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IL SONORO CINEMATOGRAFICO
1-
FISICA ACUSTICA
2-
LETTURA SONORA OTTICA ANALOGICA 3-
LA COLONNA SONORA
4-
LA TESTA SONORA OTTICA
5-
REVERSE SCANNING 6-
PREAMPLIFICAZIONE E AMPLIFICAZIONE
7- LA DIFFUSIONE
E GLI ALTOPARLANTI 8- DOLBY
A
9- DOLBY
SR 10- DOLBY
DIGITAL - SURROUND EX
11- SONY
SDDS
12- DTS
- ES
13- CERTIFICAZIONE
THX
1- Fisica Acustica
La natura del suono Il suono nasce dalla
vibrazione di corpi elastici, e, analogamente, si propaga attraverso la
vibrazione delle particelle di materia; si diffonde nei solidi, nei liquidi,
nell'aria ma non nel vuoto. Il gesto di suonare uno strumento musicale o di dare fiato alle corde
vocali (ma anche quello di far funzionare l'altoparlante di un Hi-Fi)
provoca delle onde oscillatorie nel mezzo di trasmissione, le quali, raggiungendo
l'orecchio, ne fanno vibrare la membrana sensibile del timpano. Il segnale
viene quindi inviato al cervello che lo traduce nella nostra percezione
del suono. Il suono si propaga
nell'aria per mezzo di onde intervallate, una di compressione e una di
rarefazione. Un'onda sonora è dunque formata da una semionda compressa
e da una semionda rarefatta. In un mezzo omogeneo l'onda acustica si propaga
con velocità uguale in ogni direzione (onda sferica). Ogni suono presenta delle proprietà che lo caratterizzano e permettono
di distinguere un effetto acustico dall'altro. Ciascun suono è
definito da: altezza (frequenza) intensità (potenza o pressione sonora) timbro (qualità) Altezza Il numero delle vibrazioni
compiute nell'unità temporale definisce la frequenza dell'onda
sonora, che si misura in Hertz (Hz). A valori di frequenza bassi corrispondono
suoni "di basso", a valori alti invece corrispondono suoni vieppiù
acuti, cioè alti. La gamma delle frequenze
udite dall'orecchio umano va da un minimo di circa 16 - 20 Hz ad un massimo
di circa 20.000 Hz, con un'approssimazione che varia da persona a persona.
Il punto percettivo ottimale si situa nell'intervallo che va dai 40 ai
5000 Hz, focalizzandosi attorno ai 1000 Hz. Esistono però
anche frequenze inferiori o superiori allo spettro udibile: infrasuoni (ultrabassi):
frequenze inferiori ai 16 Hz16 Hz - 20.000 Hz: campo di udibilità ultrasuoni: frequenze superiori ai 20.000 Hz Intensità Per intensità
si intende la maggiore o minore energia vibratoria che un suono trasporta
al nostro orecchio, riferita all'unità di tempo. L'intensità corrisponde altresì all'ampiezza del moto oscillatorio. L'intensità
fisica effettiva dei suoni si misura in Decibel (Db). La potenza invece, ovvero ciò che normalmente chiamiamo il "volume"
di un suono, viene espressa in Watt e si definisce come l'energia che
attraversa in un secondo la superficie di 1 centimetro quadrato. La percezione all'orecchio
dell'intensità sonora, pur dipendendo dalla potenza del suono,
non è proporzionale ad essa in maniera lineare; in altre parole,
a variazioni di intensità sonora di grossa entità corrispondono
variazioni ristrette nella sensazione di forza che un suono ci dà. Timbro Se due strumenti musicali
diversi, poniamo un flauto e un violino, emettono due suoni caratterizzati
dalla medesima intensità e dalla stessa frequenza, noi siamo in
grado lo stesso di distinguere qualitativamente le due diverse "voci"
degli strumenti. Ciò che varia è la terza proprietà dei suoni, cioè
il timbro. Non approfondiremo oltre questa proprietà. Diremo solo
che dipende dal numero e dalla qualità delle frequenze che accompagnano
la nota fondamentale del suono e che riguarda il modo di vibrare dei corpi
elastici che generano l'onda. Ciò che varia nella timbrica è,
in sostanza, la forma dell'onda che viene prodotta.
