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a cura di Alessio Sperati
  

 

Richard Gere è venuto a Roma per presentare lo splendido musical "Chicago", presto nei cinema
Un "evergreen" che continua a stupire
"Il vero successo è l'appartenere ad un gruppo"

di Alessio Sperati

Sensibile, profondo e grato al suo gruppo, il divo per eccellenza, Richard Gere, mai consunto dall'età, si dimostra pronto a nuove sfide, purché possano destare il suo interesse e provocare sensazioni di stupore. Nato a Philadelphia, mostrò sin da piccolo un enorme talento artistico, suonando numerosi strumenti e componendo le musiche per alcune produzioni teatrali del suo liceo. Uno dei suoi primi ruoli fu proprio in un musical, "Grease", in scena a Londra nel 1973, sua era la parte di Danny Zuko. Dopo aver lavorato un'intera stagione con la compagnia Provincetown Playhouse e con il Seattle Repertory Theatre, ha recitato estesamente in teatro a New York ottenendo la parte principale nel lavoro di Richard Farina "Long Time Coming and Long Time Gone", e recitando nelle due pièce di Sam Shepard "Back Dog Beast Bait" e "Killer's Head".

Lei è d'accordo con l'affermazione "per avere successo bisogna essere disposti a tutto"?

La frase reale è "se non puoi essere famoso, sii infame"(famous/infamous) e direi che chi ha scritto questo testo ha capito proprio il cinismo che simboleggia. Questo rispecchia i personaggi del film, ma si discosta da come siamo noi in realtà, credo che il successo di questo film sia dato dall'unione di diverse star che hanno portato la loro esperienza acquisita dall'aver persorso strade diverse. Questo problema coinvolge un po' tutte le forme dello spettacolo, il cinema è sicuramente tra queste. In questo ambiente la gente farebbe di tutto per essere sempre sulla cresta dell'onda, per essere ricercata, poi scopri pian piano che il successo non è sinonimo di felicità, anzi...Scopri invece il piacere della collaborazione, del gruppo, di un progetto nato nella collettività e portato a termine dalla stessa collettività, quando esci dal bozzolo per apprezzare la collettività, allora scopri il successo.

Lei ritiene che dall'attualità dei temi trattati in questo film si possa ritrovare un insegnamento, un messaggio per la Hollywood di oggi?

Le strade per arrivare al successo sono così diverse e complesse che è sempre rischioso generalizzare, l'importante è essere coscienti di questa necessità. Questa ossessione fa parte della natura umana e come tale ci unisce tutti, ci rende simili...

Questo musical sembra averle restituito una certa giovialità che era venuta meno nelle interpretazioni precedenti, forse più intense e drammatiche. Dà l'idea che si sia divertito molto nell'interpretarlo, come del resto anche le due protagoniste femminili, è così?

Sì, devo dire che è stato il film più divertente della mia carriera e pensare che ho iniziato a fare l'attore a 19 anni. Non poco se calcolate che ho appena superato i 28...Le scene con John Reilly mi hanno molto divertito, ma anche le scene di ballo, il mio tip-tap, molto difficile ma ugualmente divertente. Tutto il film è stato un'esperienza piacevole, l'unica cosa che mi dispiace è la necessità di doverci doppiare in post-produzione, perché era impossibile concentrarsi contemporaneamente sulla resa coreografica e sulla recitazione.

In quali momenti ha sentito maggiormente l'entità della sfida che stava sostenendo?

Soprattutto durante le scene di ballo. Diciamo che ero un po' arrugginito, il mio ultimo musical risale a 30 anni fa. Ma Rob, il regista, mi ha aiutato molto, è stato sempre molto generoso e disponibile. Però non ho mai visto "Chicago" come una sfida, ma come un modo per esprimere un'altra parte di me. Ricordiamoci che in America imparare a ballare e cantare fa parte del background di ogni attore che si rispetti. In Italia gli attori tendono ad essere molto più realisti, influenzati ancora dal neorealismo, sono meno artificiosi. Far cantare degli attori è stata la sfida più grande, ma credo che siamo stati ripagati dal fatto che la colonna sonora si sia piazzata in cima all'hit-parade, cosa rara quando non sono popo-star, ma attori a cantare...

Da Broadway ad Hollywood. Come ha trovato l'adattamento della pièce teatrale originaria?

La sceneggiatura è strabiliante proprio per le difficoltà che implicava. La forza di questo film è l'unione del suo staff, abbiamo lavorato come una famiglia, e come tale abbiamo coperto uno le mancanze dell'altro e così abbiamo ottenuto un ottimo risultato. Da parte mia credo di aver inserito un che di buffo e di ridicolo nel personaggio originale dello spettacolo, che penso non abbia guastato l'idea di quel personaggio, anzi...

Come ultima domanda vorrei una sua opinione sulle gravi tensioni internazionali che rischiano di sfociare in una nuova guerra tra il suo paese, gli Stati Uniti, e l'Iraq. Qual'è la sua posizione al riguardo?

Decisamente mi schiero con tutti quelli che stanno cercando con intelligenza di cercare una valida alternativa alla guerra.


 

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