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da: http://web.tiscalinet.it/storiadelcinema Introduzione: sul
Cinema
Il cinema... che grande invenzione! Senza esagerare si può dire
che la cinematografia sia la più bella nuova arte che tecnologia e modernità abbiano portato agli occhi di tutti. E forse il semplice fatto che il cinema sappia arrivare a toccare l'attenzione tanto di persone colte quanto di quelle meno, ha per lungo tempo allontanato l'idea del cinema come arte sublime, espressiva dell'uomo e del suo potenziale di fantasia e creatività. Tramite il cinema si è potuto fare
critica o propaganda politica, si è potuto immaginare e vedere cose che nella realtà non si possono vedere, e vederle come fossero vere! Si è
potuto inventare il movimento, si è potuto modificare il tempo, accelerarlo, dividirlo in piccole parti per concentrarsi solo su una di esse. Il cinema che ci ha regalato momenti di grandezza mai vista, che ha messo in immagine storie finora sempre e solo lette, ci ha mostrato gli eventi della storia, l'amore, la guerra, il futuro... mille futuri possibili! Il cinema che è nato semplice, ma ha saputo già
da subito metter terrore coi grandi classici dell'horror (Frankeistein, Nosferatu, Freaks), ha saputo nel silenzio del muto e nel fascino del bianco e nero far ridere come mai più si è riso grazie al
"gigantesco" Chaplin; ha saputo immolare la storia dei popoli per risvegliare lo spirito di nazioni e grandi paesi. In eterna metamorfosi, il cinema, che nasce muto e ombroso (fine Ottocento), che cresce nel sonoro e nel colore (anni Trenta e Quaranta), che s'ingigantisce negli effetti di riproduzione (anni Settanta), che diventa irraggiungibile grazie alle tecnologie virtuali (anni Novanta)... Ma che mai perde il fascino della fantasia, benché nel suo correre attraverso le infinite migliorie, abbia spesso e troppo ceduto alle lusinghe del botteghino e del consumo di massa, diventando prodotto, e non più arte. Ma quale magia, d'altronde, non l'ha fatto? Quanti artisti hanno voluto vendersi ai tempi? Quali altri traguardi il cinema supererà attraverso i tempi
è ancora da scoprire: a tutt'oggi, però, ci si può degnamente accontentare dei tanti capolavori che ha già creato!
L.C. Le grandi fasi del
cinema
Come ho accennato nell'introduzione sopra, questi approssimativamente cento anni di cinema possono essere divisi in grandi aree d'influenza
e trasformazioni, ognuna caratterizzata da elementi prettamente tecnici, da rivoluzioni di pensiero e tematiche, da indimenticabili interpreti
e da indelebili regie. Ho provato nei seguenti paragrafetti a raccontare in grandi linee della storia della cinematografia, attento a non dimenticare le grandissime firme d'autore, che sono poi la base incancellabile di questo secolo di cinema.
La prima fase, che in realtà dovrebbe comprendere anche gli ultimi dieci anni dell'Ottocento, si sviluppa in un fenomento di massa solo nei primi venti-trenta anni del Novencento. L'arte che regna incontrastata è quella del muto...
