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SCENEGGIATURA
  

 

Come si scrive una sceneggiatura - parte 2
di Alberto Cassani

Parte 2
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DISSOLVENZA:

Questa è la prima parola in una sceneggiatura. Dallo schermo nero si passa, più o meno lentamente, all’immagine iniziale. Si “Dissolve in:”.

Esistono tre modi diversi per scrivere una sceneggiatura. Derivano dalle abitudini in uso in tre paesi tra i più “cinematograficamente sviluppati” del mondo.

Nella forma italiana il foglio viene diviso in due colonne: nella colonna di sinistra vengono date tutte le indicazioni relative alla
parte visiva, le azioni dei personaggi e le descrizioni degli ambienti. In quella di destra ci sono quelle relative al sonoro, cioè i dialoghi, i rumori ed alle volte anche le musiche. Succede spesso, in Italia, che il regista collabori alla scrittura della sceneggiatura, quindi in questo caso si decide subito il modo in cui si dovrà girare e montare una scena, indicando il tipo di inquadratura da usare, numerando ogni scena e spesso anche ogni inquadratura.

138 - EST. RETRO DEL TEATRO - NOTTE

(C.M.) - Plissken esce in strada e da un’occhiata alla radiobussola, poi si guarda intorno e cammina verso la mdp, fino ad una rampa di scale che scende. Inizia a scendere. Musica proveniente dall’interno del teatro.
Si sente sbattere la porta del teatro.
(P.M.) - Plissken si volta di scatto a fucile spianato.
(P.M.) - Cabbie fa un passo verso Plissken con le mani in alto. È tranquillo.
CABBIE: Ehi... Sei Iena Plissken, è vero?

(P.M.) - Plissken lo fissa senza abbassare il fucile.
PLISSKEN: Che cosa vuoi?
CABBIE (f.c.): Niente.
Plissken abbassa il fucile.

(C.M.) - Cabbie sorride.Si avvicina a Plissken, ma questi ricomincia a scendere le scale.
Cabbie si avvicina alla rampa e lo guarda.
CABBIE: Io ti credevo morto.
CABBIE: Ehi... Non vorrai gironzolare là sotto, Iena.

La forma americana è quella che, graficamente, si avvicina di più ad un romanzo. Si riempie il foglio dal margine sinistro a quello destro, e si cerca di dare al racconto una scorrevolezza letteraria. I dialoghi sono scritti al centro della pagina, leggermente rientranti su entrambi i lati rispetto al testo normale, in modo da permettere di capire, già ad un primo colpo d’occhio, se nella pagina sia raccontato un dialogo od una scena d’azione. Non ci sono indicazioni tecniche di alcun tipo,
per non rendere troppo “pesante” la lettura a persone che non hanno una perfetta conoscenza della tecnica cinematografica.

EST. RETRO DEL TEATRO - NOTTE

La grande porta si apre e Plissken esce chiudendosela alle spalle.
Da un’occhiata alla radiobussola, poi osserva la strada e cammina fino a che non raggiunge una rampa di scale che scende.
Da un’occhiata giù, poi inizia a scendere.

D’improvviso la porta del teatro si apre!

Plissken si volta di scatto a fucile spianato.

Cabbie cammina verso di lui, con le mani alzate. Non sembra per niente spaventato.


CABBIE
Ehi... Sei iena Plissken, è vero?

Plissken lo guarda, un po’ sorpreso.

PLISSKEN
Che cosa vuoi?

CABBIE
Niente.

Plissken abbassa il fucile.

CABBIE (continua)
Io ti credevo morto.

Plissken si volta e riprende a scendere le scale.

Cabbie si avvicina e lo guarda.

CABBIE
Ehi... Non vorrai gironzolare là sotto, Iena.
Nessuna risposta.

In Francia i registi tendono ad improvvisare notevolmente durante le riprese, come si nota chiaramente guardando il film “Effetto Notte” di François Truffaut, così le sceneggiature spesso riportano solo la traccia dei dialoghi, le frasi più importanti che i personaggi dicono ed il senso generale dei loro discorsi. Sarà proprio il regista a completare le battute durante le riprese, seguendo l’ispirazione del momento. Proprio per questo la lunghezza delle sceneggiature “francesi” può variare notevolmente, a differenza di quella americana e quella italiana, che per un film di durata normale in generale si aggirano
intorno alle 90-100 pagine. Ovviamente di indicazioni tecniche neanche parlare...

