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cura di Alessio Sperati
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Sam Mendes è la prova vivente che il talento è innato; alla sua seconda direzione cinematografica dimostra di aver centrato ancora il bersaglio con una pellicola di pregevolissima fattura. Già con American Beauty ha portato a casa cinque Oscar tra cui quello per la miglior regia; con Era mio padre rischia di bissare il successo. Molti sono gli elementi di richiamo con Francis Ford Coppola: il tema della famiglia qui ampliato da un doppio rapporto padre/figlio, la forte presenza di elementi religiosi ed infine un montaggio alternato in uno dei momenti di 'climax' del film, quello del primo omicidio, al quale l'innocente Michael Jr. assiste inconsapevole. La direzione fotografica di una leggenda come Conrad Hall (già premiato 30 anni fa per Butch Cassidy) ci schiude le porte di un sottomondo fatto di ombre e nebbia, di freddo e ghiaccio; l'opacità delle scene e gli sfondi dalle tante sfumature di grigio richiamano le vite dei tanti personaggi che si muovono al suo interno. Personaggi senz'anima, consci di vivere un'inesorabile discesa verso l'Inferno; Michael Sullivan non vuole che suo figlio segua la sua strada, per lui vuole il Paradiso, dice al suo méntore John Rooney, ma per preservarlo da una vita di morte e di vendette, dovrà affrontare i demoni che lo perseguitano. Mentre i due Michael Sullivan percorrono insieme la strada verso la dannazione (il titolo originale significa questo ma non solo, Perdition è anche il nome di una città), Sam Mendes percorre di nuovo la lunga strada verso gli Oscar.
Nei cinema dal 13 Dicembre
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