Il cinema Muto La seconda fase, dalla
fine degli anni trenta agli anni sessanta, può essere intesa come un'area storica di grandi mutazioni, una fascia di transizione in cui le vecchie tecniche sono ancora presenti, ma stanno già lasciando il passo a due mutazioni indispensabili alla cinematografia: il sonoro e il colore. Il periodo di
transizione Questa terza fase
cresce verso la fine degli anni '60 per maturare con pienezza solo negli anni '70 e '80. E' l'epoca delle profonde trasformazioni culturali e tematiche... Il periodo delle
mutazioni Si tratta dell'ultima
fase della cinematografia, quella moderna, recente e recentissima, che si sviluppa per tutta la durata degli anni '90 fino ad oggi. E' il periodo degli effetti speciali e della produzione commerciale del cinema. Il cinema moderno Il cinema muto Dopo i primi decenni
di esperimenti e tentativi, l'arte cinematografica cominciò ad assestarsi pienamente dai primi dieci anni del nuovo secolo, soprattutto in alcune nazioni: Inghilterra, Germania, Francia, Stati Uniti e Russia. In particolare, prima che gli Studios Hollywoodiani cominciassero a perpetuare un vero e proprio monopolio sul cinema mondiale (ossia fino agli anni '40-'50 circa), la migliore produzione veniva dalla Germania, e dagli anni Venti anche dalla Russia. Il cinema di quegli anni era, come si sa, caratterizzato da un bianco e nero obbligatorio e dall'arte del mimo, poiché il sonoro necessitava di qualche anno prima di potersi imporre. Ciò spiega
il fatto che non era possibile produrre un grande varietà di tematiche; particolarmente tre erano presenti nel cinema di quegli anni: la tematica politica, la tematica comica e la tematica orrorifica. Per quanto riguarda la prima, i motivi sono chiari: sia Germania che Russia, e così i paesi occidentali, avevano necessità, dopo
la Prima Guerra Mondiale, di catalizzare l'attenzione delle masse a temi patriottici e spesso, nazionalistici. Senza contare, certo, quelli prettamente politici, che proponevano, a mo' di prova, delle storie esplicative e propagandistiche. Si può ricordare a questo proposito soprattutto il regista sovietico, spesso finanziato addirittura dal Partito Comunista e dal Governo, Sergeij Eisenstein: un grande ideatore, letteralmente creatore di nuove tecniche e di nuove riprese, che modificò profondamente l'accezione del cinema di quegli anni.
I suoi capolavori, tutti a tematica politico-propagandistica, che si basavano spesso su avvenimenti e situazioni storiche, hanno rappresentato un grandissimo passo avanti per la comunicazione di massa filmica: "Ottobre", "La corazzata Potemkin" e "Alexander
Nevsky" (URSS, '38) sono dei gioielli di arte, con scene innovative e divenute celeberrime: una per tutte la battaglia sui ghiacci dell'"Alexander Nevsky", a tutt'oggi ancora un esempio importante, forse insuperato.
E così la rivolta dei marinai del sottomarino Potemkin, che ancora rappresenta un perfetto esercizio di camera, soprattutto per quanto riguarda inquadratura di grandi spazi. Il cinema muto d'ispirazione politica, comunque, si fece strada anche in Germania, culminando nel grandissimo film di fantascienza sociale "Metropolis" (Germania,
'26) di Frizt Lang, vero e proprio maestro del cinema tedesco di quell'epoca. Per quanto riguarda invece il cinema dell'horror, bisogna dire che fu forse quello dalla tematica più in voga all'epoca,
tanto che moltissimi dei classici del terrore, tutt'ora riproposti, rielaborati e spesso addirittura copiati, sono realmente classici insuperati. Il tutto perché, non esistendo effetti speciali particolari, e neanche il sonoro, tutto il terrore, l'ansia e l'angoscia delle atmosfere dovevano essere espressi dai visi, dalle inquadratura, dalle scenografie, rendendo il tutto particolarmente impressionante. A questo proposito sarebbe impossibile non ricordare il grandissimo "Nosferatu il vampiro" (Germania, '22) di Friedrich
Murnau, anch'esso tedesco, regista di quello che fu il primo, e migliore vampiro della storia del cinema (insieme forse a quello di F. Ford Coppola del 1992). A questo grande classico, si possono accostare altri grandissimi film muti dell'epoca: "Frankeinstein" di James Whale (USA, '31), "Dracula Primo" di Tod Browning (USA, '31) (in cui
spicca un grandissimo e storico Bela Lugosi), "Freaks" anch'esso di
Browning (USA, '32), "La mummia" di Karl Freund (USA, '34), "King
Kong" di M. C. Cooper e E. B. Schoedsack (USA, '33). Si può dire che quegli anni
di cinema furono davvero monopolizzati dalla tematica horrorifica; ma parallelamente si sviluppò la grande arte del sorriso, ossia del
cinema comico. Meastri assoluti di questa sublime arte sono certamente Charlie Chaplin, e la coppia di Oliver & Hardy (in Italia, Stanlio e Ollio). Certo questi non sono gli unici comici del cinema muto, ma sono coloro che sicuramente incarnano la grandezza di quell'arte non semplice. Di Charlie Chaplin si potrebbe elencare un'infinità di corto e lungometraggi risalenti a questo periodo, nonostante i suoi più
grandi capolavori siano da cercarsi nel periodo più tardo in cui il muto cominciava a scomparire. Ed è fuori di dubbio che col muto andava
anche morendo il suo più magico personaggio, il celeberrimo vagabondo Charlot, eroe di mille avventure metropolitane, sempre tra il comico e il tragico, tra la risata più sana e le lacrime più sentite.
