VetrinaCinema |
a cura di Marzia Serra e Laura Nuti |
Nel 1973, usciva
«L’esorcista» diretto da William Friedkin: un film di
culto per gli appassionati dell’horror che racconta come padre Lankester
Merrin abbia salvato Regan, una dodicenne posseduta dal demonio. In venticinque
anni, il volto di Regan, interpretata da Linda Blair è divenuto
celebre almeno quanto quello del Dracula di Bela Lugosi e ha ispirato
parodie e imitazioni. Merrin (Stellan Skarsgard) è perseguitato dai ricordi delle violenze commesse in Olanda dai nazisti contro i suoi parrocchiani innocenti. Dopo aver assistito a quegli orrori, ha perso la fede e alla fine della guerra si è trasferito al Cairo dove, abbandonato l’abito talare si occupa di archeologia. Un giorno viene avvicinato da un collezionista di antichità che gli propone di partecipare ad uno scavo archeologico in Turkana, una remota regione del Kenya. Pare che sia stata rinvenuta una chiesa Bizantina in ottimo stato di conservazione, come se fosse stata sepolta non appena ultimata la costruzione. Merrin accetta e si ritrova coinvolto in un’avventura che gli mostrerà il vero volto del male. Il regista, lo svedese Renny Harlin commenta: «Sono famoso per
i film d’azione (Die Hard 2, Cliffhanger)ma ho iniziato con l’horror
(A nightmare on Elm Street IV) ed è il genere che ho sempre amato
e ammirato. Pare che ci sia una certa relazione tra L’esorcista e la Svezia. Non solo il regista è svedese ma anche Stellan Skarsgard (il professor Lambeau di Good Will Hunting: Genio Ribelle) lo è, come del resto Max Von Sydow che interpretava il settantenne padre Merrin nel film del 1973. Per acquisizione, lo è anche Izabella Scorupco, la protagonista femminile nata in Polonia che ancora bambina si è trasferita a Stoccolma con la madre e che il pubblico italiano ha già potuto apprezzare nei panni di Natalya Simonova nel film di 007 Goldeneye. L’idea visiva de «L’esorcista:la genesi» è stupendamente realizzata dal premio Oscar Vittorio Storaro: «Il mio scopo principale era di creare un film dall’ambientazione molto oscura per presentare molti luoghi in ombra e bui, lo spettatore si sarebbe chiesto così cosa ci fosse in quella zona nascosta. Ognuno di noi ha dentro di sé questo lato oscuro che deve essere illuminato». In questa pellicola, gli effetti speciali non sono appariscenti. Vengono utilizzati solo per ricatturare l’atmosfera di terrore del film originale. In realtà il terrore è creato con un sapiente uso della macchina da presa e dei tempi psicologici oltre che da una sceneggiatura molto curata. Il film ambientato in Kenya, Egitto, Polonia e Italia è stato totalmente girato a Cinecittà. Lo scenografo Stefano Ortolani ha fatto miracoli ed è riuscito a creare la sensazione di essere nel cuore dell’Africa grazie !ad un canyon in vetroresina di ottanta metri per sessanta e qualche aiuto in post produzione per rafforzare l’illusione scenica. E’ sempre più difficile trovare film horror di qualità. Troppo spesso questo genere viene sottovalutato o equivocato. Far paura è difficile almeno quanto far ridere e recenti flop lo hanno dimostrato. Se amate l’horror in stile «Stigmate», non perdetevi questo film bello da far paura. Laura Nuti
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