Anna Maria Franzoni è un’assassina: che piaccia o no all’interessata, ai suoi parenti e ad alcuni “compiacenti” opinionisti dei talk televisivi, per lo Stato Italiano la signora ha barbaramente ucciso il figlioletto Samuele. Su di lei pesa una sentenza di colpevolezza passata in giudicato. Punto e basta, il resto sono chiacchiere da bar.

 

 

 

Naturalmente stiamo parlando del delitto di Cogne, il caso di cronaca nera che in tempi recenti più di ogni altro ha sconvolto l’opinione pubblica, dividendo l’Italia tra innocentisti (pochissimi) e colpevolisti (la maggior parte della gente comune). Sappiamo tutti come è andata: la donna non solo non ha mai confessato l’evidenza, dando ai suoi difensori l’appiglio di essersi “dimenticata” il suo tragico gesto, a causa di una non meglio precisata sindrome “crepuscolare” (una diagnosi la cui fondatezza scientifica è tutta da dimostrare), ma addirittura ha accusato del delitto alcune persone completamente innocenti. Non solo: per cercare di discolparsi ha assoldato dei periti svizzeri che, con molta disinvoltura, hanno lasciato loro stessi sui luoghi del delitto “tracce” della presenza di presunti estranei, per accreditare piste alternative. Dalla sicura condanna per calunnia e frode processuale si è salvata grazie alla nostra giustizia-lumaca che ha lasciato scadere i termini di prescrizione. Ma alla signora questo “favore” non è bastato. Condannata con rito abbreviato (e quindi con lo “sconto” di un terzo della pena) in primo grado a trent’anni, poi ridotti a sedici in Appello (con conferma in Cassazione), ha beneficiato dell’indulto e si è vista “scalare” ulteriori tre anni. Già adesso, con pochissima pena realmente scontata, gode di continui permessi-premio, oltre al fatto di potersi recare ogni giorno fuori dalla Casa Circondariale per lavorare. Come se la misura non fosse colma, la Franzoni adesso chiede, in alternativa alla detenzione in carcere, gli arresti domiciliari, con la scusa che deve accudire i figlioletti. Davvero singolare una richiesta del genere da una madre-carnefice! Secondo molti quelle creature stanno benissimo a debita distanza da una genitrice tanto pericolosa, ma bisogna fare i conti col circo mediatico. E allora è tutto un proliferare di dichiarazioni tipo “Poverina, ha già sofferto tanto!”, “Lasciamola in pace!”, “E’ una donna così brava!”. E giù richieste di perizie, controperizie, contro-controperizie per stabilire se la donna è in grado o meno di reiterare la sua criminale condotta. Nei vari salotti televisivi c’è una vera e propria gara a chi la spara più grossa, arrampicandosi sugli specchi, per perorare la causa della discussa (e discutibile) signora. Fa tanto chic mostrarsi garantisti a tutti i costi! Sgombriamo il campo una volta per tutte da ogni dubbio. I casi sono due. O lei ha ucciso e ne ha perso realmente il ricordo (ammesso che una cosa del genere sia possibile, anche perché nell’immediatezza del “fattaccio” non si è affatto “scordata” di far sparire l’arma del delitto) e in questo caso non è ancora lucida, visto che si ostina a proclamarsi innocente; quindi è bene che stia lontana dai bambini. O, cosa per molti più probabile, è perfettamente consapevole della sua colpa e ci sta “marciando”, e allora non merita alcuna pietà: che sconti la sua pena in prigione fino all’ultimo giorno. L’importante è che cali il sipario una volta per tutte su questa inquietante signora che non si è precipitata in ospedale dal figlioletto quando ancora non si sapeva se fosse morto o meno (se anche non c’era posto sull’elicottero, qualunque altra madre si sarebbe fatta subito accompagnare in macchina da qualcuno dei presenti). Una donna che probabilmente è andata dal parrucchiere il giorno del funerale (l’Italia intera ha notato sbigottita i capelli stirati “di fresco” con la piastra) e che ha avuto il coraggio di concepire prontamente un altro bambino (fa sempre comodo un figlio piccolo per chiedere benefici e sconti di pena). E soprattutto chi può dimenticare la sua massiccia presenza in tutte le reti televisive, le sue interviste esclusive sulle maggiori testate, i servizi fotografici e le iniziative “promozionali” su Internet? Nemmeno Mina e Sofia Loren, nei rispettivi momenti di massimo fulgore, hanno goduto di una comunicazione così forte e penetrante! E invece ci siamo dovuti sorbire le sue poco convincenti lacrime, i suoi lagnosi tentativi di discolparsi, il suo voler dare a tutti i costi una immagine di “normalità”, scivolando ogni volta in bugie, contraddizioni e incontrollati lanci di accuse a vanvera. Un quadro veramente disgustoso, che ci ha “molestato” per tanto tempo. Chiediamo troppo se invochiamo finalmente la parola fine su questa terribile “storiaccia”? Grazie.