Quel vagabondo che per antonomasia era muto, che con le sue facce incredibili, magiche e uniche nella storia di tutta la cinematografia, e che con l'avvento del sonoro avrebbe lasciato il passo a personaggi nuovi e certo meno affasciananti e "umani". Non fu proprio così, invece, per Stanlio e Ollio: la coppia, famosa in tutto il mondo, si fece sì strada nel muto, ma trovò il maggior compimento
nel sonoro. Sono indimenticabili infatti le loro voci (o meglio le voci del doppiaggio), onnipresenti a tutt'oggi nei programmi televisivi di tutto il mondo. La loro paradossale simbiosi è stato il punto forte della comicità che proponevano: due personaggi opposti e contrari, uno
magro e l'altro grasso, uno tonto e l'altro fintamente furbo, entrambi sempre coinvolti in situazioni assurde che riuscivano a superare grazie ad un comicissimo fato! Probabilmente, dopo questi tre grandi attori, il cinema non è più stato lo stesso; e di certo non c'è
più stata la sana comicità che essi avevano proposto con così storico successo.
Non deve poi essere dimenticato un grande idolo del cinema muto, che morì precocemente nel 1926, ma che riuscì ugualmente a mettere il suo indelebile marchio nella storia del cinema: Rodolfo Valentino. Bellissimo e non statunitense, ottenne un clamoroso successo proprio in America; divenne un mito di prorompente sensualità, nonostante
tutte le censure e le limitazioni dell'epoca. Il suo più importante film
è stato forse proprio il suo ultimo: "Il figlio dello sceicco". Con
due grandi classici, infatti, nasceva un cinema nuovo: "Biancaneve e i sette
nani" di Walt Disney e "Via col vento" di Victor Fleming... Il periodo di transizione Negli anni '30 il
cinematografo si era già profondamente radicato nell'elenco dei prodigi tecnici della Nuova Era, arrivando lentamente
a coinvolgere tutti gli strati della popolazione, e imponendosi come l'arte della gente comune, poiché data la semplicità di
comprensione, poteva essere apprezzata da tutti. Ed è proprio verso gli anni
'40 che il cinema arriva ad una sua tappa fondamentale, che sarà destinata
a modificare definitivamente la tecnica di produzione delle pellicole: furono infatti perfezionati i metodi per accostare alle immagini il sonoro, e d'altra parte si era potuto sperimentare con successo il "technicolor", recentissima invenzione statunitense che permetteva di leggere a colori le immagini prima proiettabili esclusivamente in bianco e nero. Tra le prime pellicole che godettero di entrambi questi "miracoli" (che per la verità all'epoca suscitavano
non troppo entusiasmo soprattutto fra i grandi capisaldi del vecchio cinema, primo fra tutti Charlie Chaplin) furono due immensi classici del cinema mondiale, entrambi produzioni statunitensi: nel 1937 "Biancaneve
e i sette nani" (che tra le altre cose fu anche il primo lungometraggio animato) di Walt Disney e mel 1939 "Via col vento" di Victor
Fleming, melodramma storico per decenni record d'incassi e di successo mondiale. Questi due film pionieristici si dimostrarono subito un'investimento clamoroso, e soprattutto una definitiva vittoria del cinema statunitense contro quello europeo. La Germania, sconfitta e demoralizzata dalla Prima Guerra Mondiale, perde il primato mondiale della produzione, e così Russia ed Inghilterra. Gli Studios Hollywoodiani diventano il nuovo "mito americano", il quale,
con profondo intuito da parte di produttori e politici, diventa precocemente trampolino di lancio per la famosa propaganda pro- capitalismo degli anni antecedenti la Seconda Guerra Mondiale. Ma, proprio come specificato nel titolo di questo paragrafo, gli anni che vanno dai '40 ai '60 restano un periodo di profonda transizione: se da un lato il bianco e nero aveva perfezionato la sua messa a fuoco e le sue tecniche, essendo così un metodo sicuro di fare film, e di