In questo tipo di
rappresentazione del suono (detta rapp. secondo l'asse del tempo), la
linea orizzontale rappresenta il trascorrere del tempo, e questo criterio
è particolarmente appropriato perché ogni processo sonoro
ha sempre una sua durata nel tempo. Sulla linea temporale, a segmento uguale corrisponde un uguale intervallo
di tempo. L'evento sonoro vero e proprio viene illustrato da una linea curva che
si porta, alternativamente, al di sopra e al di sotto della linea temporale;
le convessità superiori rappresentano la semionda di compressione,
le concavità inferiori invece corrispondono alle semionde di rarefazione,
così che un'onda intera è compresa nello spazio che va da
cresta a cresta o da valle a valle. Nell'esempio 1 è illustrato un tipo di onda perfettamente sinusoidale
(suono puro), ma la maggior parte dei suoni non ha uno schema così
regolare, bensì una vaga approssimazione ad esso (esempio 2). Nello schema temporale, l'intensità risulta proporzionale alla
distanza massima di ogni convessità o concavità (semionda)
dall'asse del tempo; l'altezza è espressa invece dalla quantità
di onde complete contenute in un segmento orizzontale del valore di 1
secondo. Il timbro, o tempra, è rappresentato dalla forma dell'onda. 2-
Lettura sonora ottica analogica La riproduzione del
sonoro in ambito cinematografico non è, in linea di massima, diversa
da tutti gli altri settori (cd audio, nastro magnetico etc). Per potere
riprodurre il parlato e l'accompagnamento musicale di un film, il sonoro
deve essere dapprima registrato e poi riprodotto.Fino a qualche decennio
fa la pista sonora su pellicola poteva ancora essere magnetica; oggi invece
prevale la colonna sonora analogica ottica (per non parlare dei sistemi
digitali). La lettura ottica
cinematografica consiste nel fatto che certe modulazioni di colore nero
stampate in una zona apposita della pellicola (traccia o colonna sonora) vengono "lette", cioè
trasformate, dapprima in proporzionali variazioni di intensità
di corrente elettrica, poi, opportunamente amplificate, sono messe in
grado di generare vibrazioni meccaniche, sempre commisurate ai valori
iniziali, grazie all'impiego di un sistema di altoparlanti; quindi, si
ottiene il suono. Questo tipo di lettura viene detto analogico perché è proprio
la quantità di nero che, formando un sistema di variazioni continue,
viene direttamente riportata a un sistema di modulazioni elettriche anch'esse
continue. Il ciclo della riproduzione del sonoro ottico cinematografico si può
così riassumere: colonna sonora testa sonora ottica preamplificatore e
amplificatore sistema di diffusione
(altoparlanti). 3- La colonna sonora
Nel sonoro ottico
cinematografico, viene impressa sulla pellicola una banda longitudinale
che può presentarsi più o meno annerita; l'annerimento riproduce
in realtà una modulazione di intensità luminosa. Questa
striscia prende il nome di colonna sonora, o banda, pista, traccia sonora;
è larga 2,5 mm e si trova sulla destra della pellicola (quando
l'emulsione è rivolta verso di noi), nello spazio compreso tra
il fotogramma e la perforazione. La modulazione scura della colonna sonora viene fissata sulla pellicola
mediante procedimenti che si dicono fotoacustici, standardizzata in modo
da essere riprodotta a 24 fot/sec. Il sistema di modulazione oggi in uso è detto "ad area variabile"
perché ciò che varia è la larghezza trasversale della
traccia; se osserviamo una pellicola distesa in orizzontale, vedremo che
le modulazioni della colonna sonora disegnano una sorta di grafico che
non a caso ricalca la struttura del diagramma di rappresentazione sonora
disegnato sulla linea temporale. La colonna sonora
può presentarsi come un'unica traccia oppure possono esserci due
tracce, cioè due strisce nere verticali. Nei film mono può esserci una sola traccia audio; se sono due,
il loro disegno apparirà identico. Il segnale mono, amplificato,
viene inviato normalmente a una sola cassa acustica, posta al centro dietro
allo schermo. Nei film stereofonici le due tracce sono diverse perché ognuna
riproduce due piste sonore completamente differenti; si nota che la struttura
a diagramma di ognuna delle due disegna curve diverse e non corrispondenti.