138 - EST. RETRO DEL TEATRO - NOTTE

Plissken esce dal teatro seguendo la traccia della radiobussola. Percorre la strada fino a che non arriva ad una rampa di scale che scendono. D’improvviso un rumore lo fa voltare, a fucile spianato. È Cabbie, che avanza verso di lui, tranquillo, con le mani alzate. L’ha riconosciuto, è per questo che ha deciso di seguirlo.

CABBIE: Io ti credevo morto!

Plissken non gli presta attenzione e si mette a scendere le scale. L’idea non piace a Cabbie che, urlando, cerca di dissuaderlo dall’andare là sotto. Ancora una volta Plissken lo ignora.

Questi sono tre modi diversi di narrare la stessa scena: il primo incontro tra Iena Plissken (Kurt Russell) e Cabbie (Ernest Borgnine) in “1997: Fuga da New York”. La sceneggiatura originale, scritta nel 1980 da Nick Castle e John Carpenter, sembra una via di mezzo tra il metodo italiano e quello americano, perché l’azione è divisa in inquadrature e ci sono indicazioni relative al modo di montare le scene. Questo perché i due scrittori sapevano che Carpenter avrebbe poi diretto il film. Ma se fosse stata scritta in tempi più recenti, o da qualcun altro, sarebbe senz’altro più simile al secondo esempio, che è
quello in voga nella Hollywood di oggi ed un po’ in tutto il mondo. Nel terzo esempio, infine, il modo di narrare dipende molto dal rapporto tra sceneggiatore e regista. Come detto non ci sono dialoghi, se non quel “Ti credevo morto” che sarà una frase ricorrente negli incontri tra Iena e gli abitanti di New York, e tutte le azioni vengono accennate piuttosto brevemente.

In pratica, dunque, la sceneggiatura non è altro che il romanzo del film, un racconto che narra ciò che si vedrà poi sullo schermo. Un racconto che, invece di essere diviso in capitoli, è diviso in scene. Ogni scena, come avete visto, inizia con un titolo, che ne definisce il tempo ed il luogo. Si specifica se l’azione si svolge all’aperto (Est. -Esterno) o all’interno di una qualche costruzione (Int. - Interno). In fase di sceneggiatura, soprattutto se non dovrete essere il regista del film, non è conveniente immaginare come girare la scena, anche per evitare di restare troppo delusi per la riuscita finale sullo schermo.
Quindi se una scena si svolge in casa verrà sempre definita come “Int.”, anche se pensiamo sia una buona idea riprenderla da fuori la finestra. La stessa cosa vale per le scene ambientate in auto. Nel titolo si specifica anche il luogo preciso in cui una scena si svolge (camera da letto, strada, sottoscala...) ed il momento del giorno (mattina, giorno, sera, notte).

Nel descrivere la scena è preferibile iniziare dalla cosa più importante sullo schermo. Se un uomo delle pulizie sta mettendo a posto un ufficio converrà cominciare la scena con la descrizione delle sue azioni, per poi passare a descrivere l’ambiente, mano a mano che lui si muove, in modo da rendere più scorrevole ed interessante la descrizione dei luoghi. Tutti gli elementi importanti devono essere citati, ed è preferibile evitare di perdere tempo descrivendo particolari inutili. Se per il film non ha importanza che la tuta da lavoro dell’uomo delle pulizie sia blu invece che gialla, allora non ne ha neanche per la
sceneggiatura; ma se nella scena seguente viene ritrovato il cadavere dell’uomo con indosso una tuta di colore diverso, allora bisogna descriverla, e bisogna farlo subito.