farli anche molto bene, d'altra parte il technicolor portava con sé un'aria nuova, futuristica e indubbiamente affascinante, benché molto più dispendiosa ed insicura. Ed è forse proprio per questo che in paesi
un poco arretrati come l'Italia il bianco e nero continuò ad avere supremazia assoluta fino a metà degli anni '60. Del grande Totò,
ad esempio, praticamente tutte le pellicole sono prive del colore, e così tanti dei successi degli anni '50 di Pasolini e Visconti, Monicelli e Risi. C'è da dire che comunque la tecnica bene assestata del non-colore restò ben radicata anche nel cinema Hollywoodiano, che proprio
in questi anni (seppur con motivi apparenti diversi: propaganda politica anti-tedesca ed anti-comunista prima, elogio del capitalismo e del mondo americano dopo) aumenta esponenzialmente la produzione cinematografica. E lo stesso Chaplin, re del muto, è costretto
ad adattarsi, dimostrando il suo genio anche in questa grandiosa fase del cinema americano. E fra tanti insuccessi e film di poco conto, troviamo dei veri e propri capolavori di sempre: primo fra tutti, come non citarlo, "Viale del tramonto" (USA, '50), di Billy Wilder. E
poi i musical di Gene Kelly, Fred Astaire e Ginger Rogers; i gialli mozzafiato di Alfred Hitchcock; i miti eterni di James Dean, Marlon Brando, Brigitte Bardot, Ingrid Bergman, Marlene Dietrich, Greta Garbo, Ava Garden, Rita Hayworth, Audrey Hepburn, Grace Kelly, Jack Lemmon, Elizabeth Taylor, Cary Grant, Clarke Gable... e Marilyn Monroe, ovviamente... Davvero, se si dovesse parlare in particolare di ciascuno d'essi, non basterebbero intere ore, e ugualmente per commentare i loro film, o i registi geniali di questi film. Ma non si possono non citare il celeberrimo "Casablanca", di M. Curtiz (USA, '42); "Eva
contro Eva", con le due strepitose Bette Davis e Anne Baxter (USA, '50); "Cantando sotto la pioggia", di e con Gene Kelly (USA, '52)... e quanti altri?! Ma alcune parole a parte vanno senz'altro spese per il vero genio, registico ed interpretativo, di questa fase del cinema: Orson Welles. Se del muto il re incontrastato fu Chaplin, del periodo di transione il dominatore fu Welles. Questo perché la sua inventiva sconfinata,
la sua perspicacia, il suo tono sempre "perfettamente polemico", di
critica alla società, e la sua abilità incontestabile sia davanti
che dietro la macchina da presa, impose una nuova concezione di cinema, ma soprattutto mutò la necessità delle vecchie tematiche. Welles
per primo scrollò l'idea di un infertile sentimentalismo che da decenni il
cinema si portava dietro, trasfromandolo in una vera e propria macchina comunicativa, d'impatto e di discussione con, e spesso contro, la cultura e la società. E il suo lavoro più importante, dirompente
e storico è certamente "Quarto Potere", da molti ritenuto
il più importante film di tutta la storia della cinematografia. E mentre negli States si diffondeva questo cinema nuovo, che dall'Europa sembrava irraggiungibile, proprio dall'Italia venne una risposta forte, benché ancora in via di perfezionamento. Alla grande comicità di Totò, che all'epoca fu il primo italiano del
cinema ad essere un poco conusciuto all'estero, si affiancarono grandi attrici ed attori e grandi registi, che non raramente superarono per stile e tematiche le produzioni statunitensi. Basti pensare ad attrici come Sophia Loren, Anna Magnani e Gina Lollobrigida; o ad intepreti come Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Vittorio Gassman; e a registi come Vittorio De Sica e soprattutto al grandissimo Federico Fellini, re incontrastato del cinema italiano. Insomma, come si può capire,
questo lungo periodo che in alcuni stati durò meno, in altri di più,
fu forse la vera fase d'oro di tutti e cento gli anni dell'arte cinematografica. Infatti, benché i capolavori non manchino neppure nelle altre fasce, sicuramente è in questa che troviamo le maggiori espressioni, le