4- La testa sonora ottica
Descriviamo qui la
testa sonora ottica tradizionale, tenendo presente che sta gradatamente
cedendo il passo al sistema di lettura a diodo led detto reverse scanning. I componenti della testa sonora ottica sono: lampada eccitatrice, cannocchiale
lettore, tamburo rotante, fotocellula. Lampada di Eccitazione
o Eccitatrice
Si tratta di una apposita lampadina a filamento alimentata in C.C. a bassa
tensione (8 - 12 V). E' montata su di un supporto fatto per mantenerla
quanto più possibile nella posizione stabilita; sul corpo della
lampada, un apposita concavità serve proprio ad assicurarla in
sede. La luce di eccitazione è il principale mezzo di lettura del
sonoro ottico analogico, e deve essere raccolta dal cannocchiale lettore. Cannocchiale Lettore
E' una specie di vero e proprio cannocchiale in miniatura. Riceve la luce
dalla lampada eccitatrice attraverso un oculare; la luce passa da una
fenditura sull'altro capo e viene focalizzata, attraverso un piccolo obiettivo,
in un segmento rettilineo, chiamato pennello luminoso, che va a cadere
sulla colonna sonora della pellicola. E' possibile agire sull'obiettivo del cannocchiale per eseguire la perfetta
"messa a fuoco" del pennello luminoso, ma è sconsigliabile
toccarlo se proprio non è necessario. Il pennello bene a fuoco
deve essere molto sottile, circa 0,03 mm, allo scopo di potere rilevare
le variazioni più sottili nel disegno della colonna sonora. Contemporaneamente, il pennello deve cadere sulla superficie della pellicola
formando un angolo di 90° (azimuth), valore che è possibile
regolare, però grazie a tester opportuni. Tamburo Rotante
E' uno speciale rullo del proiettore sul quale scorre la pellicola, posto
in corrispondenza della lampada eccitatrice e del cannocchiale lettore.
Perché la colonna sonora possa essere letta bene, è importante
che la pellicola che scorre sul tamburo proceda con moto continuo quanto
più possibile uniforme e costante, e soprattutto che sia ben tesa.
A questo scopo il tamburo può essere equipaggiato di un volano
stabilizzatore del moto oppure di un dispositivo di compensazione (idraulico
o meccanico). Se il tamburo non è ben stabilizzato, si manifesta
un difetto nella riproduzione del suono che assomiglia ad un leggero trillo (flutter). Nella parte fissa del tamburo, all'altezza del pennello luminoso, vi è
una fenditura attraverso la quale la luce della lampada eccitatrice penetra
all'interno del grosso rullo del tamburo stesso. Fotocellula
Si trova proprio all'interno del tamburo rotante, e su di essa cadono
le modulazioni luminose che si formano quando la luce della lampada eccitatrice
attraversa le gradazioni cromatiche della colonna sonora. La fotocellula è formata da un'ampolla di vetro all'interno della
quale sono posizionati due elettrodi: l'uno funge da catodo e presenta
una superficie metallica con uno strato di metallo alcalino (cesio, potassio);
l'altro elettrodo è genericamente metallico e agisce da anodo. La fotocellula funziona in base al cosiddetto fenomeno fotoelettrico,
legato alla proprietà di alcuni metalli alcalini di emettere elettroni
quando vengono investiti da radiazioni luminose. L'emissione di elettroni
è commisurata in modo proporzionale all'intensità della
luce che colpisce la fotocellula. La fotocellula traduce dunque le variazioni di luce in correnti fotoelettriche
modulate; i due elettrodi, uscendo dal bulbo di vetro, vengono collegati
con un circuito elettronico che funziona da preamplificatore. 5-
Reverse - Scanning Questo sistema di
lettura ottica analogica sta via via soppiantando la tradizionale fotocellula. La differenza sta nel fatto che il sistema riverse - scanning, detto anche
a diodo rosso, sfrutta la luce rossa emessa da un diodo led, fornendo
risultati che, per quanto riguarda la dinamica sonora, sono paragonabili
ai sistemi digitali. Il sistema reverse - scanning è, come dice il nome, strutturato
a rovescio rispetto alla testa sonora tradizionale: la sorgente di luce
si trova all'interno del tamburo rotante, mentre la cellula di lettura
