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OTTIMISMO
La vita senza emozioni è grigia, dice la cultura popolare, ecco perché cerchiamo di mantenere le condizioni piacevoli, facendo in modo che si possano ripetere. La felicità come la gioia, il pia-cere è l'amore sono stati emotivi positivi che infondono fiducia ed entusiasmo. Sono esperienze soggettive, che variano di inten-sità, devono essere libere di seguire il proprio corso e accre-scono l'interesse per la vita e per tutto ciò che di bello ci può portare. E' difficile comunque disegnare dei confini tra i diversi stati emozionali positivi perché si intrecciano fra loro e i sentimenti che nascono sono pieni di sfumature. Queste emozioni sono la conseguenza di una azione, di una percezione, di un pensiero e le motivazioni che le inducono possono essere molte e di-verse; una volta provate le ricerchiamo, anche se la loro vita è breve. Pensate al viso di un bambino che sorride, ad un momento d'amore meraviglioso, ad un successo raggiunto, all'incontro di un amico che non si vedeva da tempo, al superamento di un esame, all'ascolto di un brano musicale, al profumo di un fiore, alla nascita di un figlio, alla fine di un periodo stressante, ad una vincita al Lotto. Tutte queste emozioni possono essere determinate dal sollievo di aver superato un problema, dalla fine di una sofferenza, dalla realizzazione di un desiderio, da un'esperienza estetica, da un ricordo; la gioia la si può vivere anche in termini sostitutivi, come quando ci identifichiamo in un personaggio di un film o siamo felici per la gioia degli altri. E' poi molto diverso il modo che ognuno ha di guardare la propria vita e il mondo e le risposte che si danno dipen-dono non solo dalla spontaneità, dalle abitudini, dalla cultura e dall'educazione, ma soprattutto dal quanto siamo ottimisti. Tutto ciò rende la gioia di vivere un sentimento così personale e coe-rente al nostro modo di essere. E' noto che le caratteristiche prioritarie di fronte agli eventi sono opposte per i pessimisti e gli ottimisti; questi ultimi infatti quando si devono confrontare con le avversità della vita tendono a credere che ogni sconfitta sia solo temporanea o semplicemente causata da circostanze legate proprio a quell'evento e non si scoraggiano mai per un fallimento, ma lo vivono positivamente. E' provato infatti che gli ottimisti riescano meglio dei pessimisti nello studio, nel lavoro, nelle attività sportive, hanno una vita affettiva soddisfacente, una salute migliore e invecchiano con maggior serenità. Certamente un po' di pessimismo utilizzato con intelligenza ha una qualche utilità, perché aiuta ad avere una visione più reali-stica delle cose e in alcune situazioni cruciali può addirittura risultare positivo per la sopravvivenza. I pessimisti, colpevo-lizzando sempre sé stessi per le avversità e pensando solo agli eventi negativi, sono portati con maggior facilità alla depressione e sicuramente quindi renderanno nella vita molto meno di quanto consentirebbe il loro talento. Comunque è possibile evitare il pessimismo ed imparare ad essere ottimisti cercando di apprendere quelle abilità cognitive utili a trasformare i pensieri distruttivi e negativi, che si possono rivolgere a sé stessi dopo un fallimento o un'avversità, in pensieri positivi. Questo si può fare solo conoscendo meglio sé stessi e mettendo a fuoco le diverse circostanze: quelle che ci piacciono e ci fanno star meglio e quelle che invece ci deprimono. Si cercherà quindi di allontanare e superare ciò che procura tensione, ansia e cattivo umore; è indubbio che la felicità con la effe maiuscola non esiste, ma la si può cogliere in molti momenti, cercando soprattutto di coltivare ciò che di positivo ci offre la vita. Cerchiamo di capire da cosa dipendono le emozioni positive attraverso le molte impostazioni teoriche e le scuole di pensiero che sempre se ne sono occupate e a quali conclusioni queste arrivano. Freud che nel "principio del piacere" affermò l'importanza fondamentale della sessualità per la vita psichica dell'individuo, non voleva certo invitare all'edonismo più sfrenato, ma lasciare alla psica-nalisi il compito di" trasformare la sofferenza nevrotica in nor-male infelicità" per alleviare il dolore causato da inutili sof-ferenze. "Possiamo sostenere senza riserve - secondo il padre della psicanalisi - che l'andamento dei processi psichici è rego-lato automaticamente dal principio del piacere. Pensiamo che esso sia sempre messo in moto da una tensione spiacevole, e che si o-rienti in modo tale che il risultato filale consista nell'abbas-samento di questa tensione, in altre parole con un annullamento del dispiacere o con una produzione di piacere." Vi è chi afferma invece, che la personalità ottimista dipenda dalle proprie carat-teristiche peculiari, questi individui considererebbero gli even-ti positivi indipendentemente dalla loro valenza oggettiva. Una recente ricerca condotta dall'Università del Minnesota, su