più forti spinte a produrre cinema d'autore, innovativo non solo nelle tecniche, ma anche nei contenuti, spesso critici e corrosivi senza mancare di indubbia educazione al gusto (che fin troppo costantemente mancherà in seguito). Nonostante tutte, nuove ed importanti trasformazioni stavano sopraggiungendo all'orizzonte della storia della cinematografia: soprattuto per ciò che riguardava le tematiche
sociali, politiche e stilistiche. Il periodo delle
mutazioni Questo periodo va
grossomodo dalla fine degli anni '60 alla fine degli anni '80, ed è caratterizzato da una lunga serie di mutamenti, soprattutto per quanto riguarda effetti speciali e, forse anche più importante, per ciò che concerne l'idea che si comincia ad affermare sul ruolo del cinema come unico svago da un lato e come strumento di dibattito sociale dall'altro. Andiamo per gradi: prima di tutto bisogna dire che quella che fu la più grande rivoluzione insieme al sonoro, ossia il colore, diventa definitivamente la tecnica usata senza remore, nonostante in principio i risultati non siano eccellenti come quelli che si avranno a partire dagli anni '80. Tutto ciò comporta che
una sterminata serie di registi cominci lentamente a svanire nel dimenticatoio, e purtroppo in questo periodo, che personalmente considero il peggiore della storia del cinema (benché anch'esso
abbia i suoi capolavori indiscussi), vengono messi da parte anche i grandissimi successi e lavori d'autore degli anni passati. Questo avviene forse non tanto per l'abitudine ormai presa al colore, ma piuttosto per il fatto che gli eventi del '68-'69 (ovvero della rivoluzione culturale) avevano forse inaspettatamente aperto un nuovo orizzonte al cinema: superando il classico horror, il comico, la storica commedia wellesiana e forse andando definitivamente oltre i personaggi-mito come James Dean e Marilyn Monroe, lo spettatore degli anni '70 e '80 probabilmente cercava qualcosa di più distensivo, di meno autoritario e forse
anche di meno contenutistico, ossia preferiva vedere qualche commediola di bassa lega, spesso (come di vedrà) colma di doppi sensi a carattere erotico. Questo è un particolare molto rilevante, per quanto possa sembrare grottesco: è come se in questi anni, sulla scia della rivoluzione culturale, si cercasse anche nel cinema un punto di sfogo per la libertà sessuale, in cui i nudi arrivavano per la prima
volta nelle pellicole di autori più o meno celebrati, e in cui le tematiche erotico-sessuali, spesso mascherate da strutture documentaristiche, sembravano, in particolare in Italia, occupare la maggior parte degli autori. Nasce così una folta schiera di interpreti destinati unicamente a questo genere di commedie (pensiamo al nostrano Lando Buzzanca), e di conseguenza all'inflazione di produzione, una grandissima quantità
di film meno che mediocri. Eppure, pensando ad esempio a "Ultimo tango
a Parigi", di Bernardo Bertolucci (Italia, '72), con un gigantesco
Marlon Brando, possiamo notare come anche la tematica sessuale possa venir trattata da un regista di grande stile senza necessariamente cadere nello squallore. C'è da considerare anche che questi sono gli anni
in cui il mezzo comunicativo fondamentale diventa sempre più il televisore, e che è proprio al fine di venire venduti alle verie televisioni, che si producono una serie sconfinata di film di serie B. Un'altra importante tematica che s'impone in questo periodo è certamente quella fantascientifica, forse incentivata dalle continue missioni nello spazio USA-URSS, che coinvolgevano all'epoca l'attenzione del grande pubblico, e quindi soprattutto dal traguardo americano dello sbarco sulla Luna (1969). A questo riguardo è d'obbligo ricordare un grandissimo capolavoro di colui che s'imporrà come
il maggior regista moderno dopo Welles: Stanley Kubrick, che nel 1968 celebra il suo genio con "2001: odissea nello spazio". Questo