La sceneggiatura è scritta al tempo presente, come se le cose stessero avvenendo in questo momento. Imparate a fare una forza di questo fatto, perché scrivere al tempo presente può dare al lettore l’impressione di essere dentro la vicenda. Per ottenere questo risultato, però, bisogna scrivere in maniera valida, come se si trattasse veramente di un romanzo.
Coniugate effettivamente i verbi al presente, non al gerundio (evitate ‘sta camminando’, ‘sta entrando’ e roba del genere). Il
presente è più immediato, più diretto. Cercate anche di evitare di scrivere frasi tipo ‘sta per...’ o ‘inizia a...’, perché danno
l’impressione che l’azione del personaggio sia interrotta. Ovviamente fa eccezione il caso in cui l’azione venga effettivamente interrotta, come quando Iena Plissken inizia a scendere le scale ma sente un rumore alle sue spalle che lo fa voltare a fucile spianato. Fate in modo che ciò che scrivete sia scorrevole, piacevole e che abbia un proprio ritmo associato al ritmo della scena: se ad esempio state scrivendo una scena d’azione fate in modo che la lettura sia veloce, non perdetevi in particolari inutili. Usate sempre frasi corte; date al lettore la possibilità di prendere mentalmente fiato e tenete presente
che se usate troppo spesso la congiunzione ‘e’ la vostra prosa risulta probabilmente sgraziata e poco scorrevole.
Spesso vi può sembrare che una frase sia a posto, ma quando la leggete a voce alta vi faccia accapponare la pelle. Bene, tenete presente che il lettore ha sempre l’impressione che voi avete leggendo a voce alta, quindi se avete un dubbio rileggete ciò che avete scritto e vi renderete conto delle difficoltà che incontrerà chi legge. Se state narrando un’azione lunga o complessa dividetela in tante frasi brevi. In questo caso è conveniente citare il soggetto solo nella prima frase ed usare solamente dei pronomi nelle successive. Ricordatevi sempre che il vostro compito è quello di stupire il lettore, non di colpire lo spettatore, perché se il produttore che legge il vostro lavoro non è interessato da ciò che avete scritto non ne farà mai un film.
È importante che il lettore non abbia un cattivo impatto visivo guardando la pagina. Sarebbe preferibile che la lettura scorresse verso il basso della pagina, piuttosto che verso il lato destro. La cosa, però, è tutt’altro che facile. Un modo per ottenere questo effetto è quello di andare a capo ogni volta che l’azione “passa” ad un diverso personaggio, o quando lo stesso personaggio compie azioni diverse (date un’altra occhiata alla scena di “Fuga da New York” scritta all’americana e ve ne accorgerete). Come ho detto questa tecnica è abbastanza difficile da utilizzare in maniera corretta, perché finisce
per far aumentare vertiginosamente la lunghezza della sceneggiatura. Conviene allora utilizzarla solamente nelle scene d’azione, che meglio si prestano ad essere “spezzate”. Spesso capita che il lettore annoiato tenda a saltare le didascalie
per passare direttamente al blocco del dialogo. Come si può evitare che accada? Beh, il modo migliore è quello di rendere veramente interessante ogni scena, in modo che il lettore non voglia saltare nulla per non correre il rischio di perdere delle azioni chiave, ma non sempre questo è possibile. Anche qui, allora, si può provare a barare e dare l’impressione che ci sia meno roba da leggere. Un modo per farlo è contenere ogni blocco di azione entro le quattro righe. Non quattro frasi, quattro righe. Se l’azione richiede più di quattro righe, spezzatela.

A meno che non abbiate intenzione di dare la sceneggiatura ad un attore famoso che possa aiutarvi a convincere un produttore a comprarvela, è sempre meglio non identificare i propri personaggi con gli attori che vorreste li interpretassero, ossia non esagerate con la precisione delle descrizioni fisiche. Questo perché il lettore potrebbe farsi un’idea diversa e non riuscire a capire la vostra scelta. Se, invece, avete proprio intenzione di dare il vostro lavoro a qualche attore, allora fate in modo che si senta al centro della storia, dategli l’impressione che avete avuto in mente sempre e solo lui per quella parte. Deve credere che il film non possa esistere senza di lui.

