolo sulla Mafia viene fornito un contributo importante a quella che dovrebbe essere una battaglia condivisa e comune, ma che purtroppo la storia ci ha tramandato essere avvenuta sempre a singhiozzi. L’intreccio mafia e politica, di cui si parla da sempre, non è stato mai spezzato, non per incapacità operativa, ma per assenza di volontà risolutiva da parte dello Stato, che ha posto in essere azioni contrastanti più vigorose solo quando i mafiosi hanno alzato troppo il tiro. Per il resto purtroppo finanche Mussolini dovette arrendersi, dopo aver inviato in Sicilia il prefetto Cesare Mori, si fronte alle pressioni dei gerarchi fascisti isolani, applicando al suo irriducibile delegato il classico promoveatur ut amoveatur. Addirittura oggi è di stretta attualità una presunta trattativa tra lo Stato e gli apparati criminali, di cui lasciamo a pochi coraggiosi uomini della magistratura e delle forze dell’ordine l’accertamento. In base all’esperienza maturata nell’espressione di contrasto estrinsecata concettualmente da sempre da parte del movimento che presiedo, abbiamo preso atto che, purtroppo, intorno alla Mafia ruotano interessi molto grossi, e non facciamo fatica ad affermare che questi la rendono inesorabilmente l’altra faccia del potere, un efficace scettro di controllo agitato spregiudicatamente dalle classi dominanti. Di mafia si è sempre nutrita la politica siciliana e non solo, intrecciando le istituzioni in un viluppo che oggi è difficile dipanare, a cui non sono stati mai stati estranei la Chiesa e il clero, le banche e i grandi apparati economico – finanziari, e spesso anche giornali e giornalisti. I pochi uomini, ligi servitori dello Stato, che hanno deciso di contrastarla, in un patto legalitario di forte convinzione, sono stati subito invisi al Potere e spesso hanno pagato il prezzo più alto del bene supremo della vita, alcuni con i nomi scolpiti nel marmo dell’ufficialità e altri purtroppo, spesso dimenticati dal grande circo mediatico. Se ricordiamo gli immensi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non possiamo dimenticare quel Boris Giuliano, che con il suo intuito investigativo e grazie all’innovativa applicazione delle nuove tecnologie, riuscì a dare una svolta riuscendo a cacciare nel passato i cosiddetti processi indiziari, che nella maggior parte si risolvevano con valanghe di assoluzioni o pene lievi, aprendo la strada ai processi in cui la piattaforma probatoria aveva uno spessore corposo. Non sarà mai troppo tardi quando si deciderà di inabissare il fenomeno mafia, ma per ottenere un risultato del genere sarà necessario che si diffonda in modo determinato una cultura della legalità a prova di permeabilizzazioni fuorvianti di cellule deviate, da cui purtroppo siamo molto lontani, che porti ad evitare di far riparare sotto l’ombrello politico chi si sporca con i traffici illeciti”.

Tra i presenti in sala ad assistere all’interessantissimo meeting è d’uopo citare l’on. Francesco Giro, ex sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali, il senatore Massimo Palombi, l’ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, l’on. Antonio Paris, il vice procuratore generale della Repubblica Antonio Marini, la scrittrice e psicologa Irene Bozzi, ex moglie di Roberto Vecchioni, la marchesa Dani del Secco d’Aragona, l’incantevole inviata della “Vita in diretta” Camilla Nata, la seducente Janet de Nardis, il maestro Vince Tempera, l’editore Giò Di Giorgio, il principe Guglielmo Giovannelli, il marchese Giuseppe Ferrajoli, Natalino Candido, Paola Pisani e Lilian Ramos.

 

(Foto di Andrea Arriga)