film, oltre che rendere estremamente filosofica tutta la tematica fantascientifica, con uno stile e una capacità intuitiva inimitabili, apre anche la strada a quella che viene considerata la seconda rivoluzione tecnologica del cinema, dopo quella del sonoro e del colore. Infatti in questo periodo si cominciano a sperimentare tutta una serie di nuove tecniche di ripresa che consentivano di modificare le immagini impresse nella pellicola in maniera all'epoca spettacolare. Le sole immagini in cui l'astronauta di 2001 cammina a testa in giù
nel settore della navicella rappresentano un gigantesco passo avanti per tutta la storia del cinema. Bisogna poi ricordare certo anche film più recenti, come "Blade Runner" del nuovo maestro Ridley Scott, e "Brazil", di Terry Gilliam; entrambe pellicole in cui la tematica fantastica si fonde con precisi messaggi sociali e culturali. Ma questo è anche il periodo delle preoccupazioni sociali, e in tutti i paesi
si cominciano a produrre film di protesta: si può così pensare
a "Il fascino discreto della borghesia", (Francia, 1973), un'ironica e spietata accusa ai falsi valori moderni. Oppure ancora a Kubrick, e alla sua immensa "Arancia meccanica", shockante accusa ad una
civiltà sempre più violenta, subdola e insensanta; o ancora, un po' più
vecchio ma in piena sintonia con questo cinema, "Il laureato", di Mike
Nichols, con un indimenticabile Dustin Hoffman (USA, '67) Ma risale a questi anni anche uno dei maggiori colossal della storia del cinema, "Apocalypse now", del meastro Coppola. Questa geniale
denuncia alla guerra vietnamita, condotta con stile e con un immenso dispendio di dollari, diventerà un'incona, forse anche per la maestosa e indimenticabile interpretazione dell'ancora mitico Brando. Va poi ricordata la nascita artistica di alcuni importantissimi intepreti che faranno monopolio vero e proprio nel cinema moderno: evidentemente alludo a Robert De Niro, Al Pacino, Harrison Ford, Dustin Hoffman e Gerard Depardieu, i quali, ciascno con le proprie particolari caratteristiche intepretative, s'imporranno come colonne portanti del cinema d'autore moderno, lavorando appunto coi più influenti registi attuali: Scorsese, Coppola, ecc. In Italia si possono ancora celebrare i fasti di registi quali Visconti, Bertolucci, Leone, Pasolini e soprattutto Fellini (vedi pagina sul periodo di transizione), ma anche di Zeffirelli e Tornatore; nonostante la presenza produttiva di questi maestri non ostacoli la dolagazioni di pessime pellicole non-d'autore. E come si può scordare la nascita del mitico "Fantozzi",
ragioniere sfortunatissimo, allegoria storica di un'Italia tragicomica e grottesca, interpretato (e c'è bisogno di ricordarlo?!) dal grande Paolo Villaggio. Si potrebbero certo fare altri illustri esempi (come quello di Wim Wender per la regia in Germania), ma è mi sembra più giusto
delineare davvero questo periodo come un punto di caduta del cinema, che benché sappia ancora produrre lavori incommensurabili, di contro produce anche una quantità immensa di delusioni e inutilità, che nonostante
tutto saranno fonte di grande guadagno per le case produttrici americane e non solo. Il cinema moderno
...Dopo quasi cento anni di storia, il cinema arriva ai nostri giorni, profondamente mutato, nell'aspetto e nella sua finalità. Sono lontani
i tempi delle deliziose comiche morali, delle esortazioni sociali, dei ricordi storici: la cinematografia, perdendo via via l'onore di venir chiamata arte, cade a semplice passatempo, a prodotto di mercato, a ulteriore mezzo pubblicitario, con pochi, rari meriti. Eppure, nonostante il consumismo infrenabile, che ha corroso e corrode il significato profondo del cinema, anche questi ultimi dieci anni hanno visto luminosi astri sia dietro che davanti la macchina da presa, che sempre più spesso è lo schermo di un computer. Già,
