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Regia: Gabriele
Salvatores
Cast: Gigio Alberti, Angela Baraldi, Luigi Maria Burruano,
Elio Germano, Claudia Zanella
Genere: Thriller
Distribuzione: Medusa
Giudizio: * * *
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QUO VADIS, BABY?
In
una Bologna avvolta dalla nebbia, Giorgia trascorre le proprie giornate
tra il suo mestiere di investigatrice privata e pub squallidi e fuori
mano, affogando la sua apatia nell’alcool fino a perdere la propria
identità.
Ma un giorno Aldo, un suo vecchio amico, le invia uno scatolone contenente
alcune videocassette appartenenti ad Ada, la sorella minore di Giorgia
morta suicida dieci anni prima.
Cos’ Giorgia si trova costretta a riaprire una porta su un doloroso
passato, colmo di ricordi e false speranze, ma soprattutto un passato
ricco di lacune che Giorgia stessa dovrà colmare per scoprire la
verità che si cela dietro l’inspiegabile gesto della sorella,
compiuto quella notte mentre si trovava nel suo appartamento a Roma.
Dopo “io non ho paura” Gabriele Salvatores porta sugli schermi
una storia nuovamente tratta da un romanzo, ma stavolta l’autrice
è Grazia Verasani.
Il regista proietta lo spettatore all’interno di una pellicola dalle
tinte noir, immergendo i personaggi in un’atmosfera scialba, cupa,
arricchita da una fotografia psichedelica vicina ai suoi precedenti lavori
come “Nirvana” e “Denti” (anche quest’ultimo
tratto dal romanzo di Domenico Starnone).
La fotografia stessa risulta suggestiva e ben si amalgama ad una regia
di gran gusto che alterna rapide carrellate e una macchina a spalla pronta
a pedinare la protagonista durante le sue indagini.
Chitarre semidistorte, voci femminili, brani musicali caratterizzati da
un rock leggero, sporco e malato, fanno da supporto alle immagini che
in alcuni momenti della proiezione sembrano rimandare al thriller “Almost
blue” di Alex Infascelli.
Uno dei punti dolenti restano gli attori che danno sfogo ad una recitazione
poco coinvolgente . A ciò si aggiunge una sceneggiatura che ripudia
i momenti di tensione per lasciare spazio a risoluzioni scontate e fin
troppo prevedibili.
“Quo
vadis baby” pur presentandosi come un thriller, esula da alcune
di quelle regole che caratterizzano uno dei generi cinematografici più
amati dal pubblico come quella di depistare lo spettatore con dialoghi,
intere scene o semplici elementi visivi per poi spiazzarlo alla fine.
Nonostante tutto, con quest’ultima pellicola Gabriele Salvatores
resta ancora uno dei migliori registi che il cinema italiano possa vantare.
Questo grazie sia al suo gusto per l’immagine che per la sua caparbietà
nel voler proporre lungometraggi “non commerciali”, sempre
arricchiti da elementi che rivelano una spiccata estrosità e che
proiettano lo spettatore in un mondo onirico, il più delle volte
pervaso dall’interesse da parte dello stesso regista per la psiche
umana, che sfocia nei ricordi (di forte impatto emotivo le sequenze in
8 mm dove Giorgia ed Ada appaiono bambine) e nell’incapacità
di staccarsi da un passato doloroso.
Stefano Stanzione
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