VetrinaCinema
a cura di Alessio Sperati
  


Abbas Kiarostami: dieci tracce di vita.
Un auto e due telecamere per un viaggio alla scoperta del pianeta donna.

di Alessio Sperati

La scomparsa della regia, l'abbandono di tutti gli elementi indispensabili al cinema contemporaneo. Tra il documentario ed il film vero e proprio Abbas Kiarostami in Dieci si ispira all'assunto di Milan Kundera di ricercare l'essenza della vita in due parole attraverso un minimalismo espressivo che condensa tutto un mondo, una società, una vita. È così che l'elemento femminile viene a rapportarsi con gli interrogativi del vivere, utilizzando una scomposizione in sequenze contigue e complementari: i rapporti genitoriali, il sesso, la religiosità, sono tutti argomento di conversazione, ed attraverso lo scambio interlocutorio di volti rubati alla normalità, il cinema ha modo di scoprire nuove realtà ed indagare sul suo stato di salute.

Dieci è un film piuttosto inconsueto, com' è nata l'idea di questi dialoghi 'on the road'?
Fin dall'inizio era stato deciso che la 'location' sarebbe stata un'automobile, ma inizialmente non avevamo pensato a due sole inquadrature. Dopo la prima sequenza ho provato a spostare la cinepresa in altre posizioni, ma ho visto che non funzionava. Quindi la forma stilistica è nata praticamente da sola, si è imposta. La storia inizialmente era diversa: un'analista che trova il suo studio chiuso con i sigilli, a causa della denuncia di una sua paziente che la riteneva responsabile del suo divorzio, decide di far salire i suoi pazienti in auto ascoltandoli mentre guida per la città. Questo è stato il progetto base per un anno, ma si pose il problema che di solito l'analista non parla durante le sedute, quindi il film si sarebbe trasformato in una serie di monologhi.

Questo film ha una forma molto poco attraente per il pubblico di massa, si è mai posto questo problema?

Quando lavoro non posso pensare prima al pubblico e poi ai miei progetti. Certo chi ama il cinema hollywoodiano può trovare Dieci piuttosto inconsueto, ma io credo nella possibilità di poter presentare storie con ritmi diversi dal solito.Mi ricordo quando ho girato Close up: non fu un successo al cinema, ma in televisione ha avuto parecchi spettatori. Per Dieci io non mi aspetto il pubblico di massa, ma quel pubblico che entra al cinema con la mente pulita, senza aspettative; credo che questo film avrà un numero di spettatori a misura di sé stesso.
Anche il mio modo di lavorare è insito in questo discorso; Dieci è un film fatto con il minimo dei mezzi e quindi anche il minimo degli spettatori risponderà positivamente, è un film che comunque non avrà perdite. Quando a Cannes hanno proiettato questo film lo hanno fatto contemporaneamente ad un altro girato anch'esso in digitale che si chiamava Guerre Stellari. Qualcuno ha calcolato che il costo del mio film equivaleva a dieci fotogrammi dell'altro, quindi se avrà un milionesimo del pubblico che ha avuto Guerre stellari non sarà stato un fallimento. Poi quando mai io ho fatto un film da grande pubblico? Chi mi conosce sa già a cosa va incontro.

Lei mostra in forma dialogica l'incontro di alcune donne che si confrontano su diversi argomenti, offrendo allo spettatore il meglio e il peggio del loro carattere. Come mai la figura femminile assume quest'importanza nel suo lavoro?
Le donne sono sempre state presenti nei miei film, ma stavolta parlano un po' di più di loro stesse, non so bene perché ho sentito questa necessità. Ovviamente nel film ho messo molto delle mie esperienze dirette, ma non credo che la figura femminile che ne viene presentata sia prettamente quella iraniana. L'unica differenza che hanno con le donne italiane è che portano un foulard in testa. Tutto qui. L'idea era quella di prendere persone assolutamente normali in situazioni particolari.

