La
"dolce vita" di Sandra Milo in compagnia dei suoi animali
L’attrice
più amata da Federico Fellini apre l’album dei suoi ricordi:
il barboncino Fortunello, i gatti di Giulietta Masina, il cocker canterino
di Marcello Mastroianni, lo squalo di sua figlia Azzurra
di Patrizia Notarnicola
Cani,
gatti, pappagalli, canarini, persino uno squaletto. Sull’arca di
Noè di Sandra Milo di animali ne sono saliti davvero tanti ma la
regola, per tutti, è sempre stata una e rigida: “L’
ho preso e me ne devo occupare fino in fondo”. E’ quello che
durante la nostra conversazione la più famosa attrice degli anni
della "dolce vita" romana afferma con convinzione più
volte. Infatti un forte senso di responsabilità la lega agli animali
che vivono con lei e la sua famiglia nella bella casa alle porte di Roma.
Gli animali le piacciono, li cura, ma con molta razionalità. E’
sempre stato così da quando, giovanissima e bellissima, si è
trasferita da Milano alla volta di Cinecittà dove, anni dopo, sarebbe
avvenuto l’incontro col grande Fellini.
Quando
sei arrivata a Roma avevi con te un cane che si chiamava Fortunello e
che, in effetti, di fortuna te ne ha portata tanta…
Era un caso che quel barboncino si chiamasse così. Nella scelta
del nome mi ero ispirata ad un personaggio de “Il Corriere dei Piccoli”.
A
Milano già facevi l’attrice?
No, ero, come si direbbe oggi, una top model. Ma già prima di trasferirmi
nella capitale ho sempre avuto dei cani. Ogni volta che ne moriva uno,
mi proponevo di non prenderne più ma poi ne sentivo troppo la mancanza.
Mi mancavano le feste che mi facevano al mio ritorno a casa, il loro affetto,
soprattutto quella loro bontà remissiva grazie alla quale non conoscono
il rancore. Per esempio mi colpisce il fatto che se il padrone è
nervoso e non lo saluta, un cane non se la prende.
Hai
avuto anche altri animali?
Si, gatti, pappagalli, canarini. Questi ultimi sono così graziosi
al mattino quando cantano e si tuffano nelle vaschette della gabbia per
fare il bagnetto. Una volta invece mia figlia Azzurra a Fiumicino ha visto
uno squalo piccolissimo. Lo abbiamo portato a casa e messo nella vasca
da bagno ma è morto subito dopo.
A
proposito dei tuoi figli, Ciro e Azzurra, è vero che sono arrivati
a portarti a casa fino a venticinque gatti?
E’ vero. Li prendevano dalle zone del Colosseo e del Pantheon. Riuscivano
a portar via quelli abbandonati da poco, che ancora si lasciavano avvicinare.
E così facendo siamo arrivati al numero di venticinque. Io non
riuscivo a non prendermene cura perché ho un forte senso di responsabilità
nei confronti degli animali.
Adesso
invece hai tre cagnolini.
Erano quattro, ma di recente uno sharpey di mio figlio Ciro è morto.
E’ stato operato ad un occhio. Doveva essere un piccolo intervento
ma l’anestesia lo ha ucciso. Non sono riuscita a capire come sia
potuto accadere. Lo stesso veterinario mi ha detto: “Tanto è
un cane, non importa”. E si è anche rifiutato di fare l’autopsia.
Ma episodi di malasanità relativi agli animali se ne possono raccontare
a migliaia. Tre o quattro anni fa Azzurra ha portato dal medico un altro
cagnolino. Le avevano detto che doveva essere operato all’anca perché
altrimenti non avrebbe potuto più camminare. Fortunatamente io
ho insistito perché l’intervento non avesse luogo: avevo
intuito che il cane stava benissimo e non ne aveva bisogno. Oggi corre
e saltella gioiosamente. Un altro episodio riguarda invece la maremmana
che ha vissuto fin a non molto tempo fa con noi. Poi si è ammalata,
aveva perdite di sangue, le era venuto un tumore all’utero. L’abbiamo
fatta operare ma subito dopo l’intervento, quando ancora l’effetto
dell’anestesia non era passato, il medico ce l’ ha fatta portare
via. La notte la poveretta ha avuto un’emorragia ed è morta.
Probabilmente se fosse rimasta in ambulatorio si sarebbe potuta salvare.