Quando si scrive un dialogo bisogna annotare il nome del personaggio che parla, eventualmente segnalando se questi si trova
fuori dall’immagine (f.c.), se si tratta della voce del narratore (v.o.) o se la voce si sente attraverso il telefono o una radio
(filtrata). Nel caso che il personaggio stia continuando un discorso iniziato in precedenza ed interrotto da qualcuno o qualcosa, lo si fa notare (continua). In genere un personaggio compie qualche azione mentre parla, soprattutto se sta facendo un discorso lungo. Si indica quest’azione interrompendo il dialogo e descrivendola, per poi riprendere il dialogo.
Una sceneggiatura cinematografica non è un copione teatrale, in cui la scena viene sempre descritta all’inizio e non ci sono indicazioni sulle azioni dei personaggi, se non le più importanti. In una sceneggiatura bisogna indicare tutto quello che i personaggi fanno, fosse anche solo grattarsi la testa. Le didascalie con le azioni, poi, vengono narrate nella successione temporale in cui avvengono, non vengono scritti all’inizio della scena e basta. In una sceneggiatura i dialoghi si alternano con le didascalie, mano a mano che i personaggi parlano e si muovono. Il difficile, però, è descrivere le azioni dei personaggi in
modo da non sembrare opprimenti nei confronti degli attori che dovranno poi interpretare il film, perché anche loro leggeranno il vostro scritto.

Qualche pagina fa si parlava dei tre capitoli in cui è divisa, di solito, una sceneggiatura. Ma quanto devono essere lunghe queste tre parti? Quanto dev’essere lunga tutta la sceneggiatura? Beh, in genere un pagina equivale ad un minuto di film. Questa equazione non è sempre vera, perché, come abbiamo visto, lo stile di scrittura dipende molto dallo sceneggiatore, e da che tipo di azioni sta raccontando. Comunque diciamo per comodità che una pagina corrisponde ad un minuto di film.
Allora, un film dura mediamente 90-120 minuti. È molto pericoloso pensare ad un film la cui durata vada oltre le due ore. Questo perché per andare in attivo un film deve incassare il doppio di quello che è costato. Un film di tre ore obbligherà i gestori dei cinema a fare uno spettacolo in meno ogni giorno. Quindi il pubblico giornaliero sarà comunque inferiore a quello che avrebbe avuto lo stesso film se fosse durato un’ora di meno. Il vostro film dovrà avere una longevità fuori dal comune (cioè dovrà rimanere nelle sale cinematografiche molto più tempo del normale) per incassare quanto un altro film più corto, e
ricordate che non tutti i film sono “Titanic”. In genere le sceneggiature tendono ad avvicinarsi di più alle 120 pagine che alle
90. Questo perché teoricamente un film di due ore da più tempo per sviluppare meglio la storia ed i personaggi rispetto ad uno di un’ora e mezza. Evitate di allungare a 120 una sceneggiatura di 90 pagine. Scrivete la sceneggiatura e lasciatela della lunghezza che vi è venuta, al massimo tagliando delle scene per ridurne la lunghezza. Non cercate di portarla artificialmente a 120 pagine, perché il 90% di quello che aggiungerete sarà solamente inutile, se non dannoso. Comunque, tornando alla sceneggiatura, dove mettiamo gli inizi dei capitoli? Le possibilità sono due. La prima consiste nello scrivere tre capitoli di lunghezza uguale, il che vuol dire, ipotizzando di avere una sceneggiatura di 90 pagine, “cambiare il passo” a pagina 30 e a
pagina 60. Un’altra possibilità è quella di dedicare meno tempo all’introduzione ed al finale per avere un secondo capitolo, una parte centrale della storia, più estesa. Questo vuol dire 25 pagine per la prima e terza parte e 40 per la seconda. Se avete uno sviluppo della trama veramente eccitante potete permettervi di dedicarci più tempo, ma dato che capita molto spesso che la parte centrale di un film risulti essere la più noiosa e sembra sempre che non ci siano abbastanza idee
per riempire le pagine, conviene mantenere i tre capitoli della stessa lunghezza. Questo da alla storia un ritmo sostenuto, perché ogni 30 pagine succede qualcosa, e soprattutto la parte centrale risulta particolarmente avvincente perché, con il “colpo di scena” di metà film, succede qualcosa di interessante ogni 15 pagine.

 

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