Alcuni suoi film sono stati prodotti da case europee, quali sono i suoi attuali rapporti con l'Europa e come considera il cinema europeo di questi anni?

Io faccio i miei film in totale autonomia, senza nessuna influenza di produttori occidentali; quando finisco delego altri per la distribuzione perché è uno specifico ruolo che non mi compete. Devo dire che è sempre più difficile identificare un vero e proprio cinema europeo viste le tante contaminazioni hollywoodiane; sono poche le personalità che cercano di distinguersi. Le produzioni sembrano tutte delle brutte copie di film americani. Per quanto riguarda l'Italia, Moretti mi sembra che faccia un discorso piuttosto indipendente, in Grecia c'è Angelopoulos, ogni paese ha quei due o tre nomi che spiccano sugli altri.

Cos'è per lei il cinema indipendente?
Forse potremmo definire il cinema indipendente come quello che non dipende dal capitale, che ha il coraggio di sperimentare, quindi non si rammarica di non avere un grande pubblico. L'influenza del denaro è tale da paralizzare il cinema: gli sviluppi che ci sono stati nelle altre arti come ad esempio la pittura, non ci sono stati nel cinema. Da forma d'arte si è trasformato in puro intrattenimento, perché si vive per il pubblico e si ha il terrore di perdere il consenso.

I dialoghi del film, specialmente quelli tra madre e figlio sembrano piuttosto liberi, il bambino si presenta come un piccolo uomo in cerca di regole e conferme, c'era una vera e propria sceneggiatura scritta?
Il bambino del film rappresenta tutta la categoria, è l'unico maschio del film. Io di solito non do mai sceneggiature scritte ai miei attori, le cose che ha sentito dire nel film sono tutte spontanee, io lavoro più sull'argomento di discussione. La loro recitazione così naturale è dovuta a questa libertà che hanno. Nessuno di loro è un attore professionista quindi ho dovuto ricorrere ad alcuni stratagemmi per ottenere il massimo.

Un altro elemento, quello della fede religiosa viene presentato in maniera piuttosto ambigua. Per lei è un'apertura alla speranza o un elemento illusorio?
In situazioni difficili la religione ha improvvisamente un ruolo molto importante. Mi ricordo di due miei colleghi molto scettici che si sono ammalati di cancro contemporaneamente. Nessuno dei due era religioso eppure quando uno di questi aveva deciso di ricorrere ad un guaritore, ha incontrato l'altro per le scale dello studio.

Quando le hanno negato il 'visto' per gli Stati Uniti, cosa ha provato? Possibile che in America non fosse arrivato il suo cinema?
Gli Americani in questo periodo stanno vivendo fuori dal mondo, e credo che anche se Bush fosse stato un appassionato di cinema, non avrebbe avuto tempo per certi dettagli, ci sono state delle ragioni di forza maggiore.

Come mai il volto della prostituta non viene mostrato? Ragioni di censura?
Anche se l'attrice non era una vera e propria prostituta, non voleva ugualmente essere ripresa perché non voleva che la gente pensasse che potesse fare veramente quel mestiere.

Il suo 'minimalismo' ha un preciso scopo stilistico?
Ho detto di voler fare un film con una sola parola, naturalmente non è possibile, ma la mia tendenza è quella. Ora sto girando piccoli corti di 20/30 minuti con un unico piano sequenza, una storia racchiusa in un unico quadro. Mi sto dedicando alla mia passione più grande, la fotografia; io non voglio raccontare storie, voglio proporre singole immagini dilatate.

Dieci è già uscito in Iran?
No, non è uscito perché mi stavano obbligando a tagliarne trenta minuti. Un film di un'ora era improponibile: mi hanno detto di togliere la parte della prostituta, della ragazza che si era rasata i capelli, del bambino che sgrida la madre, non sarebbe rimasto niente visto che avevo già tagliuzzato abbondantemente il film; avrei dovuto cambiare il titolo da Dieci a Sei.

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