è alloggiata nella scatola che normalmente contiene la lampada
eccitatrice. 6- Preamplificazione e amplificazione
Il segnale in uscita
dalla cellula fotoelettrica o dal reverse - scanning è debole,
e non può essere trasportato lontano senza che subisca perdite
e decadimenti. Il segnale viene dapprima "irrobustito" grazie
a un processo detto di preamplificazione, che porta l'instabile segnale
a un'intensità sufficiente per scongiurare perdite o distorsioni
prima della fase vera e propria di amplificazione. Dal punto di vista
elettrico il compito del preamplificatore è di amplificare le tensioni
prodotte fino ai livelli richiesti per pilotare le sezioni di potenza, cioè fornire una corrente adeguata per far
funzionare gli amplificatori finali. Fin qui si è fatto riferimento alla preamplificazione del segnale
analogico, ma, bisogna precisare, della sezione preamplificatrice fa parte,
ove presente, la circuitazione per la decodifica del segnale digitale:
partendo dal più semplice standard DOLBY A fino agli attuali SR-D
DTS e SDDS , in questo stadio avviene la decodifica e la conversione digitale-analogica
del segnale immagazzinato nelle varie tracce audio digitali della pellicola
(o nei dischetti del DTS). Il segnale a questo punto, suddiviso nei vari canali principali, degli
effetti e delle basse frequenze, può essere inviato allo stadio
finale e da questo ai diffusori per giungere finalmente alle nostre orecchie. Amplificazione L'amplificazione vera
e propria viene trattata da apparecchi chiamati finali di potenza o anche
amplificatori, i quali potenziano il segnale per la diffusione nella sala
cinematografica. L'amplificatore rende letteralmente più ampie
le onde (intensità). L'amplificatore di potenza, o finale è tradizionalmente considerato
come il "cuore" dell'impianto sonoro. La principale ragione
d'essere degli amplificatori è che il segnale generato dalle sorgenti
non ha potenza sufficiente a pilotare direttamente gli altoparlanti; si
richiede perciò un dispositivo che incrementi l'ampiezza del segnale
(in tensione, cioè Volt) fornendogli nel contempo adeguata energia
(erogazione di corrente, in ampere). Anticipiamo che il segnale elettrico potenziato dagli amplificatori dovrà
essere emesso dai sistemi di altoparlanti sottoforma di onde sonore; questo
processo avviene perché la corrente impegna, negli altoparlanti,
delle membrane le quali, seguendo il segnale audio dell'amplificatore,
creano delle onde sonore. Il fatto che si parli di potenza per i finali,
significa che l'energia prodotta ha lo scopo di muovere dei dispositivi
elettromeccanici dalla superficie piuttosto estesa. Questa energia viene
espressa in watt. I requisiti dell'amplificatore variano enormemente a seconda di ciò
che si trova a monte e a valle di esso. Per riprodurre a livelli realistici
un pieno orchestrale o un effetto particolarmente dinamico di un film
in un ambiente cinematografico, occorre un sistema che in termini di tensione
e corrente sia generoso per poter pilotare adeguatamente i diffusori.
La potenza da erogare cresce con il volume ed il coefficiente di assorbimento
della sala cinematografica, mentre diminuisce all'aumentare del rendimento
degli altoparlanti. Occorre poi verificare che tali potenze siano inferiori
a quelle che i diffusori possono sopportare in regime istantaneo o "dinamico"
(massima potenza di picco o transitoria): un evento sonoro repentino di
particolare violenza (una deflagrazione, un colpo di piatti o di grancassa)
modifica improvvisamente l'ampiezza del segnale portando l'energia dell'amplificatore a dei livelli molto alti, prossimi ai valori che provocherebbero
la rottura della membrana dell'altoparlante. Per questo motivo è
necessario che, tra la potenza di uscita dell'amplificatore e quella sopportata
dalla membrana, vi sia una certa tolleranza. Nei cinema, dove gli effetti audio hanno via via conquistato un ruolo
sempre più importante nello spettacolo cinematografico, il sistema
sonoro è importantissimo ai fini di riprodurre in modo più
realistico lo spettacolo. Fonte
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