un campione di 1500 gemelli, non considerando le loro condizioni di vita oggettive ( ricchezza povertà, studenti o lavoratori, sposa-ti o single), avrebbe determinato che il 50% del livello di auto-stima e soddisfazione si potrebbe spiegare su base genetica. Un'altra linea di pensiero sostiene al contrario che l'atteggia-mento ottimista deriva dalla quantità e intensità di eventi posi-tivi vissuti e quindi dall'esperienza, dall'educazione e dall'am-biente socio familiare nel quale si vive. Martin E.P. Seligman, docente di psicologia dell'Università di Pennsylvania scrive nel libro "Imparare l'ottimismo" che gli eventi sono successi o fal-limenti del controllo personale. " Vedere le cose in questo modo fa apparire il mondo in modo diverso. Prendi una serie di eventi apparentemente separati: la diffusione della depressione e del suicidio; una società che considera il successo personale come un diritto; una gara vinta non da chi è veloce, ma da chi è sicuro di sé; le persone che soffrono precocemente di malattie croniche e che muoiono prima del tempo; genitori intelligenti e solleciti che hanno figli insicuri e viziati; una terapia che cura la de-pressione cambiando il pensiero conscio. Mentre gli altri consi-dererebbero assurdo questo mélange di successo e fallimento, di sofferenza e di trionfo, io vedo il tutto come un unico insieme. Ma in che cosa consiste esattamente il controllo personale? Per capirlo servono due concetti fondamentali: l'impotenza appresa e lo stile esplicativo. Si tratta di concetti intimamente correlati. L'impotenza è la reazione di rinuncia, la risposta di abban-dono che segue al credere che qualsiasi cosa tu possa fare non è importante. E' lo stato psicologico in cui niente di ciò che decidi di fare ha un effetto su ciò che ti accade. La vita comincia con un totale stato di impotenza... Il periodo che intercorre tra l'infanzia e la vecchiaia consiste in un lungo processo di emancipazione da uno stato di impotenza ad uno di controllo personale." E' indubbio che, come non esiste la pillola della felicità, così questa non dipende da un'unica causa ( antropologica, genetica o psicologica ), ma da una concomitanza di elementi. Ci sono indubbiamente anche molti fattori consci e inconsci che da un lato possono favorire il ruolo necessario di queste emozioni positive, dall'altro possono ostacolarle. Il ruolo materno è fondamentale nella prima infanzia. Il bambino dipende dalla mamma, non solo per i primi bisogni, ma soprattutto emotivamente: è lei che lo soddisfa, lo protegge e lo aiuta a scoprire e a conoscere. Se lei sarà l'unica a soddisfare il bisogno emotivo del proprio figlio, creando una situazione di dipendenza eccessiva, il sistema motivazionale del piccolo tenderà ad essere sottomesso. Con il passare degli anni, questo comportamento lo porterà ad accettare un "oggetto" che lo domini, qualsiasi esso sia: un partner, la droga, il cibo, l'alcool. “ L’oggetto" assumerà un valore unico quale fonte di gioia e difensore dalle emozioni negative. Anche regole imposte troppo rigorose e restrittive possono limitare la creatività, fondamentale per riuscire ad affrontare e superare le emozioni forti. Tutto ciò può essere evitato se la mamma amplia e stimola la curiosità verso esperienze positive aiutando il pro-prio figlio a sviluppare competenze e abilità che gli consentano di affrontare anche le emozioni negative.
Felicità e gioia non sono emozioni complesse infatti, non abbiamo bisogno di spostarle, di trovare delle vie d'uscita o di mettere in atto come per la paura i meccanismi di difesa, né sono causa di conflitti, ma sono sempre accettate e ricercate per i loro ef-fetti importanti. Le donne appaiono più portate degli uomini ad esprimere, pensare e modulare le loro emozioni, così come appaio-no più capaci di intuire e comprendere le emozioni altrui. Questo perché stabiliscono con gli oggetti d'amore un rapporto di stretta identificazione e fusione fisica e psichica, in qualche modo simile a quella che si realizza durante la gravidanza, tra la madre e il piccolo che deve nascere. Ciò porta la donna più dell'uomo ad essere ''a proprio agio'' con le emozioni. Tra queste la gioia di vivere è quella che più d'ogni altra rispecchia la realizzazione armonica di ogni aspetto della nostra psiche da quello fisico a quello emotivo, sociale e intellettuale. Molti sono poi i vantaggi che produce: aiuta a cancellare gli effetti di emozioni negative, affina la capacità di immedesimarsi e di calarsi nei pensieri e negli stati d'animo di un'altra persona, riduce stress e tensione, rende generosi e coraggiosi, aiuta ad affrontare con serenità dolori e sacrifici, produce soddisfazio-ne, senso di potere e di trionfo, induce a mantenersi attivi e efficienti, migliora la fiducia in sé stessi, negli altri e nelle nuove possibilità, aiutando l' autorealizzazione e la crescita, e soprattutto comunica allegria.
CONSIGLI
1. Bisogna coltivare ciò che di positivo ci offre la vita.