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"PINOCCHIO"
Regia: Roberto Benigni
Fotografia: Dante Spinotti
Cast: Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Kim Rossi Stuart, Carlo Giuffré,
Peppe Barra, Alessandro Bergonzoni
Genere: fantastico
Distribuzione: Medusa
Giudizio: *
* *
La
celebre favola di Carlo Collodi ripresentata da Roberto Benigni attraverso
una rilettura semi-comica ma piuttosto fedele al testo anche nei particolari.
40
Milioni di euro, 800 copie distribuite, 150 membri della troupe, 4000
comparse e 270 tecnici. Cifre inconsuete per il nostro cinema, eppure
l'operazione "Pinocchio" è stata studiata nel dettaglio
per offrire un kolossal nostrano con tutti i ghirigori e i fronzoli al
loro posto. E non possiamo dire che questi accorgimenti non si vedano:
le scenografie ricostruite negli stabilimenti di Papigno da Danilo Donati
sono impressionanti, gli effetti luce architettati da Dante Spinotti non
sono da meno, ma allora perché il risultato è un prodotto
destinato ad un mercato prettamente infantile (sono infatti in distribuzione
gadgets degni del miglior merchandising americano) e che scontenta la
maggior parte del pubblico più esigente?
Il motivo è che manca proprio lui, il Roberto Benigni comico e
trasgressivo; attento ad un'interpretazione filologica del testo, quasi
in senso evocativo e rispettoso di una tradizione, il protagonista castra
la propria creativa invadenza relegandosi ad ospite di uno scenario precostruito;
la sua ingerenza non creativa si perfeziona con l'inserimento forzato
di una Nicoletta Braschi totalmente fuori luogo e con un personalissimo
stravolgimento che turba gli eventi attraverso un logica anti-etica. "Com'ero
buffo quand'ero un burattino! E come ora son contento di essere diventato
un ragazzino perbene!" è l'assunto finale del personaggio
Pinocchio finalmente umanizzato dalla fata turchina; "la più
grande menzogna che Pinocchio abbia mai potuto dire" afferma Roberto
Benigni. La negazione di ogni paradigma moralistico è l'unica coraggiosa
innovazione cui abbiamo potuto assistere, supportata da un finale piuttosto
sovversivo e significativo. Un'ombra che si stacca dal corpo nel momento
in cui questo fa il suo ingresso nella scuola (prendendo quindi la sua
giusta collocazione nella vita sociale) e che corre felice nei campi,
lascia molto perplessi. Se avessimo voglia di leggerci qualcosa di filosofico
potremmo sicuramente trovarci immersi in un platonismo surreale dove i
corpi non sono altro che prigioni corporee che ci impongono un irreale
negazione di noi stessi, la morte riparatrice torna come unica porta verso
una libertà mai raggiunta. Roberto Benigni ha trovato la sua libertà,
se non altro quella professionale, attraverso la fondazione di una propria
casa di produzione (la Melampo), anche se, davanti alle impellenti necessità
di mercato, è finito anche lui nei tentacoli della Medusa.
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