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a cura di Alessio Sperati
  

 

Nicolas Cage in visita a Roma per presentare Il ladro di orchidee-Adaptation
A 'challenging' double Cage
"Mi considero ancora uno studente di recitazione, un apprendista"

di Alessio Sperati

Il 39enne divo di Long Beach si sdoppia per una grande prova d'attore. Il film è Il ladro di orchidee di Spike Jonze, dove la priorità tecnica del regista viene bypassata da una grandiosa e geniale sceneggiatura di un enigmatico Charlie Kaufman, che si mette in gioco in prima persona sdoppiandosi a sua volta. Per Cage è stata un'esperienza totalmente nuova e innovativa, Adaptation gli ha dato l'opportunità di trasformarsi interpretando lo sceneggiatore del film del quale è il protagonista e, contemporaneamente, suo fratello. Un'idea narrativa che ricorda la poetica del Cubismo. Un'esperienza fuorviante ma necessaria. Cage ha sperimentato diverse tecniche di recitazione prima di decidere come affrontare i due ruoli. "Ho adottato il metodo della scuola britannica con il quale si crea un personaggio partendo dall'aspetto esteriore per poi approfondire quello interiore, preferendolo al metodo Stanislavskij che prevede il processo opposto". L'attore californiano si presenta all'appuntamento con la stampa in un sobrio abito nero, formale ma non troppo, camicia sbottonata e stivaletto a mezza caviglia. Un vero duro.

Il personaggio di Charlie da lei egregiamente interpretato denota una certa difficoltà nel relazionarsi con gli altri, soprattutto con l'immaginario fratello. Fino a che punto è riuscito ad identificarsi con il ruolo che ha interpretato e quali sono i rapporti con la sua famiglia?

Sì. Forse ci sono delle somiglianze con me. Certo anch'io spesso ho poca autostima di me stesso, ho questo senso di inadeguatezza. Ogni volta che inizio un nuovo film mi dico sempre "io questa cosa non la so fare, non saprò mai affrontare il ruolo", insomma non sempre mi sento pronto per quello che sto per fare e questa può essere già una somiglianza con Charlie. Poi anch'io come Charlie, quando incontro qualcuno, cerco sempre di metterlo a proprio agio, per cui mi succede che quando non sono in pace con me stesso preferisco non incontrare nessuno, per non avere questa difficoltà. Credo che il sentirsi spesso inadeguati sia un pensiero comune, credo che capiti un po' a tutti. Per quanto riguarda la mia famiglia io cerco sempre di tenerla al di fuori di qualsiasi dinamica o dibattito, non mi piace parlarne. Posso dire che ho uno splendido rapporto con i miei due fratelli maggiori e soprattutto con mio figlio. C'è tanto amore verso queste persone, in particolare verso mio figlio e cerco di farglielo sentire ogni giorno.

Un Oscar e un Golden Globe per Via da Las Vegas nel 1996, e oggi, a distanza di sette anni, una nuova candidatura. Come può questo tipo di riconoscimenti mutare la vita lavorativa di un attore?

Penso che sia un grande riconoscimento per la propria carriera, un segno di apprezzamento anche da parte dei propri colleghi, dal punto di vista lavorativo aumenta sicuramente le offerte di lavoro. Ma la cosa fondamentale secondo me è il non fermarsi troppo a parlare dell' Oscar, non si deve basare le proprie scelte di lavoro finalizzandole ai premi come purtroppo molti fanno, perché questo potrebbe essere un elemento di corruzione nei confronti dell'espressione artistica. Io sono dell'opinione che il film vada fatto per venire incontro alle esigenze di espressione artistica che ognuno di noi ha dentro di sé. Le decisioni basate sulla rincorsa all' Oscar non sono un obiettivo giusto.

C'è un personaggio in particolare del suo passato artistico al quale si sente particolarmente legato?