perché semplificando questo decenni di cinema moderno, si può dire che'esso sia caratterizzato esclusivamente da inimmaginabili effetti speciali, che tolgono il fiato, e da tutta una serie di eccessi che neppure l'anticonformista Pasolini in Italia avrebbe immaginato. Per quanto riguarda gli effetti speciali si potrebbero fare numerosi esempi: dai "Jurassik Park" (USA, '93, '98 e '01) di Spielberg ai fantascientifici "Indipendence Day" (USA, '96) e "Man in
Black" (USA, '97); dal gigantesco "Titanic" (USA, '98) al nuovo metodo Disneyano, anch'esso assalito dalla febbre virtuale, dei "Toy Story" (USA, '95 e '98). Insomma, un cinema che perde tutto, anche il senso più nobile di trama culturale onnicomprensibile, ma che mantiene
solo la faccia... e che faccia! Dopo la decadenza insopportabile del cinema anni '80, nei '90 gli schermi si colorano di immagini mai viste, di navi spaziali che sembrano bucare i teli delle sale, di mostri ed esplosioni ed affondamenti e suoni da far saltare lo spettatore sulla poltrona! Tutto un baraccone di rumori in stereofonia e di creazioni virtuali mozzafiato che non lasciano speranza allo spettatore di avere un attimo di tregua: fondamentalmente, una maschera per nascondere la vuotezza di contenuti, che sembrano essere stati esauriti tutti nei capolavori datati anni '50. E oltre alle infinite creazioni di effetti tecnologici, ogni mese più perfetti, si delinea un'altra maschera
per il cinema moderno: quello del "non-limite". L'indegno cinema
soft- erotico degli anni '80 impallidisce davanti all'irriverenza di questo ultimo decennio: il nudo è d'obbligo, il sesso è esplicito,
tanto che anche le più dolci storie d'amore in genere si concludono in un
epilogo di dieci minuti di sesso, e la violenza diviene così gratutita
da non far più nessun effetto: il cinema che non ha più nulla da
raccontare ha bisogno, per catalizzare l'attenzione del grande pubblico, di stupire, e non importa se negativamente. O si riempino le due ore di immagini meravigliose, per quanto inutili, oppure si trattano (male) tematiche impressionanti: stupri, violenze, guerre, invasioni aliene... tutto pur di non lasciare spazio perché qualcuno si accorga dell'insensatezza
di ciò che ha visto. Ma certo, non si possono ridurre dieci anni di cinema in maniera tanto univoca, senza rendere onore ai fatti, e quindi è giusto annotare
anche i buoni traguardi del cinema attuale: prima di tutto, la grande libertà d'espressione che sembrerebbe intrinseca in questo periodo, ha permesso a numerosi giovani registi di affrontare molte tematiche spesso in precendenza lasciate da parte per paura della poca partecipazione del pubblico: razzismo e nazismo, olocausto e genocidi storici più
o meno recenti spopolano anche fra i registi più importanti di questi
anni, costituendo un grande elenco di film-documetaristici che fanno conoscere a grandi e piccoli l'orrore di quegli anni. Ultimo fra tutti, il grande successo italiano di Roberto Benigni, "La vita è
bella" (Italia, '97), delicato tragicomico di un riscattato attore, che, forse sulla scia del mitico Chaplin, sa far sorridere e commuovere anche i più alienati statunitensi. Oltre alla storia recente, celebrata
anche in buoni film come "Salvate il soldato Ryan" (USA, '98), un'altra tendenza è quella di impressionare lo spettatore con ben costruiti thriller, primo fra tutti il mitico "Il silenzio degli innocenti" (USA, '90), con una preziosa Jodie Foster, dal quale discenderanno numerose copie, e che proprio dopo dieci anni produce il suo seguito, nonostante indegno rispetto al primo ("Hannibal", nel 2001 nelle
sele di tutto il mondo). E ancora è tendenza ben radicata quella di
mettere in scena classici della letteratura (ad esempio "I miserabili"
di Hugo), come già fecero negli anni precedenti Kubrick e altri maestri.