Oggi è seppellita nel nostro giardino. Questo dopo avere speso
una cifra enorme. Al di là dei soldi, quel medico è per
me un assassino.
La
tua esperienza personale ti ha fatto capire che, come accade anche per
gli esseri umani, ci sono alcuni medici che non agiscono per interesse
del cane ma esclusivamente per interessi economici. Senza contare che
le spese veterinarie sono davvero alte. Sono queste le considerazioni
che ti hanno spinto ad aderire alla nostra iniziativa di raccogliere firme
per l’istituzione nel comune di Roma di un pronto soccorso gratuito
per gli animali?
Certo, sia per aiutare gli animali che per i padroni indigenti. Come dicevi
bene tu, purtroppo ci si può imbattere in medici disonesti affrontando
problemi di salute sia degli uomini che dei nostri amici a quattro zampe.
In entrambi i casi c’è più un senso degli affari che
un senso di responsabilità. Per gli animali è forse più
grave perché un uomo si difende, può protestare o per lui
lo fanno i parenti; se muore un animale non gliene importa a nessuno.
Ma, badiamo bene, se oggi non ti importa di un animale che muore, domani
non ti importerà di una persona. Non ci sono due metri e due misure.
Ce ne è una sola.
Con
tanti dei personaggi intervistati siamo più o meno giunti alla
stessa conclusione: ciò che manca nel nostro paese la cultura dell’amore
e del rispetto nei confronti degli animali. Cosa ne pensi?
Basterebbe pensare che sulla terra siamo solo tre specie, umani, animali
e vegetali, tre categorie che dobbiamo difendere allo stesso modo. Sono
tre forme di vita importantissime.Gli uomini non capiscono che quando
trattano male gli animali o distruggono le foreste fanno un danno a se
stessi. E’ una mancanza di dovere verso la vita, verso l’universo
intero. Vado oltre un discorso dell’amore per gli animali: difendendo
queste specie difendiamo il mondo e il nostro stesso futuro.La gente invece
ha perso il senso della vita.
E’
quello che accade quando vengono abbandonati gli animali?
Si. Io ho visto lo sguardo dei cani abbandonati: è lo stesso sguardo
degli uomini che hanno subito violenze indicibili. I cani in particolare
hanno quasi un’intelligenza umana: capiscono i tuoi umori, se li
ami, se hai cura di loro, se è il caso di farti le feste. E’
certo anche un impegno. Non so quanti anni sono che ad agosto non mi muovo
da casa. Per tante estati le amiche mi affidavano i loro gatti. A proposito
di abbandono c’è una considerazione da fare: dal momento
che vivono in cattività, quelli che noi definiamo animali domestici
non riescono ad essere autosufficienti. Non sono mica lupi della steppa,
abituati a cacciare e a risolversi la vita da soli! Hanno bisogno dell’uomo
per vivere. Non si possono abbandonare.Non possiamo abituarli ad una condizione
e poi subito dopo scaraventarli in un’altra che per loro è
letale. Un compagno lo puoi lasciare: troverà un’altra donna,
un altro lavoro ricomincerà da capo, ma un cane come fa?
E’
vero che hai avuto con te anche un cane che si è rivelato nel tempo
molto violento e che non hai mai abbandonato nonostante tutti ti consigliassero
di farlo?
Si. Era uno dei sei maremmani passati in questa casa.. Si chiamava Ruppert.
Cattivissimo. Ha vissuto diciannove anni con noi e per tutti i diciannove
anni ci ha morso tutti. Era il terrore del postino. Mi ricordo che mi
aiutava nelle faccende domestiche una ragazzina abruzzese: ebbene Ruppert
arrivava a prenderle la testa in bocca. Una volta mi ha anche aggredito
mettendomi in un angolo dopo aver subito un rimprovero. Nonostante questo
io non ho mai avuto il coraggio di abbandonarlo. Ero criticata da tutti
gli amici che non capivano perché continuassi a tenerlo. Per me
era comunque un componente della famiglia.
Hai
lavorato con i più grandi attori e registi del nostro cinema. Hai
ricordi legati all’amore per gli animali di qualcuno di loro?
Giulietta Masina amava molto i gatti e ne raccoglieva tanti. Ma soprattutto
era spettacolare il cane di Marcello Mastroianni. Era un cocker a cui
aveva insegnato a “cantare”, ululando naturalmente. Per ore
facevano insieme dei cori con le canzoni dei Platters…
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