Ogni personaggio che ho interpretato è parte di me, sono tutti miei figli e dire che mi sento più legato ad uno di loro è come fare ingelosire tutti gli altri. Non mi trovo molto a mio agio nel rivedermi nei vecchi film, ma quando mi capita di rivedermi in televisione, quelle poche volte che mi capita, mi tornano in mente non i miei personaggi, ma luoghi, persone e situazioni.

Parliamo un attimo di schizofrenia e personalità multiple. Si è informato sull'argomento prima di interpretare questa contorta sceneggiatura?

Quando uso la parola schizofrenico, non lo faccio nel senso medico della parola anche perché non ne so molto della condizione patologica, ma la collego ad un concetto abbastanza diffuso che riguarda persone che cercano di avere varie personalità nei confronti del mondo, come fa ad esempio un attore che interpreta vari personaggi. La schizofrenia credo che sia ben altro e non voglio che pensiate che la uso come esempio semplicistico o che io non sia sensibile a chi soffre a questa condizione. Cambierei l'espressione con "molteplicità". In questo senso posso dire che Charlie Kaufman è stato assolutamente brillante nell'idea di inserire se stesso nella sceneggiatura che andava scrivendo, perché questo ha aggiunto una serie di dimensioni e livelli al film stesso. È un colpo di genio se volete, io poi nell'interpretare lui, credo di aver aggiunto una nota surrealistica. È vero che io ho parlato con lui, ho studiato la sua voce, i suoi movimenti, però non è che io mi sia limitato a ripetere in modo pedissequo il suo modo di essere. Abbiamo ampliato la gamma dei risvolti di Kaufman, anche perché poi credo che lui non sapesse che sarei stato io ad interpretarlo.

Lei considera Adaptation come l'interpretazione più impegnativa di tutta la sua carriera?.

Sicuramente è stata quella che ha posto più sfide in assoluto. La sfida più grande è stata l'essere due persone e poi 'quelle' due persone. Visto che mi considero ancora uno studente di recitazione in cerca di continue esperienze di apprendimento, per me è stata l'occasione per mettermi alla prova. Credo che i realizzatori di questo film abbiano fatto un buon lavoro nel creare un nuovo mondo, delle situazioni estremamente innovative e spero che ottengano i riconoscimenti che meritano.

Parliamo delle sue attuali produzioni , Sonny e The Life of David Gale. Come è andata?

Fare il regista di Sonny è stata un 'esperienza entusiasmante. La possibilità di ossevare all'opera attori di talento è stato molto istruttivo, poi ne ho presi solo due dei quattro che ho esaminato: James Franco e Brenda Blethyn. Poi l'argomento del film non è la solita tazza di tè che va un po' bene a tutti, ma tratta di argomenti scabrosi. Forse non arriverà mai in Italia ma io sono orgoglioso di ciò che ho fatto. The Life of David Gale invece lo vedrete presto e ne riparleremo quando avremo argomenti comuni per farlo.

Quanto è stato imbarazzante girare la scena della masturbazione di Charlie?

Credo che in tutto il film l'immagine che ho dato di me sia una delle più terribili e imbarazzanti. Per quanto riguarda quella scena ricordo che al primo giorno delle riprese c'era la controfigura che si posizionava per le prove e io ho visto entrando questo tizio che stava lì con le mutande tutte arrotolate intorno alle caviglie e stava provando quello che avrei dovuto fare io e ho pensato "oh no, proprio il primo giorno". Sapevo che sarebbe stato necessario gettare la vanità fuori dalla finestra prima di girare questo film e così ho fatto.

A parte la professione, quali sono le sue altre passioni, i suoi hobbies?

Mi piacciono molto gli elicotteri e credo che presto farò un corso da pilota elicotterista. Mi piacciono inoltre i modellini di aerei, auto, motociclette, insomma ho una passione per l'arte del metallo e per i congegni meccanici in genere.

Cosa pensa della cinematografia italiana?

Amo lo stile italiano in ogni forma d'arte. Per il cinema vi basti pensare che Marcello Mastroianni è uno dei miei punti di riferimento.

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