E purtroppo proprio nel '99 il mondo del cinema perde il suo ultimo caposaldo, Kubrick appunto: ma non prima che ci donasse l'ultimo, ennesimo capolavoro, l'onirico "Eyes Wide Shut", (GB, '99).
Tornando all'analisi del cinema moderno, in piena sincerità, bisogna dire
che è difficile tracciarne con certezza i confini: la positiva libertà creativa, che spesso però sfocia in piena illogicità, ha
portato il cinema ad esprimersi in tutti i campi, senza nessuna paura di pregiudizi politici o sociali, e forse anche spinti ad eliminare definitivamente questi pregiudizi. Questa è di certo la meta fondamentale raggiunta dal cinema moderno: aver compreso che anch'esso, non differentemente dal teatro, dalla pittura e dalla musica, ha bisogno di una spinta fantasiosa e creatrice non indifferente per ottenere risultati sempre nuovi. In questo certo supera gli anni che lo precedono giacché, nella più totale apatia, s'era incagliato
in mediodri manifestazioni sconclusionate. Si affrontano così di petto tematiche come quelle dell'oppressione politica, della decadenza sociale americana, dell'omosessualità, della religione, della storia con la più trasperente indipendenza dal giudizio dei critici e
dei benpensanti. I più importanti registi di questo periodo sono per lo più statunitensi: Coppola, Scott, Gilliam, Altman, Burton, Scorsese, Spielberg, ecc. (vedi la sezione della Homepage sui Registi); e ugualmente per quanto riguarda gli attori: per le donne, certo Maryl Streep, Jodie Foster, Nicol Kidman, Julia Roberts, Michelle Pfiffer; e per gli uomini i giovani Johnny Depp, Matt Damon, Brad Pitt e Leonardo Di Caprio; e i "già grandi" Robert De Niro, Al Pacino,
Anthony Hopkins, Jack Nicholson, Harrison Ford, Tom Hanks, Robin Williams, Denzel Washington, ecc. (vedi la sezione della Homepage sugli Interpreti). Per quanto riguarda l'Italia certamente dietro la camera vanno ricordati Bertolucci, Tornatore e Zeffirelli; ma anche i più "giovani"
Aldo Giovanni e Giacomo (record d'incassi nel '98), Verdone, e il già
citato Roberto Benigni, che rappresentano la generazione dei "fact-totum", ossia di coloro che fanno non solo da registi, ma anche da sceneggiatori ed attori, nei propri film. Mi piacerebbe poi ricordare tre grandi personaggi del cinema italiano, nonostante non sia stato questo ultimo decennio il loro "periodo d'oro": Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni ed Alberto Sordi, che proprio nel 2000 ha compiuto 80 anni. Abbiamo delineato dunque dieci anni di cinema che tra alti e bassi ha dato qualcosa di certamente nuovo e fresco a quest'arte così martoriata dal "virtual world" e dall'home video (pressante macchina commerciale che produce per il solo scopo di vendere, senza alcun interesse artistico o culturale), ma che a parer mio dovrebbe forse prendersi la responsabilità di guardare un po' ai fasti passati per comprendere
cosa era veremente cinema, e cosa del cinema verrà sempre ricordato
a prescindere dal colore, dal sonoro e dall'anno in cui hanno fatto la proprio comparsa sugli schermi. Ossia, che si osservino i grandi maestri della prima metà del secolo per scorgere nuovi spunti e
nuove tematiche più degne dell'arte del cimatografo... (vedi comunque
la breve sezione della Homepage sui più interessanti film recenti).
Tratto da: http://web.tiscalinet.it/storiadelcinema
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